ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – Comunicato 11 ottobre 2018
Articolo “Più lavoro nero (e meno ispettori)” apparso sull’edizione dell’8 ottobre 2018.
Questo Ispettorato ha preso visione dell’articolo in oggetto, nel quale si forniscono alcuni dati relativi ad un decremento della efficienza ed efficacia dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, ricollegandola sic et simpliciter alla nascita dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Al riguardo, al fine di consentire una più corretta e completa informazione, si ritiene di dover fornire alcuni chiarimenti, atteso che non sono stati sentiti i responsabili delle Amministrazioni coinvolte.
Nell’articolo è anzitutto affermato che “fino a qualche anno fa riuscivano ad incassare quasi il 10 per cento ogni anno, poi con il governo Renzi e il ministro Poletti nel 2015 è arrivata la riforma: per evitare sovrapposizioni, sprechi di risorse e rendere più efficaci i controlli i soggetti vigilanti devono essere coordinati dall’Istituto Nazionale del Lavoro. Oggi il risultato raggiunto è esattamente l’opposto. Che cosa è successo?”.
A parte l’evidente refuso relativo alla denominazione di questa Agenzia (Istituto nazionale del lavoro?) appare purtroppo superficiale la scelta di ricollegare alcuni dati ispettivi alla nascita dell’Ispettorato. Il testo dell’articolo riporta i dati relativi ai risultati ispettivi del 2013 confrontandoli con quelli del 2017. Tuttavia, mentre i dati del 2013 riportano anche il numero degli ispettori dell’epoca, non altrettanto avviene con riferimento ai dati del 2017. Ebbene, mentre nel 2013 si contavano oltre 5.400 unità ispettive, nel 2017 – come è possibile facilmente evincere dal rapporto annuale pubblicato sul sito istituzionale dell’Ispettorato e quindi accessibile anche a codesta Testata – le unità sono 3.972, oltre 1.400 ispettori in meno.
Addebitare pertanto alla creazione dell’Ispettorato il minor numero di controlli – così come sembra lasciar intendere l’articolo – appare dunque quantomeno azzardato. Forse per fornire un quadro più obiettivo sarebbe stato utile un raffronto dei dati ispettivi del 2016 con quelli del 2017, anno in cui l’Ispettorato ha iniziato ad operare; a meno di non voler far ricadere su un soggetto ancora inesistente il deterioramento dell’ispezione del lavoro. Ebbene, i dati del 2017 rispetto a quelli del 2016, in termini di recuperi contributivi e assicurativi contabilizza, euro 1.100.099.932. Nel 2016 il totale dei contributi e premi evasi è stato pari ad euro 1.101.105.790, quindi sostanzialmente invariato. Con riferimento al recupero dei premi INAIL c’è stato addirittura un miglioramento in quanto si è passati da un recupero di euro 74.907.678 nel 2016 a un recupero di euro 80.398.967 nel 2017. Sono risultati sicuramente non appaganti ma che dimostrano come tutto il personale dell’Ispettorato e degli Istituti abbia lavorato molto e bene, nonostante i numerosi impegni formativi che lo hanno distratto dall’attività di vigilanza. A dir la verità, il calo più vistoso degli accertamenti contributivi e assicurativi è invece riferito agli anni precedenti l’operatività dell’Ispettorato (nel 2014 l’INPS accerta euro 1.316.766.000; nel 2015 euro 1.105.539.357; nel 2016 euro 918.035.814; lo stesso vale per l’INAIL, che nel 2014 accerta euro 91.296.473, nel 2015 euro 81.499.866 e nel 2016 euro 74.907.678). L’articolo, in relazione alle ragioni di questo decremento, riporta: “le cause, sostengono gli stessi ispettori, sono di diversa natura. Prima di tutto l’accentramento delle funzioni sotto il Ministero del lavoro ha burocratizzato l’iter dei controlli. Ogni mese c’è una riunione di un comitato territoriale al quale va sottoposto l’elenco dei controlli che si intende effettuare. Questa procedura, introdotta per evitare sovrapposizioni (…) allunga i tempi di intervento. Per esempio, se prima, di fronte ad una situazione di allarme, l’ispettore poteva decidere nel giro di un paio di ore di effettuare un controllo a sorpresa, oggi non è più possibile, perché le ispezioni vanno preventivamente autorizzate nel corso della riunione mensile. E più si allarga il numero di persone a conoscenza in anticipo dei nomi delle aziende da ispezionare, più cresce il rischio di fughe di notizie”.
Al riguardo va premesso che le Commissioni di cui si parla sono degli Organismi in cui siedono dirigenti dell’Ispettorato, dell’INPS e dell’INAIL e appare già di per sé denigratorio paventare una “fuga di notizie”. Peraltro, se così fosse – fermi restando i risvolti penali di tali comportamenti – le ispezioni decise in quella sede darebbero esiti quantomeno “infruttuosi”; vero è invece che nel 2017 è aumentata la percentuale delle aziende irregolari su quelle visitate rispetto all’analogo dato del 2016 (65% nel 2017, 63% nel 2016).
