AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 dicembre 2020, n. 592
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – programma promozionale mediante il “buono sconto-immediato alla cassa” – variazione ex articolo 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
[…].
L’istante opera nel mercato nazionale in qualità di distributore, vendendo i suoi prodotti anche ai rivenditori locali operanti nella grande distribuzione che, a loro volta, li vendono al dettaglio ai consumatori finali e, per incentivare le vendite dei suoi prodotti, adotta un programma promozionale attraverso il cd. “buono scontoimmediato alla cassa”.
In particolare, l’istante fa presente che, «Il funzionamento del modello di incentivazione commerciale che opera attorno a tale buono sconto può essere spiegato come segue:
a) Il prodotto in questione […] viene commercializzato ed arriva sugli scaffali dei rivenditori (es. il negozio sotto casa) munito di un tagliando (che può essere estratto) o accompagnato da un tagliando cartaceo, entrambi con l’indicazione dello sconto riconosciuto al consumatore finale (di seguito, d’ora in poi, entrambi denominati indistintamente “buono-sconto”);
b) Il buono-sconto è contraddistinto da un codice a barre che permette il monitoraggio di tutto il processo;
c) Il buono-sconto dà diritto al consumatore finale che ha acquistato il prodotto (contenente il buono-sconto) ad uno sconto sull’acquisto per un importo pari a quello indicato sul tagliando; […];
d) Il buono-sconto è contraddistinto da un valore facciale comprensivo dell’importo dell’IVA; ad esempio su un buono-sconto di 1 euro per l’acquisto di un prodotto al 22%, il valore del buono-sconto è così distinto: euro 0,82 base imponibile; euro 0,18 IVA; totale euro 1,00;
e) Il buono-sconto è spendibile presso gli esercizi che commercializzano i prodotti [ALFA] ed ha lo scopo di individuare il soggetto creditore della prestazione incorporata nel documento stesso i.e. il soggetto che può beneficiare dello sconto;
f) Il buono-sconto è contraddistinto da una scadenza, oltre la quale il buonosconto perde la sua validità;
g) Non è possibile utilizzare più di un buono-sconto per l’acquisto dello stesso prodotto [ALFA];
h) Il buono-sconto deve essere presentato alla cassa al momento dell’acquisto di un determinato prodotto così come descritto nel regolamento riportato sul buonosconto stesso (o sul sito web a cui il buono-sconto rimanda);
i) Il buono-sconto non può essere utilizzato qualora il consumatore finale chieda fattura;
j) Il rivenditore ed il consumatore finale compilano, su supporto cartaceo o elettronico, un modulo di adesione all’iniziativa di incentivazione commerciale che poi viene raccolto dall’Intermediario;
k) Lo sconto può essere concesso immediatamente alla cassa del rivenditore sull’acquisto dello stesso prodotto che include il buono-sconto utilizzato oppure su un successivo acquisto della stessa tipologia di prodotto previa presentazione del buonosconto (raccolto sul precedente acquisto); ad esempio, se il prodotto in questione […] costa euro 10 ed il buono-sconto è pari ad euro 1, il consumatore (previa presentazione fisica del buono-sconto) ha diritto ad acquistare il prodotto pagando al cassiere euro 9 in contanti (o altra modalità elettronica di pagamento es. carta di credito, debito, etc.) ed euro 1 mediante rilascio del buono-sconto; il rivenditore, nel battere lo scontrino o documento commerciale (e quindi rilevando la vendita ai fini della trasmissione telematica dei corrispettivi), applicherà l’IVA sul prezzo di listino del prodotto (i.e. senza tenere conto dello sconto);
l) Per quanto riguarda la parte amministrativa e di gestione e controllo dell’operazione commerciale, l’Istante si avvale di un soggetto terzo (di seguito Intermediario). Quest’ultimo soggetto, per conto dell’Istante, provvede alla raccolta dei buoni-sconto utilizzati presso i rivenditori, alla loro verifica ed al pagamento del loro valore nominale nei confronti degli stessi rivenditori; il Rivenditore deve occuparsi di far avere i buoni-sconto all’Intermediario, che opera per conto dell’Istante, entro una determinata scadenza e.g. entro 60 giorni dalla scadenza del buono-sconto indicata sullo stesso;
m) L’Intermediario sottopone settimanalmente all’Istante un report dettagliato contenente, fra gli altri dati, denominazione e partita IVA del rivenditore che ha raccolto il buono-sconto dal consumatore e che lo ha inoltrato all’Intermediario, tipologia di buono-sconto, valore nominale e numero totale di buoni-sconto rimborsati;
n) Le somme anticipate dall’Intermediario, per conto dell’Istante, ai rivenditori pari al valore dei buoni-sconto raccolti viene finanziariamente regolata con un trasferimento di denaro dall’Istante all’Intermediario; ovviamente, l’Intermediario addebiterà all’Istante un corrispettivo per la sua attività di gestione dell’operazione di incentivazione commerciale (tale corrispettivo esula dall’Interpello in oggetto);
o) Poiché ogni singolo buono-sconto è identificato con un codice a barre, l’Istante garantisce che esiste un sistema di tracciamento tale per cui per ciascun singolo buono-sconto è possibile risalire al rivenditore tramite il quale il prodotto è stato commercializzato ed il buono-sconto utilizzato. In altri termini, l’Istante sarà in grado di individuare le fatture emesse ai rivenditori per quei prodotti che, successivamente, daranno diritto al rimborso dello sconto.»
