Sul tema si deve premettere che la riforma del processo tributario di cui alla legge 130/2022 che con l’art. 6 ha inserito nell’articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992 il comma 5-bis che statuisce che «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o e’ contraddittoria o se e’ comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati»
In base al quale, per larga parte della dottrina ed anche dalle recenti della Corte Suprema, la suddetta norme incide sulle cosiddette “presunzioni di natura giurisprudenziale” ( in particolare quella della cosiddetta “ristretta base societaria” e la relativa presunzione di distribuzione degli utili) che non dovrebbero prevalere rispetto al nuovo precetto, in base al quale l’ unica “deroga” alla regola dell’imputazione dell’onere probatorio che grava sull’Amministrazione finanziaria deve essere quella prevista dalla normativa tributaria sostanziale. Per cui solo nelle ipotesi di inversione legale dell’onere probatorio, il fisco può esimersi dal fornire la prova in giudizio, a pena di annullamento dell’atto da parte del giudice.
Lo stesso Supremo consesso con l’ordinanza n. 31878 depositata il 27 ottobre 2022 ha statuito che “… E’ appena il caso di sottolineare che il comma 5 bis dell’art.7 d.lgs. n.546/1992, introdotto con l’articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l’onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio …” (anche Cass. ordinanza n. 17423 del 2023; Cass. ordinanza n. 37985 del 2022)
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21356 del 6 luglio 2022, intervenendo in tema di distribuzioni degli utili extracontabili, ha ribadito i seguenti principi di diritto secondo cui “… in tema di società di capitali a ristretta base societaria, l’avviso di accertamento, se inerente a crediti i cui presupposti siano sorti prima della dichiarazione di fallimento (o nel periodo di imposta nel quale tale dichiarazione è intervenuta), deve essere notificato non solo al curatore ma anche ai singoli soci, i quali, in quanto percettori di reddito da capitale sono soggetti passivi del rapporto tributario ed hanno quindi la possibilità, anche dopo il fallimento della società, di impugnare l’atto impositivo emesso nei propri confronti (Cass. 6626 del 2019);
«se è vero che il giudicato nei confronti della società di capitali a ristretta base partecipativa – e concernente l’avviso di accertamento con cui si procede alla contestazione di redditi non dichiarati – ha effetto riflesso nel giudizio concernente l’impugnazione proposta dal socio avverso l’avviso di accertamento a lui notificato ai fini della rettifica del reddito da partecipazione (Cass. n. 13989 del 23/05/2019; Cass. n. 23899 del 24/11/2015), è altrettanto vero che, nel caso in cui l’avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, il socio ( che normalmente non può dolersi dell’accertamento effettuato nei confronti della società riproponendo doglianze ad esso riferibili: Cass. n. 3980 del 18/02/2020) ben potrà fare valere le proprie ragioni in sede di impugnazione avverso l’avviso di accertamento che lo riguarda;
invero, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e non notificato non è opponibile al socio e tale inopponibilità si traduce nella possibilità, per il socio stesso, di contestare la sussistenza di tutti i fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria (così sostanzialmente Cass. n. 6626 del 07/03/2019), anche al di là di quanto normalmente consentito dalla giurisprudenza della S.C. (per la quale il socio può unicamente eccepire che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonchè dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria: ex multis, Cass. n. 18042 del 09/07/2018);» (Cass. n. 18200 del 2021). …”
Inoltre i giudici di legittimità, con l’con l’ordinanza n. 6325 depositata il 2 marzo 2023 hanno precisato che“… nel distinguere l’adeguatezza della motivazione dell’atto impositivo dalla prova dei fatti posti a fondamento dello stesso: l’esistenza di una adeguata motivazione del primo non implica anche la prova dei fatti sui quali la pretesa si regge, diverse ed entrambe essenziali essendo le funzioni che l’una (motivazione dell’atto) e l’altra (prova dei fatti che ne sono posti a fondamento) sono dirette ad assolvere;
[…] la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dalla L. 27 luglio 2002, n. 212, art. 7, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicchè il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative;
invece, la prova attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa tributaria ed al suo accertamento in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso, sicchè in definitiva tra l’una e l’altra corre la stessa differenza concettuale che vi è tra allegazione di un fatto costituivo della pretesa fatta valere in giudizio e prova del fatto medesimo; …”
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra illustrato l’Amministrazione finanziaria, in ordine alla presunzione di distribuzione di utili ai soci, è onerata ad esplicitare gli elementi su cui base che le somme presuntivamente sottratte a imposizione da parte della società siano poi confluite ai soci.
Risultano del tutto assenti, gli elementi di prova, nelle ipotesi in cui la l’Agenzia si limita ad attribuire al socio un maggior reddito solamente come conseguenza dell’avviso di accertamento notificato alla società.
Infine trattandosi di un fatto negativo (mancata percezione degli utili) non è possibile porre un onere al contribuente, in quanto sul piano generale del diritto ciò è inammissibile.
Periodo di imposta a cui attribuire la distribuzione degli utili extra contabili
In base ad un orientamento ormai consolidatosi, che ha recepito la tesi dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui “… la presunzione di attribuzione “pro quota” ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extrabilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria non viene meno in ipotesi di presentazione di domanda integrativa di condono da parte della società, essendo questa ed il socio titolari di posizioni fiscali distinte e indipendenti …” (Cass., 26/10/2005, n. 20851; Cass. ordinanza n. 37361 del 2022)