La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7693 depositata il 6 aprile 2020 intervenendo in tema di recupero di imposte ha riaffermato che “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili”
La vicenda ha riguardato una società in nome collettivo nei cui confronti veniva notificato un avviso di accertamento relative ad operazioni inesistenti. La società contribuente avverso tale atto proponeva ricorso in Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure respingevano le doglianze della contribuente. La società impugnava la decisione della CTP inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che accogliendo le doglianze della contribuente annullava l’accertamento in quanto la motivazione dell’avviso di accertamento era carente in quanto l’ufficio aveva elevato gli accertamenti solo sulla base di un PVC delle dogane di Trento e sulla segnalazione dell’ufficio di Città di Castello. Avverso la decisione della CTR l’Agenzia delle Entrate presentava ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini respingo il ricorso ribadendo che “in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta”
Inoltre i giudici di legittimità rammentano che “la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente”.
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