Secondo l’istante «L’iter della presentazione e riscossione dei buoni-sconto può, invece, essere riassunto come segue:
Il consumatore finale si reca dal rivenditore per l’acquisto di un prodotto munito di buono-sconto;
Il consumatore finale stacca/raccoglie il buono-sconto e lo presenta al rivenditore per chiedere l’applicazione dello sconto alla cassa;
Il rivenditore scannerizza il codice a barre del buono-sconto, verifica la validità e fornisce il prodotto [ALFA] al cliente; il cliente paga in contanti (o altra modalità di pagamento elettronico) il corrispettivo del prodotto [ALFA] al netto dello sconto rappresentato dal buono-sconto;
Il rivenditore invia fisicamente all’Intermediario i buoni-sconto con cadenza giornaliera/settimanale;
L’Intermediario colleziona tutti i buoni-sconto fisicamente ed invia il report settimanale a [ALFA] allo scopo di ottenerne il pagamento;
[ALFA] provvede al pagamento del valore nominale dei buoni-sconto a favore dell’Intermediario tramite RID come da report settimanale fornito dall’Intermediario;
L’Intermediario paga il valore nominale dei buoni-sconto ai rivenditori».
L’istante fa presente, altresì, che «dal punto di vista soggettivo, l’illustrato schema di incentivazione commerciale si articola in quattro diversi rapporti:
1) rapporto tra l’Istante (quale società emittente il buono-sconto) ed esercizi commerciali rivenditori consistente nella vendita del primo ai secondi dei prodotti che incorporano il buono-sconto; successivamente alla fruizione dei buoni-sconto, il rivenditore, previa verifica, otterrà (tramite l’Intermediario) il rimborso del valore nominale degli stessi;
2) rapporto tra esercizi commerciali rivenditori e consumatori finali, caratterizzato dalla presentazione dei buoni-sconto da parte di questi ultimi al fine di acquistare il prodotto [ALFA] prescelto e fruire dello sconto commerciale;
3) rapporto tra l’Intermediario e gli esercizi commerciali rivenditori consistente nel pagamento del valore nominale dei buoni-sconto dall’Intermediario ai rivenditori per conto di [ALFA];
4) rapporto tra l’Intermediario e l’Istante (quale società emittente il buonosconto) consistente nella prestazione del servizio di gestione dell’operazione di incentivazione commerciale resa (a titolo oneroso) dall’Intermediario all’Istante.»
Tanto premesso, l’istante chiede di sapere se:
1. le recenti disposizioni normative che regolano il trattamento fiscale dei voucher si applichino anche ai buoni-sconto come quelli sopra descritti.
Laddove al primo quesito sia data risposta negativa, chiede se:
2. sia possibile emettere nota di variazione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA), di ammontare pari al valore nominale del buoni sconto, al fine di ridurre l’ammontare dei corrispettivi fatturati ai rivenditori che hanno accettato il buono-sconto come mezzo di pagamento all’atto della vendita dei beni ai consumatori finali; se tale nota di variazione consenta all’istante di recuperare in detrazione, ai sensi dell’articolo 19 del decreto IVA, l’imposta incorporata nel valore del buono-sconto.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene che:
«- ai sensi del Considerando 4 della Direttiva Voucher, i buoni-sconto come quelli in oggetto rappresentino una categoria particolare di buoni incorporanti un diritto allo sconto che esula dalla disciplina sancita dalla suddetta direttiva i cui documenti ad oggetto (Voucher) contengono piuttosto un diritto ad ottenere beni o servizi;
– non essendo stata prevista alcuna normativa speciale di applicazione ai buonisconto, ai fini dell’identificazione del trattamento IVA, si deve ancora far riferimento alla disciplina delineata dalla combinazione della giurisprudenza e della prassi amministrativa succedutasi negli anni;
– sulla base degli orientamenti espressi nei suddetti documenti, la scrivente risulta essere legittimata a procedere con l’emissione di note di credito ai sensi dell’art. 26 per la somma degli importi nominali indicati nei buoni-sconto rettificando l’IVA (i.e. contabilizzando un credito IVA) per l’ammontare incluso nel valore facciale del buono stesso».
