La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21517 depositata il 20 luglio 2023, intervenendo in tema accertamento emesso a seguito pvc, ha ribadito i principi di diritto secondo cui “… L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 – decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo, perché il termine è stato ritenuto necessario dal legislatore per garantire alla parte, alla conclusione delle indagini svolte presso di lui, un periodo di tempo utile per riesaminare i dati raccolti dai verificatori e determinarsi sulla sua successiva condotta, e rimane pertanto indifferente alle vicende che si sono compiute nelle fasi preliminari; pertanto la garanzia di tutela del contribuente assicurata mediante il termine dilatorio in questione non ammette equipollenti, non potendo essere sostituita da un contraddittorio più o meno lungo ed intenso svoltosi tra le parti; in conseguenza, qualora il termine sia stato violato, e l’Amministrazione finanziaria non provi la ricorrenza di ragioni d’urgenza, ciò comporta la nullità insanabile dell’atto impositivo notificato prima della decorrenza del termine, indipendentemente dalla natura del tributo accertato, sia esso armonizzato o non armonizzato …”
Successivamente alla ricordata pronuncia delle Sezioni Unite non si è mancato di ribadire il concetto osservando, tra l’altro, che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, st. contr. deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito”, Cass. sez. VI-V, 23.7.2020, n. 15843.
Dovendo assicurarsi piena tutela ai valori costituzionali ricordati, occorre allora ribadire che il mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, qualora l’Amministrazione finanziaria non provi la ricorrenza di ragioni d’urgenza, importa la nullità dell’atto impositivo notificato prima della decorrenza del termine. …”
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