AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 06 settembre 2021, n. 580
Leasing – Gestione separata delle attività ex articolo 36, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa (di seguito, “Società” o “Istante”) rappresenta di essere un intermediario finanziario iscritto all’albo di cui all’articolo 106 del Decreto Legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito, “TUB”) che opera nel settore del recupero crediti NPL (Non Performing Loan).
Nell’ambito della propria operatività, la Società riferisce dell’intenzione di acquisire, a fronte del pagamento del relativo corrispettivo, uno o più portafogli di crediti derivanti da contratti di leasing, risolti e non risolti. Il contratto di cessione avrà ad oggetto non solo la titolarità dei crediti (per canoni di leasing maturati e non pagati) ma anche i relativi contratti di leasing nonché i beni (immobiliari e non) sottostanti.
Al riguardo, l’Istante ricorda che, ai sensi dell’articolo 3 del suo statuto sociale, può esercitare l’attività di leasing finanziario, nonché di leasing operativo e di noleggio, rendendosi cessionaria di crediti e obbligazioni nascenti da contratti di leasing risolti o ancora in essere, stipulati tra terze parti, e dei beni sottostanti, e concludendo nuovi contratti di leasing ai fini di ricollocazione dei beni in leasing acquistati.
La Società ha inoltrato apposita comunicazione alla CCIA per l’apertura dell’attività di leasing – codice ATECO 64.91.00.
Si è posto, quindi, il tema di verificare quale sia la modalità corretta di gestione ai fini IVA della nuova attività di leasing.
Allo stato attuale, accanto all’attività generale, comprendente l’operatività nell’ambito dell’attività di recupero crediti, connotata da una completa in detraibilità IVA, stante l’opzione per l’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito anche “Decreto IVA”), l’Istante ha optato, a norma dell’articolo 36, terzo comma, del medesimo Decreto, per due gestioni separate IVA:
a) Attività “REOCO”, avente ad oggetto compravendita e locazione di beni immobili abitativi;
b) Attività “REOCO”, avente ad oggetto compravendita e locazione di beni immobili strumentali.
La Società quindi chiede se possa optare per la gestione separata ai fini IVA anche della nuova attività di leasing, che identificherà con codice ATECO 64.91.00.
Ciò al fine di rendere la detrazione dell’imposta maggiormente corrispondente alla reale destinazione dei beni e dei servizi acquistati, evitando gli effetti negativi derivanti dall’applicazione della regola del pro-rata generale di cui agli articoli 19, comma 5, e 19-bis del Decreto IVA.
Sul punto, infatti, l’Istante evidenzia che, per statuto sociale, può unicamente proseguire la gestione dei contratti di leasing originariamente stipulati da altri soggetti (i cedenti), senza erogare nuovo leasing in via autonoma a meno che non sia finalizzato:
i. alla “ricollocazione” di beni acquisiti in dipendenza di precedenti contratti di leasing stipulati da altri soggetti ed acquisiti dalla Società stessa;
ii. alla ottimizzazione della gestione di crediti deteriorati (ad esempio, concessione in leasing di beni acquisiti nell’ambito del recupero di crediti).
In sostanza, la Società può gestire solo contratti di leasing acquisiti a titolo derivativo e non anche contratti stipulati a titolo originario a meno che non destinati – come detto – alla “ricollocazione” di beni già oggetto di precedenti contratti di leasing dalla stessa acquisiti.
Oggetto della nuova attività di leasing sarebbero, quindi, tutti i contratti di leasing che l’Istante acquisirà, sia risolti che non, e che possono avere ad oggetto sia beni immobili (abitativi e strumentali), sia altri beni (targati e no) nonché eventuali nuovi contratti di leasing che stipulerà per ricollocare beni acquisiti in dipendenza di precedenti contratti di leasing, stipulati da altri soggetti.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La Società ritiene che sia possibile, a norma dell’articolo 36, terzo comma, del Decreto IVA, optare per la gestione separata dell’attività di leasing così come sopra descritta.
Infatti, per l’articolo 36, terzo comma, primo periodo, del Decreto IVA “i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa ovvero più arti o professioni, hanno facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta relativamente ad alcuna delle attività esercitate (…)”.
Sulla base del tenore letterale della disposizione, è ammessa l’opzione per la gestione separata ai fini IVA nel caso in cui siano esercitate “più attività nell’ambito della stessa impresa”.
Per l’Istante, tale requisito si realizza laddove le attività siano oggettivamente scindibili e tali da formare oggetto di autonome attività d’impresa.
A supporto, richiama la circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018 – riguardante il Gruppo IVA – nella quale si chiarisce che l’uniformità negli elementi essenziali delle attività esercitate, unitamente alla sussistenza di criteri oggettivi volti a distinguere gli acquisti afferenti alle diverse attività, è condizione sufficiente per ritenere sussistenti attività effettivamente distinte e obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa.
