La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7178 depositata il 18 marzo 2024, intervenendo in tema di remunerazione per attività svolta da un professionista, ha statuito il seguente principio di diritto secondo cui “… L’ideatore di un software che abbia eseguito la sua prestazione sulla base di un contratto concluso con una P.A. nullo per mancanza della forma scritta o per violazione delle norme che regolano la procedura finalizzata alla sua conclusione, ove chieda alla stessa P.A. di essere remunerato per l’attività svolta in suo favore, può proporre l’azione di ingiustificato arricchimento. Il giudice ha il potere di determinare in via equitativa il relativo indennizzo, il quale non può coincidere con il compenso che comunemente sarebbe stato corrisposto per la detta prestazione, ma deve ristorare la diminuzione patrimoniale subita dall’autore dell’opera e, quindi, i costi ed esborsi sopportati e il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del detto autore, al netto della percentuale di guadagno …”

La vicenda ha riguardato un professionista che aveva iniziato, quale esperto di informatica medica, una collaborazione con la ASL 6, in diretto contatto con il Direttore generale. Il professionista citava in giudizio l’ASL e chiedeva la sua condanna a titolo di ingiustificato arricchimento ed in via subordinata il direttore dell’ASL. Il Tribunale adito accoglieva la domanda di indebito arricchimento. L’ASL, avverso tale sentenza di primo grado, proponeva appello. La Corte territoriale accoglieva l’appello principale, rigettando ogni domanda del professionista. Avverso tale sentenza di appello il professionista proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.

Gli Ermellini accolgono il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo.

I giudici del Supremo consesso hanno ricordato che “… la giurisprudenza ha affermato che, poiché la funzione dell’azione di indebito arricchimento è l’eliminazione di uno squilibrio determinatosi senza giusta causa, a seguito del conseguimento di una utilità economica da parte di un soggetto con relativa diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, l’esercizio della stessa non trova impedimento – bensì giustificazione – nell’accertamento della non proponibilità dell’azione contrattuale derivante dalla nullità del titolo che ne costituisce il fondamento (Cass., Sez. 2, n. 8040 del 2 aprile 2009; Cass., Sez. 2, n. 4269 del 13 aprile 1995).

D’altronde, la prospettabilità dell’azione generale di indebito arricchimento, in relazione al requisito di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., postula semplicemente che non sia prevista nell’ordinamento giuridico altra azione tipica a tutela di colui che lamenti il depauperamento, ovvero che la domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza ab origine dell’azione proposta, per difetto del titolo posto a suo fondamento (Cass., Sez. 3, n. 2350 del 31 gennaio 2017, che ha ritenuto la proponibilità dell’azione di indebito arricchimento nel caso di un contratto concluso da ente pubblico e ritenuto invalido per difetto di previa delibera autorizzativa alla stipula). …”

I giudici di legittimità hanno concluso che il professionista “… non poteva che domandare l’indennizzo per ingiustificato arricchimento, da determinare, eventualmente, in via equitativa (Cass., Sez. 1, n. 14329 del 24 maggio 2019), tenendo conto che la diminuzione patrimoniale (depauperatio) subita dall’autore di una prestazione d’opera in favore della P.A., in assenza di un contratto valido ed efficace, da compensare ai sensi dell’art. 2041 c.c., non può essere fatta coincidere con la misura del compenso che sarebbe comunemente spettato per l’attività svolta, ma, deve ricomprendere i costi ed esborsi sopportati e ristorare il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del detto autore, al netto della percentuale di guadagno (Cass., Sez. 1, n. 14670 del 29 maggio 2019).

Queste conclusioni sono suffragate anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 33954 del 5 dicembre 2023, la quale ha affermato che ‹‹Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo.

Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico››. …”