La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17068 depositata il 14 giugno 2023, intervenuta in tema di impugnabilità dell’atto di adesione, ha ribadito che “… fermo il principio generale in virtù del quale la definizione dell’accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto, deve tuttavia ammettersi l’impugnabilità dell’atto di definizione quando non vi sia corrispondenza tra gli importi in esso contenuti e quelli indicati nel processo verbale di constatazione al quale egli aveva aderito, atteso che, diversamente, verrebbero limitati i diritti del contribuente sanciti dall’art. 24 Cost., tenuto conto peraltro, che l’art. 19 del d. lgs. n. 546 del 1992 si deve interpretare estensivamente, identificandosi tra gli atti impugnabili tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente …”
La vicenda ha riguardato una società contribuente che aveva presentato un istanza di rimborso a seguito di versamento di imposte ritenute in eccesso. L’Agenzia delle Entrate emetteva un provvedimento di diniego sull’istanza di rimborso. Il contribuente impugnava il provvedimento di diniego del rimborso con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accoglievano le doglianze della società contribuente. L’Agenzia delle Entrate appellava la decisione della CTP. I giudici di appello confermavano la decisione impugnata. Avverso la decisione dei giudici di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi. La contribuente ha proposto controricorso.
Gli Ermellini respingevano le doglianze dell’Agenzia delle Entrate.
Per i giudici di legittimità “… Ai sensi degli artt. 2, comma 3, e 3, comma 4, del d.lgs. n. 218 del 1997, l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile e non è modificabile dall’Ufficio.
Sulla base di queste premesse, questa Corte, con l’ordinanza n. 13129/2018 ha escluso la possibilità di proporre istanza di rimborso di quanto ad avviso del contribuente versato in eccedenza per un errore che avrebbe viziato la sua adesione. Il Giudice di legittimità afferma, infatti, che l’istanza di rimborso deve considerarsi improponibile in quanto costituirebbe una surrettizia forma di impugnazione. …”
I giudici di piazza Cavour hanno precisato che in alcuni casi si è ritenuto che la parte fosse legittimata a correggere i propri errori.
Per cui “… nel caso di adesione al processo verbale di constatazione, l’impugnazione può essere fatta valere solo nel caso in cui non vi sia corrispondenza tra la maggiore imposta dovuta, secondo quanto emerge nel processo verbale di constatazione, e l’importo indicato nell’atto di definizione.
In sostanza, lo strumento della tutela giudiziaria è utilizzabile solo nel caso in cui il contribuente ravvisi degli errori in fase di liquidazione del tributo da parte dell’amministrazione finanziaria, avendo questa non correttamente determinato una maggiore imposta dovuta in base alle risultanze del processo verbale di constatazione, posto che, solo in tali circostanze, escludere un’autonoma impugnazione dell’atto di definizione significherebbe impedire al contribuente di far valere le proprie ragioni in sede giurisdizionale, con l’effetto che, pur in presenza di errori da parte dell’Ufficio, si vedrebbe cristallizzata, senza alcuna possibilità di tutela, una pretesa erariale non legittima. …”