AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 22 gennaio 2020, n. 1
Art. 22, comma 1, D.Lgs. n. 504/95 – Consumi di prodotti energetici interni a stabilimenti di produzione – Impieghi in operazioni necessarie a conservare la fluidità dei prodotti stoccati – Deposito commerciale gestito in regime di deposito fiscale – Non applicabilità
Ha costituito oggetto di trattazione presso questa Struttura centrale la portata del campo di applicazione dell’art. 22, comma 1, del D.Lgs. n. 504/95, concernente la disciplina degli impieghi di prodotti energetici all’interno degli stabilimenti di produzione.
Nella fattispecie prospettata l’esercente deposito commerciale, autorizzato alla gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale, ha chiesto di riconoscere quale consumo connesso alla produzione quello del gasolio impiegato per operazioni di riscaldamento tecnicamente necessarie per conservare la fluidità dei prodotti energetici detenuti, assumendo l’effettuazione di talune attività di miscelazione.
Ripercorrendo l’evoluzione del quadro giuridico di riferimento, comunitario e nazionale di recepimento, si rileva che la disposizione in esame ha sempre mantenuto ancorato il suo ambito di operatività alla sussistenza di determinati presupposti che circoscrivono la definizione di consumo di prodotti energetici all’interno di uno stabilimento di produzione dei medesimi prodotti energetici, utile a non far sorgere l’obbligazione tributaria.
Sul piano dell’ordinamento unionale l’originario art. 4, par. 3, della direttiva 92/81/CEE del Consiglio del 19.10.1992 delimitava l’esclusione dall’imposizione agli oli minerali impiegati all’interno di uno stabilimento di produzione degli stessi, così definito in ragione dell’effettuazione di determinate lavorazioni, e per fini della produzione.
Il successivo art. 21, par. 3, della direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27.10.2003 ha confermato, con più ampia formulazione, che il consumo di prodotti energetici in uno stabilimento di produzione dei medesimi non è considerato fatto generatore d’imposta; resta assoggettato ad accisa il prodotto che venga destinato a scopi non connessi con la produzione di prodotti energetici.
Le disposizioni legislative nazionali, confluite nell’art. 22 del D.Lgs. n. 504/95, hanno riprodotto il contenuto delle previsioni comunitarie integrandolo con la presunzione che considera consumi connessi con la produzione di prodotti energetici anche quelli effettuati per operazioni di riscaldamento tecnicamente necessarie per conservare la fluidità dei prodotti.
In conformità, questa Amministrazione finanziaria ha costantemente dato applicazione al citato art. 22, comma 1, riconoscendo come non realizzato il fatto generatore di accisa qualora il consumo di prodotti energetici (a prescindere dal loro luogo di fabbricazione) sia avvenuto all’interno di uno stabilimento di fabbricazione e per fini connessi alla produzione degli stessi prodotti. Analogo trattamento è stato riservato (art. 22, comma 2) ai prodotti energetici utilizzati in combinazione come combustibile per riscaldamento e nelle operazioni rientranti nei cosiddetti trattamenti definiti previsti dalla nota complementare 4 del capitolo 27 della nomenclatura combinata (in specie, il cracking, il reforming, ecc…).
Le operazioni soprarichiamate si rinvengono tipicamente nei processi industriali realizzati nelle raffinerie e negli stabilimenti petrolchimici, impianti ricadenti nella disciplina dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. n. 504/95.
Nella medesima cornice giuridica necessariamente opera la presunzione di cui al terzo periodo del comma 1 dell’art. 22 del D.Lgs. n. 504/95 che ricomprende tra i consumi connessi alla produzione quelli effettuati per operazioni di riscaldamento necessarie a conservare la fluidità dei prodotti energetici.
La rubrica dell’art. 22, recante impieghi di prodotti energetici negli stabilimenti di produzione, il tenore letterale e la collocazione delle disposizioni che lo compongono conducono ad una lettura univoca che non consente interpretazioni estensive delle stesse.
Da tutto quanto sopra argomentato emerge l’incompatibilità della categoria dei depositi commerciali di prodotti energetici gestiti ai sensi dell’art. 23, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 504/95 con la fattispecie di esclusione dall’applicazione dell’accisa prevista dal suddetto art. 22, per carenza dei requisiti di legittimazione. Né l’effettuazione di attività di miscelazione di prodotti energetici può valere a far assumere all’esercizio del deposito fiscale i caratteri oggettivi propri di uno stabilimento di produzione.
Pertanto, sul prodotto impiegato in siffatti impianti di mero stoccaggio per operazioni di riscaldamento necessarie per conservare la fluidità dei prodotti energetici detenuti è dovuta l’accisa.
Vorranno codeste Strutture territoriali effettuare le opportune comunicazioni ai propri Uffici locali al fine di improntare la loro azione ai principi contenuti nella presente direttiva ed assicurare la necessaria uniformità di comportamento.
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