Tra i parametri oggettivi cui può farsi riferimento per la separazione delle attività vi sono i codici ATECO, ancorché la riconducibilità delle attività esercitate dal contribuente a un medesimo codice ATECO non assuma necessariamente carattere ostativo all’adozione della facoltà di cui all’articolo 36, terzo comma, del Decreto IVA.
In altri termini, l’Istante ritiene che la condizione della sussistenza di attività effettivamente distinte ed obiettivamente autonome, sebbene realizzate nell’ambito della stessa impresa, viene soddisfatta laddove le attività svolte presentino in concreto una costante uniformità nei loro elementi essenziali e siano comunque suscettibili di essere distinte in base a criteri oggettivi. Ciò avviene, in particolare, laddove siano presenti (tutti e tre) i seguenti requisiti:
– vengano realizzate, in via sistematica e non occasionale, sia operazioni imponibili che operazioni esenti, anche se inquadrabili nell’ambito di un medesimo codice di classificazione ATECO;
– siano presenti strutturalmente acquisti di beni e servizi specificamente riferibili alle diverse tipologie di operazioni attive (rispettivamente, imponibili ed esenti) poste in essere;
– sia possibile determinare, con criteri oggettivi, l’effettiva quota di utilizzo, nell’ambito delle diverse tipologie di operazioni, dei beni ammortizzabili e dei servizi utilizzati promiscuamente.
La Società ritiene che la nuova attività di leasing che intende intraprendere soddisfi tutti e tre i requisiti summenzionati. In particolare, si tratta di un’attività:
1. che sarà svolta in via sistematica, contraddistinta da uno specifico codice ATECO;
2. connotata da flussi di costi e ricavi (rectius, di operazioni passive e attive) autonomi e identificabili rispetto alle altre attività svolte dall’Istante;
3. per la quale è possibile identificare con criteri oggettivi l’effettiva quota di utilizzo, nell’ambito delle diverse tipologie di operazioni, dei beni ammortizzabili e dei servizi utilizzati promiscuamente.
A tal fine, ritiene ininfluente che l’attività di leasing non si concretizzerà nell’erogazione di nuovo leasing in quanto anche la semplice gestione di contratti di leasing già in essere (acquisiti unitamente alla cessione del credito per canoni maturati e non pagati) non può non essere considerata già di per sé “attività di leasing” e, in questo senso, autonoma rispetto all’attività generale di recupero crediti svolta dalla Società.
Inoltre, includerà nell’ambito della gestione separata in commento tutte le attività riconducibili al leasing, indipendentemente dallo status del contratto e dalla natura del bene sottostante.
A conferma di quanto sopra, l’Istante sottolinea che nella normale ipotesi di gestione di crediti leasing deteriorati (e dei relativi contratti) da parte di una banca o di un soggetto iscritto all’albo di cui all’articolo 106 TUB che svolge anche ordinaria attività di leasing a titolo originario, maturando prevalentemente crediti in bonis che vengono regolarmente onorati, non c’è alcun dubbio circa la riconducibilità alla generale attività di leasing anche della quota parte concernente la gestione dei contratti da cui originano crediti deteriorati, compresi quelli eventualmente derivanti da acquisti da terze parti, come nel caso di specie.
La Società rileva che, pur volendo, non potrebbe erogare nuovo leasing (per beni non rivenienti da precedenti analoghi contratti) in quanto vietato dal proprio statuto.
Quest’ultimo è coerente con la sua mission, che non è quella di competere con ordinari operatori di leasing quanto piuttosto quella di ottimizzare la gestione e il recupero di crediti deteriorati, in tutte le forme giuridiche in cui questi sono stati concessi, inclusa evidentemente quella del leasing.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il presente parere è reso in base alle informazioni fornite dall’Istante, qui assunte acriticamente, riguardanti le peculiarità tecniche e regolamentari di settore della nuova attività che intende intraprendere, restando dunque impregiudicata ogni possibilità di sindacato da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 36, terzo comma, primo periodo, del Decreto IVA, prevede che “I soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa, ovvero più arti o professioni, hanno facoltà di optare per l’applicazione separata dell’imposta relativamente ad alcuna delle attività esercitate […]”.
L’opzione per la separazione delle diverse attività economiche prevista per i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell’ambito della stessa impresa (i.e. separazione facoltativa delle attività), presuppone che le attività in questione siano oggettivamente scindibili e come tali suscettibili di formare oggetto di autonome attività d’impresa (cfr. risoluzione n. 396118 dell’8 giugno 1984, risoluzione n. 63 del 17 giugno 1998, risoluzione n. 184/E del 5 maggio 2008).
