La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata il 20 marzo 2024, intervenendo in tema di imposta di successione e donazione, ha statuito i seguenti principi di diritto “…
A. «In tema di imposta sulle donazioni, l’ art. 56-bis, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 , va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall’ art. 769 cod. civ. , e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta (con l’aliquota dell’8%) – pur essendo esenti dall’obbligo della registrazione – in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti (€ 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, € 100.000 per fratelli e sorelle, € 1.500.000 per persone portatrici di handicap)»;
B. «In tema di imposta sulle donazioni, la dichiarazione prevista dall’ art. 56-bis, comma 1, lett. a), del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 , al fine dell’accertamento e della sottoposizione all’imposta delle liberalità diverse dalle donazioni (nella specie, di una donazione informale avente ad oggetto il trasferimento, mediante bonifico bancario dal conto corrente del donante al conto corrente del donatario, di attività finanziarie detenute all’estero), può provenire, oltre che dal donatario, anche dal donante e può essere rappresentata anche dall’istanza volta ad avvalersi della procedura di collaborazione volontaria ed il rientro dei capitali detenuti all’estero, quando la donazione abbia avuto ad oggetto le attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato, spontaneamente emerse per volontà dell’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’ art. 4, comma 1, del d.l. 28 giugno 1990, n. 167 , convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 ». …”
In altri termini, il Supremo consesso, ha stabilito, sulla base della corretta interpretazione dell’art. 56-bis del d.l.gs. n. 346 del 1990, che per le c.d. liberalità indirette (donazioni informali e donazioni indirette) non sono soggetta all’imposta di successione e donazioni, in quanto non sussiste l’obbligo di registrazione di detti atti e quindi viene meno il presupposto dell’imposta.
La vicenda ha riguardato una contribuente a cui l’Agenzia delle entrate aveva notificato un avviso di liquidazione per omesso pagamento dell’imposta sulle donazioni in relazione alla riqualificazione in termini di liberalità indiretta del trasferimento mediante ordinativo bancario, da parte dello zio paterno, in suo favore di attività finanziarie (denaro e titoli) detenute su un conto corrente acceso presso un banca Svizzera ed emerse con l’istanza presentata dallo zio per la procedura di collaborazione volontaria ex art. 1, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 2014, n. 186, nonostante la dichiarazione depositata presso il Notaio Svizzero, con la quale la beneficiaria aveva rifiutato tale liberalità per lasciarne l’oggetto nella piena ed assoluta disponibilità dello zio paterno. La contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure rigettarono il ricorso della contribuente. Avverso la decisione di primo grado, la contribuente propose appello. I giudici di secondo grado confermarono la decisione di prime cure ul presupposto che il trasferimento di attività finanziarie in questione, ancorché sprovvisto dei requisiti formali dell’atto pubblico, integrasse una «liberalità» (senza ulteriore specificazione sulla relativa natura) e fosse soggetto ad imposta sulle donazioni. La contribuente avverso la decisione di appello propose ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
I giudici di legittimità rigettarono il ricorso.
Per gli Ermellini con “… l’introduzione dell’ art. 56-bis del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 , da parte dell’ art. 69, comma 1, lett. p), della legge 21 novembre 2000, n. 342 , il legislatore ha previsto una disciplina per le «liberalità diverse dalle donazioni», ampio genus nel quale rientrano, e rilevano ai fini impositivi considerati dalla norma, liberalità che neppure si traducono in contratti scritti, trattandosi di meri comportamenti materiali, oppure che risultano da documenti scritti per i quali non è imposta la formalità della registrazione, per cui anche la donazione per così dire “informale” non sembra estranea, come pure è stato sostenuto in dottrina, al meccanismo di emersione oggetto di causa, atteso che l’inosservanza della forma pubblica richiesta dall’ art. 782 cod. civ. e la relativa sanzione della nullità, se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario, in ragione del principio generale affermato dall’ art. 53 Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 gennaio 2012, n. 634 ; Cass., Sez. 6^-5, 19 giugno 2017, n. 15144 ; Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2020, n. 27665 ; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28047 ).
(…)
[la] più recente giurisprudenza di legittimità ( Cass., Sez. 5^, 28 febbraio 2023, n. 6077 ; Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2023, n. 9780 ) – ha ravvisato nella legislazione tributaria una triplice suddivisione delle donazioni, che si articola nelle seguenti categorie:
a) “donazioni dirette” o “formali”, che nascono dalla stipulazione in forma pubblica (con l’assistenza obbligatoria dei testimoni) di un contratto tra donante e donatario ex art. 769 cod. civ. ;
b) “donazioni indirette” (anche se formali), che derivano dalla confezione di un atto giuridico (in senso stretto) o da un negozio unilaterale o da un contratto (diverso, quindi, dalla donazione prevista dall’ art. 769 cod. civ. ) con la produzione di effetti analoghi alla donazione diretta (nell’accezione prevista dall’ art. 809 cod. civ. ), cioè, l’attuazione della volontà del donante (condivisa dal donatario) di provocare, per «spirito di liberalità», un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario con il correlativo depauperamento del patrimonio del soggetto dante causa (esempi di tale categoria sono considerati: l’adempimento di un debito altrui; la rinuncia ad un diritto; la electio amici nel contratto per persona da nominare; la delega ad operare su un conto corrente bancario senza obbligo di rendiconto; il contratto a favore di un terzo; l’accollo di un debito altrui);
c) “donazioni informali”, che consistono nello svolgimento di un’attività materiale (ad esempio: il trasferimento di denaro o di strumenti finanziari che si attui o brevi manu – e, cioè, consegnando fisicamente del denaro contante al donatario – o impartendo un ordine di bonifico bancario o cointestando un conto corrente bancario o un “dossier titoli” o un qualsiasi altro rapporto bancario; la consegna di un assegno circolare intestato al donatario affinché questi lo incassi sul proprio conto corrente bancario; la consegna di un titolo al portatore; l’incremento del fondo altrui con costruzioni o piantagioni; ecc.) o nella tenuta di un comportamento consapevolmente omissivo (come quello di lasciare decorrere un termine di prescrizione o di usucapione; oppure come quello di lasciare operare il meccanismo previsto dall’ art. 177, primo comma, lett. a), cod. civ. , e, cioè, stipulare un contratto di acquisto da parte di uno solo dei coniugi in comunione legale dei beni con impiego di suo denaro personale, provocando la sottoposizione del bene acquistato al regime di comunione legale) con la conseguenza, anche in questo caso, della diminuzione del patrimonio del soggetto dante causa e l’aumento del patrimonio del soggetto beneficiario. …”
pertanto, ad esempio, le donazioni informali (non stipulate «per iscritto», né enunciate in un« atto scritto») non sarebbero un possibile oggetto di tassazione.