Non poi è assolutamente vero che qualsiasi accertamento debba preventivamente passare dal vaglio delle Commissioni; è infatti previsto che determinate iniziative di vigilanza che rivestono particolare urgenza possano essere avviate senza ritardo, circostanza espressamente formalizzata all’interno delle Convenzioni che hanno istituito le stesse Commissioni regionali di programmazione, laddove si prevede che “per le richieste che rivestono particolare urgenza, ovvero pratiche non comprese nella programmazione mensile che pure devono essere iniziate nel corso del mese, l’INPS può assegnare direttamente l’accertamento a propri ispettori provvedendo, contestualmente, ad informare la sede territoriale dell’INL. Relativamente agli accertamenti tecnici ovvero a particolari fenomeni evasivi caratterizzati da importanti profili di criticità sia di natura economica che penale (es. Rapporti Fittizi, TFR), l’INPS può attivare, anche con carattere di urgenza, l’Ispettorato che procederà mediante l’intervento di gruppi ispettivi dedicati” (art. 7 Convenzione INL-INPS 21 febbraio 2017).
Nell’articolo si sostiene inoltre che “con il jobs act chi va in pensione o passa ad altro incarico non viene sostituito per permettere il passaggio delle funzioni ai controllori del Ministero del lavoro”. Anche questo non corrisponde a verità in quanto se è vero che il personale INPS e INAIL è stato inserito in un ruolo ad esaurimento, è altrettanto vero che i progressivi pensionamenti dello stesso personale consentono automaticamente nuove assunzioni per l’Ispettorato (art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 149/2015). Non a caso l’Ispettorato, già nel 2017, ha già formato oltre 400 ispettori sul territorio per lo svolgimento di una attività di vigilanza in materia specificatamente previdenziale e assicurativa.
Si sostiene ancora che il “Ministero del lavoro non rende facile i controlli: i propri ispettori infatti devono muoversi quasi sempre con in mezzi pubblici, anche per raggiungere le aziende con la sede in zone periferiche e spesso servite da linee disastrate”. Altra affermazione che desta perplessità anche nello stesso personale ispettivo. Tutti gli ispettori, sia INL, sia INPS, sia INAIL si muovono sul territorio utilizzando il proprio mezzo ed usufruendo sostanzialmente ad oggi della medesima indennità di missione. Non è certamente una soluzione ottimale quella di non avere a disposizione auto di servizio ma è questa una soluzione che il Legislatore ha previsto, da sempre, per tutti i corpi ispettivi, sia per quello di provenienza ministeriale, sia per quello degli Istituti. Non è quindi facile capire perché l’articolo faccia esclusivamente riferimento al fatto che il “Ministero del lavoro non rende facile i controlli (…)”.
È paradossale inoltre sostenere che “INPS e INAIL hanno offerto la disponibilità a fornire i propri dati al Ministero, che però ha risposto di non essere in grado al momento di gestire l’enorme mole di informazioni”. Purtroppo anche questa affermazione non corrisponde alla realtà. L’Ispettorato, anche attraverso un autorevole intervento del precedente Ministro, ha infatti chiesto l’accesso a banche dati contenenti informazioni di carattere contributivo, accesso che ad oggi non è stato ancora possibile ottenere e non certo per incapacità tecnica dell’Agenzia. Per chi conosce minimamente la materia è addirittura vietata una duplicazione delle banche dati, pertanto è infondato sostenere che l’Ispettorato non è in grado di “gestire l’enorme mole di informazioni” anche perché non ha chiesto alcuna gestione della totalità dei dati ma una semplice lettura degli stessi.
Nel ricostruire gli effetti della nascita dell’Ispettorato occorre dunque non dimenticare i problemi del recente passato che hanno registrato certamente la problematica della sovrapposizione degli interventi ispettivi, un progressivo decremento dei risultati della vigilanza ma anche quello, di cui non si fa mai cenno nell’articolo, relativo al fatto che gli accertamenti di carattere contributivo, come anche ribadito dalla Corte dei Conti (v. ad es. delibera n. 11/2014), consentono di incassare solo il 20-25% dei contributi accertati, ossia solo una piccola percentuale di quello che l’articolo definisce come un introito annuale per l’INPS.
Il fine dell’Ispettorato è dunque anche questo, cioè agevolare una attività di vigilanza che segua delle linee uniformi e non presti il fianco a possibili criticità che rendano vano un accertamento, traducendosi in un’attività amministrativamente dispendiosa e deleteria per i datori di lavoro onesti; ma probabilmente ciò che si dimentica è che l’Ispettorato nasce anche per valorizzare la professionalità di tutto il personale che partecipa alla sua mission, certamente dell’ispettore del lavoro ma anche di tutto il personale che contribuisce a fornire un servizio che non è solo repressione ma di indirizzo e consulenza per tutte le problematiche di lavoro e legislazione sociale. Non ce ne vogliate dunque se questa risposta sarà inoltrata anche a tutti gli Uffici del territorio, in quanto certe affermazioni contenute nell’articolo e nel programma TV successivamente mandato in onda hanno creato un forte disagio in tutto il personale dell’Agenzia a fronte di palesi errori o collegamenti causa/effetto non sorretti da nessuna evidenza.
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