La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 4458 depositata il 20 febbraio 2024, intervenendo in tema di licenziamento per giusta causa, ha statuito “… riguardo all’ipotesi che la condotta criminosa sia stata realizzata prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro, secondo Cass. n. 24259/2016 cit., il giudice dovrà direttamente valutare se la condotta extralavorativa sia di per sé incompatibile con l’essenziale elemento fiduciario proprio del rapporto di lavoro, osservando il seguente principio di diritto: “Condotte costituenti reato possono – anche a prescindere da apposita previsione contrattuale in tal senso – integrare giusta causa di licenziamento sebbene realizzate prima dell’instaurarsi del rapporto di lavoro, purché siano state giudicate con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto e si rivelino – attraverso una verifica giurisdizionale da effettuarsi sia in astratto sia in concreto – incompatibili con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza“; …”
La vicenda ha riguardato un lavoratore, alle dipendenze di una società esercente attività di raccolta di rifiuti solidi urbani, che veniva licenziato per una condanna, penale per associazione mafiosa, che ha acquisito definitività molti anni prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro. Il dipendente impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito, nella veste di giudice del lavoro, accolse l’impugnativa del licenziamento con condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria. Avverso tale decisione il datore di lavoro proponeva appello. La Corte Territoriale confermava la sentenza impugnata. I giudici d’appello evidenziavano il “diritto anche del pregiudicato a reinserirsi nella società, espletando un lavoro onesto”, mentre “consentire di licenziare qualcuno solo perché pregiudicato, senza valutazioni in ordine alla compromissione dei successivi adempimenti, significa impedire il reinserimento del condannato, che invece il nostro Stato propugna (art. 27 Cost.)”; infine, per la Corte “non hanno trovato riscontro gli accenni alla normativa antimafia, il cui art. 85 d.lgs. 159/2001 preclude l’accesso ad appalti pubblici ad imprese i cui organi apicali siano in odore di mafia, non certo alle imprese i cui dipendenti abbiano precedenti penali, né sussiste un rischio attuale di misure interdittive a carico dell’impresa”. La società datrice di lavoro proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
I giudici di legittimità nel rigettare il ricorso della società hanno precisato, in coerenza con gli arresti consolidati della S.C. di ribadire quanto già affermato in tema di “… condotte extra lavorative, integranti illecito penale, tenute prima dell’instaurazione del rapporto lavorativo (cfr. Cass. n. 24259 del 2016; conf. Cass. n. 3076 del 2020);
infatti, in tanto può aversi una responsabilità disciplinare in quanto si tratti d’una condotta posta in essere mentre il rapporto di lavoro è in corso (quantunque non necessariamente in connessione con le mansioni espletate); diversamente, non si configura neppure un obbligo di diligenza e/o di fedeltà ex artt. 2104 e 2105 c.c. e, quindi, una sua ipotetica violazione, l’unica che possa dare luogo ex art. 2106 c.c. a responsabilità disciplinare; anche là dove i contratti collettivi inseriscano nel novero degli illeciti disciplinari, puramente e semplicemente, l’avere il lavoratore riportato condanna penale per determinati fatti-reato non connessi con lo svolgimento del rapporto di lavoro, nondimeno tali previsioni possono definirsi stricto sensu come disciplinari soltanto ove la condotta criminosa e la condanna abbiano avuto luogo durante il rapporto medesimo;
tuttavia, il precedente richiamato chiarisce come ciò non significhi che condotte costituenti reato non possano integrare giusta causa di licenziamento pur essendo state realizzate a rapporto lavorativo non ancora in corso e non in connessione con esso; è noto, infatti, che per giusta causa ai sensi degli artt. 2119 c.c. e 1 legge n. 604 del ‘66 non si intende unicamente la condotta ontologicamente disciplinare, ma anche quella che, pur non essendo stata posta in essere in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro e magari si sia verificata anteriormente ad esso, nondimeno si riveli ugualmente incompatibile con il permanere di quel vincolo fiduciario che lo caratterizza e sempre che sia stata giudicata con sentenza di condanna irrevocabile intervenuta a rapporto ormai in atto; …”
Pertanto per il Supremo consesso le condotte criminose possono integrare la giusta causa di licenziamento pur essendo state realizzate a rapporto lavorativo non ancora in corso e non in connessione con esso ma con obbligo del giudice di valutare direttamente se la condotta extralavorativa sia di per sé incompatibile con l’essenziale elemento fiduciario proprio del rapporto di lavoro.
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