Inammissibili i ricorsi “farciti” o “compilativi”
Cass. civ. ordinanza n. 12580 del 19 luglio 2012
La Suprema Corte ribadisce che i cc.dd. ricorsi farciti devono essere dichiarati inammissibili, in quanto l’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito equivale nella sostanza ad un mero rinvio agli atti di causa e viola, di conseguenza, il principio di autosufficienza del ricorso.
Vedasi anche Cass. civ. ordinanza n. 11044 del 28 giugno 2012
La consecuzione di atti puramente giustapposti (o intervallati da semplici locuzioni di raccordo), se allevia la parte ricorrente dal necessario sforzo di selezione e di sintesi, grava contempo la Corte di un compito che le è istituzionalmente estraneo, nè può essere giustificata con l’intento di assolvere più puntualmente all’onere di autosufficienza, perchè il momento della verifica degli atti viene solo dopo la sommaria ed autosufficiente esposizione dei fatti e non può essere anticipato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24430/2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ OMISSIS SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 543/39/2009 della Commissione Tributaria Regionale di ROMA – Sezione Staccata di LATINA del 17.6.09, depositata il 15/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/06/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SERGIO DEL CORE.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la società Omissis srl per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento per IVA – IRPEG – IRAP 2000.
Il ricorso è affidato a sette motivi, con i quali la ricorrente lamenta:
– con i primi due motivi, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione;
– col terzo motivo la violazione della regola di riparto dell’onere probatorio;
– col quarto e col settimo motivo, l’omessa motivazione su fatti decisivi e controversi;
– col quinto motivo la violazione dell’art. 75 (ora 109) TUIR;
– col sesto motivo la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19.
Si propone al Collegio la declaratoria di inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito formale di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, (esposizione sommaria dei fatti di causa). Nella parte del ricorso intitolata “FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO” (pagg. 1- 11) non è infatti contenuta alcuna esposizione di fatti di causa, ma la mera riproduzione fotostatica di ampi stralci dell’avviso di accertamento, del ricorso, della comparsa di costituzione, della sentenza di primo grado, dell’appello dell’Ufficio e della sentenza gravata; nell’illustrazione dei motivi sviluppata nella parte del ricorso intitolata “DIRITTO”, per contro, non è rinvenibile alcuna esposizione dei fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi.
Ciò premesso, deve ribadirsi, in conformità a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice (Cass. 8 maggio 2012 n. 6909, Cass., sez. un., 11 aprile 2012, n, 5698, Cass. 29 agosto 2011, n. 17646, specie in motivazione, Cass. 16 marzo 2011, n. 6279, Cass., sez. un., 17 luglio 2009 n. 16628, Cass. 22 settembre 2009, n. 20393):
– che la prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, la esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non svolga alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi a riprodurre, nel corpo del ricorso, il testo integrale degli atti del giudizio di merito, rendendo particolarmente faticosa la individuazione della materia del contendere;
– tale modus operandi contravviene allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura;
– in tale caso, il ricorso risulta inammissibile, in quanto la integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito equivale nella sostanza ad un mero rinvio agli atti di causa e viola, di conseguenza, il principio di autosufficienza del ricorso;
– costituisce cioè onere del ricorrente operare una sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata in base alla sola lettura del ricorso;
– la pedissequa riproduzione dell’intero letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata, per altro verso, è inidonea a tener il luogo della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non serve affatto che sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in relazione ai motivi di ricorso;
– il rilievo che la sintesi ha assunto nell’ordinamento è del resto attestato anche dall’art. 3, n. 2, del codice del processo amministrativo (di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104), il quale prescrive anche alle parti di redigere gli atti in maniera chiara e sintetica. La testuale riproduzione (in tutto o in parte) degli atti e dei documenti è invece richiesta quante volte si assuma che la sentenza è censurabile per non averne tenuto conto e che, se lo avesse fatto, la decisione sarebbe stata diversa;
– la Corte deve poter bensì verificare che quanto il ricorrente afferma trovi effettivo riscontro negli atti (è questa la ragione per cui va domandata la trasmissione del fascicolo d’ufficio e vanno prodotti gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda), ma non è tenuta a cercarli, a stabilire essa stessa se ed in quale parte rilevino, a leggerli nella loro interezza per poter comprendere, valutare e decidere; gravare la Corte di tale compito – vale dire dell’onere di riscrivere (o di leggere) il ricorso in modo che sia conforme al modello di cui all’art. 366 c.p.c. – rischierebbe di comprometterne a terzietà, che costituisce carattere ineliminabile di ciascun giudice ai sensi dell’art. 111 Cost..
In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.
– che la parte intimata non è costituita;
– che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla parte ricorrente;
– che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a regolazione delle spese del giudizio di cassazione, non essendosi costituito l’intimato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
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