La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 301 depositata il 9 gennaio 2014 intervenendo in materia di articolo 18 nelle altre novità introdotte dalla legge n. 92/2012 ha stabilito che le predette innovazioni non sono retroattive. In particolare rilevano la circostanza che la legge disponga che le sole norme processuali debbano essere applicate ai licenziamenti intimati dopo l’entrata in vigore della legge non porta, per esclusione, alla conseguente applicazione delle misure di natura sostanziale ai licenziamenti verificatisi prima della legge.
La vicenda ha riguardato un dipendente a cui era stato intimato il provvedimento di licenziamento dalla società datrice di lavoro. Il dipendente impugnava il provvedimento di espulsione inanzi al Tribunale, in veste di giudice di lavoro, la cui sentenza rigettava la domanda del ricorrente ritenendo quindi legittimo il licenziamento. Avverso la decisione del giudice di prime cure, il dipendente, proponeva ricorso inanzi alla Corte di Appello i cui giudici in riforma della decisione del Tribunale annullavano il provvedimento di licenziamento intimato e condannava la società al pagamento a titolo risarcitorio dell”ammontare delle retribuzioni maturate da tale licenziamento.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure la società datrice, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso, basato su quattro motivi di censura, inanzi alla Corte Suprema. In particolare lamentava, tra le altre, anche il riferimento allo jus superveniens costituito dal nuovo testo dell’art. 18 legge n. 300/70, come modificato dall’art. 1 co. 42° legge n. 92/2012, nuovo testo entrato in vigore il 18 luglio 2012 e che per licenziamenti, annullato per violazione del principio del repechage come quello in discorso prevede non più la tutela reintegratoria, ma una mera tutela indennitaria. Per la società ricorrente si tratta di normativa applicabile anche a licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore della novella, giacché la citata legge n. 92/2012, mentre dispone che le modifiche processuali abbiano effetto solo per i licenziamenti successivi all’entrata in vigore della legge stessa, non opera analogo rinvio quanto agli effetti sostanziali d’un licenziamento illegittimo.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del datore di lavoro. I giudici di legittimità puntualizzano il contenuto dell’articolo 11 delle preleggi al Codice civile evidenziando come sarebbe servita una disposizione a titolo di diritto transitorio per consentire al giudice di applicare le nuove disposizioni anche a quei rapporti di lavoro risolti prima che la legge diventasse operativa.
Per i giudici del Palazzaccio la circostanza che il co. 67° dell’art. 1 cit. legge n. 92/2012 preveda l’applicabilità delle nuove norme processuali solo alle controversie instaurate dopo l’entrata in vigore della legge stessa non significa, a contrariis, che le nuove norme sostanziali in essa contenute siano applicabili ai licenziamenti anteriormente intimati, ma semplicemente che queste ultime seguono, in assenza di esplicita disposizione contraria, la regola dell’irretroattività sancita dall’art. 11 disp. prel. al c.c., regola cui – com’è noto – può derogarsi soltanto se ciò è espressamente previsto da apposita disposizione di diritto transitorio, che nel caso de quo manca.
Pertanto in assenza di espressa disposizione derogatoria, il principio dell’irretroattività della legge previsto dall’art. 11 disp. prel. al c.c. fa sì che la nuova legge non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente e ancora in vita ove, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso; ed è appunto questa l’ipotesi del licenziamento già giudicato illegittimo.
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