La Corte di Cassazione sez. Tributaria con la sentenza n. 22132 depositata il 27 settembre 2013 intervenendo in tema di congruità dei componenti del reddito ha statuito che è legittimo l’operato dell’amministrazione finanziaria che provvede alla rettifica delle dichiarazioni dei contribuenti considerando antieconomiche determinate scelte imprenditoriali, in base al principio secondo cui chiunque svolga un’attività economica dovrebbe, secondo l’id quod plerumque accidit, indirizzare le proprie condotte verso una riduzione dei costi ed una massimizzazione dei profitti, in tal modo valutando negativamente, ai fini fiscali, le condotte improntate all’eccessività di componenti negativi o all’immotivata compressione di componenti positivi di reddito.
La vicenda ha riguardato una società nei cui confronti veniva emesso e notificato un avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di IVA, IRPEG e IRAP, oltre accessori e sanzioni, in dipendenza di costi relativi ad operazioni poste in essere dalla società con la propria controllata T. s.r.l. ritenute prive dei requisiti di economicità e come tali considerate indetraibili.
La società provvedeva ad impugnare l’atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Regionale lamentando la infondatezza delle pretese fiscali per vari motivi. I giudici di prime cure accoglievano le doglianze del contribuente ed annullavano l’avviso di accertamento confermando le pretese ai fini IVA. L’Amministrazione Finanziaria avverso la sentenza di primo grado proponeva il ricorso alla Commissione Tributaria Regionale che in riforma della sentenza di primo grado accoglieva le motivazioni dell’Agenzia delle Entrate. Per i giudici di appello, infatti, nel rapporto instaurato dalla società appellata con la T. emergevano evidenti profili di antieconomicità tralasciati dal giudice di primo grado. Inoltre sul piano economico la scelta di acquisire onerosamente, affidandoli alla società T., i servizi amministrativi e gestionali, svolti con attrezzature della committente, configgeva con i criteri di ragionevolezza e non poteva essere giustificata in termini di riduzione di costi o di miglioramento delle prestazioni. Nemmeno erano ipotizzabili vantaggi economici dall’affidamento, operato dalla T., ove pure operava personale incardinato anche presso la G., di mansioni specifiche a professionisti esterni o lavoratori interinali. Infine, rilevano sempre i giudici di appello che la T. intratteneva attività commerciale unicamente con la società contribuente.
Avverso la decisione della CTR la società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a sei motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle Entrate senza spiegare difese scritte.
Gli Ermellini accolgo il ricorso del contribuente richiamando nelle motivazioni l’orientamento della Corte di Giustizia che “ha inteso sottolineare la centralità del diritto di detrazione nel meccanismo dell’IVA, diritto che, in linea di principio, non può subire limitazioni, essendo inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche. Ed è proprio questo meccanismo a consentire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale che si interrompe allorché il bene o servizio viene reso al consumatore finale.” I giudici suprema continuano e richiamano il del valore normale “Principio, quest’ultimo, bene espresso dalla Corte europea, secondo la quale la circostanza che un’operazione economica sia effettuata ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo dì costo, e dunque a un prezzo superiore o inferiore al prezzo normale di mercato, è irrilevante (v.. Corte giust. 20 gennaio 2005, causa C-412/03, Hotel Scandio Gàsabàek, punto 22).” Inoltre “… ove un corrispettivo sia stato concordato ed effettivamente versato al soggetto passivo come contropartita diretta per il bene ceduto o il servizio prestato, tale operazione dev’essere qualificata come operazione a titolo oneroso, anche nel caso in cui essa sia effettuata tra soggetti collegati e il prezzo concordato ed effettivamente versato sia manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato. La base imponibile di un’operazione di questo tipo deve, di conseguenza, essere determinata conformemente alla regola generale stabilita dall’art. 11, parte A, n. 1, lett.a), della sesta direttiva”-cfr.Corte giust., 9 giugno 2011, causa C-285/10, Campsa Estaciones de Servicio SA p.27.
Nel caso di specie, evidenziano i giudici di legittimità, che la CTR “non ha in alcun modo escluso l’inerenza ed esistenza della prestazione, invece incentrando la propria indagine sul requisito dell’antieconomicità, senza che mai l’amministrazione abbia ipotizzato – come invece era suo onere- l’esistenza di un abuso del diritto ed i presupposti giustificativi dello stesso. I giudici del Palazzaccio rimproverano alla CTR anche la circostanza relativa alla mancata valutazione della “esistenza di una macroscopica antieconomicità dei costi sostenuti dalla società contribuente e portati dalla stessa in detrazione, rinunziando addirittura alla ripresa a tassazione ai fini dell’imposta dei redditi nel corso del giudizio(v.p.l). Ciò che conferma vieppiù, come gli elementi di prova offerti dall’amministrazione non furono mai rivolti a porre in discussione l’esistenza stessa della prestazione.”
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