Tale criterio è stato oggetto di ulteriori chiarimenti:
– nella circolare n. 22/E del 28 giugno 2013, dove al paragrafo 9, si afferma che sono suscettibili di essere separate, ai fini dell’applicazione dell’imposta, soltanto le attività sostanzialmente diverse fra loro “di regola individuate da diversi codici della tabella ATECO di classificazione delle attività economiche”;
– nella circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018 dove, adottando un’interpretazione della norma più conforme alla Direttiva 2006/112/CE (c.d. Direttiva IVA) si chiarisce che “ai fini della nozione di «più attività nell’ambito della stessa impresa» (…), il riferimento alla classificazione ATECO, rispondente essenzialmente a finalità statistiche e di controllo, pur costituendo un criterio utile ed adottabile in via principale, non può tuttavia considerarsi necessariamente esaustivo per il riscontro del carattere della diversità delle attività separabili ai sensi dello stesso articolo 36, terzo comma”.
Quest’ultima circolare precisa altresì che l’uniformità negli elementi essenziali delle predette attività, unitamente alla sussistenza di criteri oggettivi volti a distinguere gli acquisti afferenti alle diverse attività, è condizione sufficiente per ritenere sussistenti attività effettivamente distinte e obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa.
Secondo la circolare n. 19/E del 2018 è, ad esempio, possibile optare per la separazione ai sensi dell’articolo 36, terzo comma, del Decreto IVA “nel caso in cui un soggetto passivo ponga in essere, in via sistematica e non occasionale, sia operazioni imponibili sia operazioni esenti (inquadrabili nell’ambito di un medesimo codice di classificazione ATECO), e si riscontri la presenza strutturale di acquisti di beni e servizi specificamente riferibili alle diverse tipologie di operazioni attive (rispettivamente, imponibili ed esenti) poste in essere, nonché vi sia, rispetto ai beni ammortizzabili ed ai servizi utilizzati promiscuamente, la possibilità di determinare, sempre con criteri oggettivi, l’effettiva quota di utilizzo nell’ambito delle diverse tipologie di operazioni”.
Tale scelta – precisa ancora la medesima circolare – è in “linea con i principi che ispirano la Direttiva IVA, così come enunciati anche dalla Corte di Giustizia, che ha ritenuto conforme all’ordinamento dell’Unione Europea il meccanismo di detrazione previsto dall’ordinamento nazionale (che prevede l’applicazione generalizzata della regola del pro-rata), in quanto viene offerta agli operatori economici la possibilità di optare, ai sensi dell’articolo 36, terzo comma, del D.P.R n. 633 per la separazione delle attività, consentendo in tal modo un più preciso esercizio del diritto alla detrazione, anziché soggiacere alle limitazioni di tale diritto conseguenti all’applicazione del criterio forfetario del pro-rata (si veda al riguardo, la sentenza del 14 dicembre 2016, causa n. C-378/15).
In definitiva, l’interpretazione e l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 36, terzo comma, del D.P.R. n. 633 devono assicurare al contribuente, che ordinariamente acquisti beni e servizi specificamente destinati allo svolgimento sistematico di operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione, di determinare l’imposta detraibile in termini più specifici e maggiormente rispondenti all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi acquistati, in armonia con il principio di neutralità dell’IVA che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto istituito dal diritto dell’Unione europea”.
Con riferimento alla fattispecie in esame, si premette che esula dalle competenze della scrivente in sede di interpello stabilire se l’attività di mera gestione dei contratti di leasing (acquisiti a titolo derivativo) possa essere identificata con il codice ATECO 64.91.00. Tale valutazione di fatto implica degli accertamenti di tipo tecnico che sono esclusi dall’ambito dell’interpello.
Venendo alle modalità di svolgimento di questa attività, l’Istante riferisce ” che sarà svolta in via sistematica, contraddistinta da uno specifico codice ATECO (……).
In secondo luogo, si tratta di un’attività connotata da flussi di costi e ricavi (rectius, di operazioni passive e attive) autonomi e identificabili rispetto alle altre attività svolte dalla società istante. Infine, è possibile identificare con criteri oggettivi l’effettiva quota di utilizzo, nell’ambito delle diverse tipologie di operazioni, dei beni ammortizzabili e dei servizi utilizzati promiscuamente”.
La Società rappresenta altresì che, per le caratteristiche e per le modalità di svolgimento, l’attività di leasing in commento è scindibile e suscettibile di formare oggetto di autonoma e indipendente attività d’impresa, e che è possibile individuare e correlare, in concreto, gli acquisti relativi a tale attività con le operazioni attive relative all’attività medesima.
Alla luce di quanto sopra esposto e nel presupposto della veridicità di quanto affermato dall’Istante, si ritengono in linea di principio rispettate le indicazioni della circolare n. 19/E del 2018 per l’esercizio dell’opzione relativa alla gestione separata delle attività ex articolo 36, terzo comma, del Decreto IVA.
A ogni buon fine si ricorda che la scelta di applicare l’imposta separatamente deve rispettare in ogni caso la ratio sottesa all’articolo 36, terzo comma, del Decreto IVA, ossia rendere meno svantaggiosa nel caso concreto la disciplina del diritto alla detrazione, neutralizzando gli effetti distorsivi scaturenti dalla detrazione forfetaria dell’imposta secondo il metodo del pro-rata per tutte le attività esercitate, sia imponibili che esenti.
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