In altre parole, quando non si sia in presenza di «atti soggetti alla registrazione», non si avrebbe una fattispecie rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni, a meno che (ai sensi dell’ art. 56-bis del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ):
a) si faccia luogo alla registrazione “volontaria” della donazione indiretta non «risultant(e)» «da atti soggetti alla registrazione»;
b) la donazione indiretta non «da atti soggetti alla registrazione» sia “confessata” dal contribuente nell’ambito di una procedura di accertamento tributario.
Posta, dunque, questa linea di confine tra la donazione indiretta «risultant(e)» (anche per via di enunciazione) «da atti soggetti alla registrazione» (e, in particolare, da un atto formato «per iscritto» «nel territorio dello Stato») e la donazione indiretta non «risultant(e)» «da atti soggetti alla registrazione», resta da approfondire il punto se, per la donazione indiretta risultante «da atti soggetti alla registrazione» (fatta eccezione per la già accennata fattispecie di esonero da tassazione di cui all’ art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ) sia configurabile, o meno, un obbligo di registrazione.
È convinzione del collegio che debba essere negativa la risposta alla predetta domanda se per qualsiasi liberalità (diversa dalla donazione formale) che sia «risultant(e)» (anche per effetto di enunciazione, ai sensi dell’ art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ) «da atti soggetti alla registrazione» (e, in particolare, da un atto formato «per iscritto» «nel territorio dello Stato») vi sia l'”obbligo” di registrazione e di tassazione con l’imposta sulle donazioni. …”
A conferma di quanto enunciato, i giudici di piazza Cavour evidenziano che quando il d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 , si occupa della tassazione delle liberalità diverse dalla donazione formale, enuncia due principi “…
a) la “facoltà” del contribuente di registrare «volontariamente» le liberalità indirette (art. 56-bis, comma 3);
b) il “potere” dell’amministrazione finanziaria di accertare le liberalità indirette (solo) al congiunto ricorrere dei seguenti due presupposti (art. 56-bis, comma 1): b.1. «quando l’esistenza» della liberalità indiretta «risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi»; b.2. «quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore all’importo di 350 milioni di lire».
Se, dunque, il “potere” dell’amministrazione finanziaria di accertare donazioni indirette si ha solo (…) al ricorrere dei predetti due presupposti, pare potersi concludere che non vi sia un generalizzato obbligo di sottoporre a tassazione tutte le donazioni indirette «risultanti» (anche per via di enunciazione) «da atti soggetti alla registrazione» ( Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n. 11831 ), ma si pongano solo le seguenti ipotesi di tassazione delle donazioni indirette, se «risultanti», beninteso, «da atti soggetti alla registrazione» (fermo restando l’esonero da tassazione per le donazioni indirette rientranti nel perimetro di quelle identificate nell’ art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ):
a) la tassazione delle donazioni indirette quando per esse sia esplicata la “facoltà” di registrazione volontaria, cui evidentemente può ricorrere il contribuente che abbia il timore di subire l’accertamento previsto nell’ art. 56-bis, comma 2, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ;
b) la tassazione delle donazioni indirette (non rientranti nel perimetro di esenzione di cui all’ art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ) la cui «esistenza» «risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi» (evidentemente diversi dall’imposta di donazione).
(…)
un obbligo di registrazione delle donazioni indirette non sussista è ben dimostrato, oltre che dal fatto della volontarietà della registrazione di cui all’ art. 56-bis, comma 3, del d.l.gs. 31 ottobre 1990, n. 346 , anche dal rilievo che, ove sia instaurato un «procediment(o) dirett(o) all’accertamento di tributi» ( art. 56-bis, comma 1, lett. a), del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ), e il contribuente non voglia dichiarare la donazione indiretta (che è, appunto, un “mezzo di cautela” e non un “obbligo”), l’amministrazione finanziaria non può procedere alla tassazione della donazione indiretta, ma deve procedere all’accertamento del tributo per il quale esso indaga, senza poter pretendere, al contempo, sia quest’ultima tassazione sia la tassazione della donazione indiretta. …”
In conclusione la sentenza in commento precisa che “… Le liberalità, difatti, sono accertate e sottoposte ad imposta in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi, se sono di valore superiore alle franchigie oggi esistenti …”
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