CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2018, n. 32121

Tributi – Agevolazioni “prima casa” – Immobile di lusso in corso di costruzione – Avviso di liquidazione di maggiore imposta – Termine di prescrizione – Decorrenza

Fatti di causa

E.M. impugnò l’avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle Entrate, con il quale venne revocata l’aliquota IVA agevolata, applicata per l’acquisto di un immobile avvenuto nell’anno 2005

L’impugnazione venne integralmente respinta in primo grado; proposto appello dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza depositata il giorno 11 luglio 2011, lo respinse con condanna alle spese del grado del grado.

Avverso la detta sentenza, E.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo deduce E.M. la violazione dell’art. 76, comma 2, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, dell’art. 2964 c.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., avendo la commissione tributaria regionale erroneamente affermato che l’Agenzia delle Entrate non fosse decaduta dalla potestà impositiva, nonostante il decorso di un triennio dalla registrazione dell’atto di compravendita dell’immobile per cui è processo.

1.1. Il motivo è infondato.

Questa Corte, in tema di benefici fiscali c.d. “prima casa” ha già affermato che il mancato trasferimento della propria residenza, da parte dell’acquirente a titolo oneroso di una casa non di lusso, nel comune ove è ubicato l’immobile, entro 18 mesi dall’acquisto, comporta la decadenza dai suddetti benefici; in tal caso, tuttavia, il termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, del d.p.r. n. 131 del 1986, per l’emissione dell’avviso di liquidazione dell’imposta ordinaria e della connessa soprattassa, decorre a carico dell’amministrazione finanziaria non dalla registrazione dell’atto ma dal momento in cui l’invocato proposito di trasferimento della residenza, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile, e, dunque, al più tardi, dal diciottesimo mese successivo alla registrazione dell’atto (Cass. 01/12/2017, n. 28860; Cass. 05/02/2014, n. 2527; vedi anche Cass. s.u. 21/11/2000, n. 1196).

È noto, poi, che quando si tratti di vendita avente ad oggetto un’abitazione di lusso assoggettata, usufruendo indebitamente dell’agevolazione per la c.d. “prima casa”, all’IVA con aliquota del 4 per cento ai sensi del disposto del n. 21 della parte seconda della tabella A allegata al d.p.r. n. 633 del 1972, in luogo di quella ordinaria, l’avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta è emesso dall’Ufficio direttamente nei confronti dell’acquirente dell’immobile medesimo, in quanto l’applicazione dell’aliquota inferiore da parte del venditore è derivata da una dichiarazione mendace dell’acquirente, idonea a far sorgere – ai sensi dell’art. 1 della nota II bis della tariffa allegata al d.p.r. n. 131 del 1986, espressamente richiamato dal predetto n. 21) della parte seconda della tabella A, ed applicabile a tutte le ipotesi di accertata non spettanza del beneficio fiscale, si tratti d’imposta sul valore aggiunto o d’imposta di registro – un rapporto diretto tra l’acquirente stesso e l’Amministrazione finanziaria (Cass. 27/10/2015, n. 21908; Cass. 28/06/2012, n. 10807).

Dunque, quando l’atto soggetto a registrazione oggetto dell’avviso di liquidazione impugnato, come nel caso che ci occupa, sia costituito da una compravendita di un immobile ancora in costruzione, è all’evidenza come il termine triennale di decadenza dalla potestà impositiva, ex art. 76, comma 2, del d.p.r. n. 131 del 1986, inizierà a decorrere non dalla stipula del rogito, bensì dal momento in cui l’immobile in costruzione è stato completato e risulta così consentito all’amministrazione finanziaria accertare l’esatta natura del bene edificato e, in particolare, se si tratta o meno di abitazione di lusso, perciò soggetto all’aliquota dell’IVA ordinaria e non a quella agevolata accordata per la c.d. “prima casa” che costituisca abitazione non di lusso ai sensi del n. 21 della citata parte seconda della tabella A allegata al d.p.r. n. 633 del 1972.

2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., poiché il giudice di merito ha omesso di spiegare la differenza tra immobile in fase di ultimazione allo stato grezzo e immobile in fase di costruzione, così erroneamente non ritenendo decaduta dal potere di accertare l’aliquota applicabile.

3. Con il terzo motivo lamenta ancora vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., atteso che la commissione tributaria regionale non ha spiegato i criteri utilizzati per considerare la superficie utile dell’immobile, al fine di accertarne la natura di abitazione di lusso.

3.1. I due motivi, connessi per l’oggetto, sono entrambi inammissibili, in quanto censurando la motivazione del giudice di merito, in realtà il ricorrente intende sollecitare alla Corte di legittimità una nuova valutazione in ordine al fatto storico della data esatta in cui è stata ultimata la costruzione, oggetto di precisa indagine da parte della commissione tributaria regionale (avvalendosi peraltro degli accertamenti dell’Agenzia del Territorio), nonché della sua natura di bene “di lusso”, accertata dal giudice di merito correttamente alla stregua dei criteri previsti dal d.m. 2 agosto 1969, n. 1062, come espressamente dettato dal n. 21) della parte seconda della tabella A allegata al d.p.r. n. 633 del 1972 (cfr. Cass. 06/06/2016, n. 11556).

4. Con il quarto motivo rileva di nuovo vizio di motivazione ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., considerato che non risulta ammessa dal giudice tributario la consulenza tecnica d’ufficio pure tempestivamente invocata dal contribuente, senza che sia stata addotta alcuna motivazione.

4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra di norma nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità; in particolare, quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo (così Cass. 23/03/2017, n. 7472; Cass. 03/01/2011, n. 72).

Nella vicenda che ci occupa, allora, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che la commissione tributaria regionale ha senz’altro ritenuto che non fosse necessario disporre l’invocata consulenza, restando consentito accertare sulla base della vigente normativa (il richiamato d.m. 2 agosto 1969, n. 1062) la natura dell’immobile oggetto di imposizione.

5. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori di legge.