La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 2199 depositata il 22 gennaio 2024, intervenendo in tema dei motivi nel giudizio tributario di secondo grado, ha riaffermato che “… Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934) Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una protesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010).

La novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti (Cass. 26/09/2019, n. 24040).

(…)  Deve, altresì, escludersi che la censura proposta per la prima volta in sede di legittimità sia rilevabile di ufficio, atteso che il vizio denunciato è un vizio dell’atto impositivo, diverso da quelli originariamente allegati (Cass. 16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929). …”

Pertanto per il Supremo consesso nel giudizio tributario di appello non risulta possibile modificare i motivi di contestazione dell’atto impositivo sui cui si è svolto il contraddittorio in primo grado, in quanto il D.Lgs. n. 546/1992 vieta domande nuove che modifichino l’oggetto della controversia. Pertanto qualora si eccepiscono domande che modificano a causa petendi in quanto mutano i fatti costitutivi del diritto azionato si è in presenza di nuova domanda vietata dal processo tributario e tale novità della domanda è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice.

Gli elementi costitutivi sono:

  • i soggetti;
  • il petitum (il provvedimento che viene chiesto al giudice);
  • la causa petendi (vale a dire i motivi per cui viene formulata una particolare richiesta).

Per cui qualora tali elementi siano modificati si è in presenza di una domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello.

Non risulta, quindi, modificare:

  • cambiare il provvedimento che è stato chiesto al giudice con l’atto introduttivo del giudizio
  • prospettare un petitum più ampio. 
  • non può essere introdotta una diversa causa petendi, vale a dire non è consentito inserire un oggetto più ampio rispetto al primo grado.

Nel processo tributario è permesso  alla parte di meglio specificare in appello le contestazioni meramente generiche del ricorso, poiché la normativa del processo tributario vieta solo le eccezioni in senso stretto e non le difese. A condizione, però, che non vengano introdotti nuovi temi d’indagine (Cass. ordinanza n. 10899 del 2019).

Per cui la parte che in primo grado si sia limitata a una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese che non introducono temi diversi di indagine.

L’articolo 57 non comporta l’improponibilità dell’illustrazione con nuovi argomenti di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum.

Pur se il giudizio di secondo grado viene qualificato “revisio prioris istantiae” (revisione della prima istanza) e non un “novum iudicium” (nuovo giudizio), risulta permesso alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di pronunciarsi su domande proposte in primo grado sulle quali il giudice di primo grado non si sia pronunciato.

La disciplina dopo la riforma del decreto legislativo n. 220 del 2023

Con le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 220/2023 si ha la seguente situazione:

  • Non sono ammesse in secondo grado nuove domande ed eccezioni
  • Non possono essere prodotti nuovi documenti e nuove prove
  • Vanno indicati nell’atto d’appello:
    • Oggetto della domanda
    • Motivi dell’impugnazione

Nuove domande mutatio libelli, semplice emendatio

I giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 11427 depositata il 29 aprile 2024, hanno chiarito, stante il carattere impugnatorio del processo tributario, che “… Nelle ipotesi di invalidità degli atti impositivi opera il generale principio di conversione dei vizi in motivi di gravame, in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto, sicché le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio né fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità. (Cass. 18/05/2018, n. 12313)

(…) Questa Corte, tuttavia, proprio con riferimento alla notifica dell’atto impositivo o della cartella di pagamento, ha affermato che il rilievo sulla validità della notificazione, quand’anche genericamente proposto in primo grado, impone al giudice di verificare, comunque, la regolarità di tutto il procedimento notificatorio, sicché l’introduzione per la prima volta in appello di uno specifico segmento dello stesso non costituisce domanda nuova (cfr. Cass. 28/12/2023, n. 36305; Cass. 25/5/2021, n. 14285).

Al riguardo, deve ricordarsi che si incorre in mutatio libelli quando si avanza una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e, particolarmente, su un fatto costitutivo radicalmente differente; in tali frangenti, infatti, si pone al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostano i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo. Si ha, invece, semplice emendatio quando si incide sulla causa petendi, in modo che risulta modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa (Cass. 03/02/2017, n. 2868). …”

Sullo stesso tenore, la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 10840 depositata il 22 aprile 2024 ha precisato e ribadito che “… Nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili»(Cass., 22 settembre 2017, n. 22015; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224; Cass., 31 maggio 2016, n. 11223)e che «In tema di contenzioso tributario, l’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 preclude in appello esclusivamente le nuove eccezioni “in senso tecnico” dalle quali, cioè, deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del “thema decidendum”; conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria può difendersi dall’impugnazione, da parte del contribuente, del silenzio-rifiuto su un’istanza di rimborso d’imposta eccependo, anche in appello, il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione, poiché il rilievo integra una mera difesa o un’eccezione “in senso improprio”, ammissibile in quanto mera contestazione delle censure avanzate col ricorso, non introduttiva di nuovi elementi d’indagine» (Cass., 28 aprile 2023, n., 11284) .

(…) Soccorre nello stesso senso anche il principio statuito da questa Corte secondo cui «Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art.32 del D.Lgs. n. 546 del 1992 , di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti nel ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art.24, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 » (Cass., 24 maggio 2021, n. 14165; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31605; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616). …”

Il Supremo consesso, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 15881 depositata il 6 giugno 2024 ha ribadito che “… Si ha domanda nuova – inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema  di  indagine  e  di  decisione,  alteri  l’oggetto  sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio («Nel giudizio tributario è configurabile una domanda nuova, inammissibile in appello, quando il contribuente introduce una diversa causa petendi, deducendo un differente tema di indagine e di decisione idoneo ad alterare l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, mentre il contribuente – che, nel primo grado, abbia comunque contestato in toto l’an debeatur – è legittimato a sollevare col gravame una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum sulla non debenza del tributo» (Sez. 5 – , Sentenza n. 2058 del 19/01/2024, Rv. 670206 – 01; vedi anche Sez. U, Sentenza n. 15408 del 15/10/2003, Rv. 567461 – 01). …”

 

Note

Causa petendi: è la ragione per cui il ricorso viene proposto
Petitum: è il provvedimento che viene chiesto al giudice tributario