Nello specifico, l’istante intende:
«- Per i buoni-sconto rimborsati nei 12 mesi precedenti (es. 2020) all’eventuale risposta positiva a tale istanza di interpello e per i buoni-sconto futuri, emettere una nota di credito con rettifica IVA in un unico esemplare per l’importo di IVA incluso nei buoni-sconto, esercitando il diritto alla detrazione di tale IVA nell’anno in cui la nota di credito è emessa (es. 2021)
– indicare in tale nota di credito, oltre agli elementi di cui all’art. 21 del DPR 633/72, anche il riferimento alle fatture emesse ai rivenditori e gli estremi dei buonisconto che abbiano determinato la variazione della base imponibile;
– operare una variazione proporzionale tra imponibile ed imposta al momento di emissione della nota di credito;
– rispettare i termini prescritti dall’art. 26, comma 3°, D.P.R. 633/1972;
– registrare la stessa nota di credito sul solo registro degli acquisti o in rettifica sul registro vendite;
– non inviare elettronicamente la nota di credito tramite il SDI (essendo in un unico esemplare);
– archiviare la nota di variazione unitamente alla documentazione comprovante l’ammontare dei buoni-sconto rimborsati e, quindi, la correttezza dell’ammontare IVA da scomputare;- per i rimborsi dei buoni-sconto effettuati dall’Istante nel secondo anno precedente all’eventuale risposta positiva al suddetto interpello (es. 2019), e a prescindere da quando il rivenditore ha accettato il buono-sconto, procedere con un’istanza di rimborso IVA ai sensi dell’art. 30-ter del D.P.R. 633/72 non essendo in questo caso possibile emettere la nota di variazione ai sensi dell’art. 26 poiché il termine di un anno sarebbe già spirato.»
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con la Direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016 (cd “Direttiva voucher”) sono stati aggiunti alla Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (cd Direttiva IVA), gli articoli 30-bis, 30-ter, 73-bis, 410-bis e 410-ter , con al finalità di dettare la disciplina IVA dei cd “voucher” o “buoni corrispettivi”. La direttiva è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 141, che ha aggiunto gli articoli da 6-bis a 6-quater e il comma 5-bis nell’articolo 13 del decreto IVA.
Con la dizione “voucher” «si intende uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative» (così l’articolo 6-bis del decreto IVA).
I buoni possono essere:
– monouso, se al momento della loro emissione «è nota la disciplina applicabile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto» (si veda l’articolo 6-ter, comma 1, del decreto IVA).
In questo caso, ogni trasferimento del buono che precede l’operazione cui lo stesso dà diritto ne costituisce effettuazione (cfr. il successivo comma 2 del medesimo articolo 6-ter), con l’aggiunta che se la cessione di beni/prestazione di servizi è « effettuata da un soggetto diverso da quello che ha emesso detto buono-corrispettivo, è rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e si considera resa nei confronti del soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo» (così l’articolo 6-ter, comma 3, del decreto IVA);
– multiuso, quando, al momento dell’emissione «non è nota la disciplina applicabile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto» (si veda l’articolo 6- quater, comma 1, del decreto IVA).
In questa eventualità, i passaggi dei buoni che precedono la prestazione non ne costituiscono effettuazione, la quale segue le regole generali di cui all’articolo 6 del decreto IVA, «assumendo come pagamento l’accettazione del buono-corrispettivo come corrispettivo o parziale corrispettivo di detti beni o servizi» (cfr. il comma 2 del medesimo articolo 6-quater).
Come già chiarito con la risposta ad interpello n. 519 pubblicata il 12 dicembre 2019 nell’apposita sezione del sito della medesima (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agliinterpelli), tali caratteristiche consentono di escludere dall’applicazione della disciplina dei voucher:
– gli strumenti di pagamento, in quanto non includono uno specifico diritto a ricevere beni o servizi (cfr. considerando 6 della Direttiva voucher e relazione illustrativa al d.lgs. n. 141 del 2018);
– i titoli di trasporto, i biglietti di ingresso a cinema e musei, i francobolli e gli altri titoli simili (cfr. considerando 5 della Direttiva voucher);
– i c.d. buoni sconto, ossia quegli strumenti che conferiscono al titolare il diritto a uno sconto all’atto dell’acquisto di beni o servizi, ma che non danno diritto a ricevere detti beni o servizi (considerando 4 della Direttiva voucher e relazione illustrativa al d.lgs. n. 141 del 2018).
Risulta dunque condivisibile la soluzione prospettata dall’istante quanto al quesito n. 1), secondo cui ai buoni-sconto dal medesimo emessi non si applica la disciplina sopra descritta, trattandosi di strumenti che consentono solo di ottenere una riduzione del prezzo di acquisto e non anche di ricevere beni o servizi.
Quanto poi al quesito n. 2), si osserva quanto segue.
L’articolo 26, comma 2, del decreto IVA dispone che «Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25».
Il citato articolo 26 trova fondamento nell’articolo 90 della Direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 28 novembre 2006, n.2006/112/CE, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto secondo cui “In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”.
Tanto premesso, al fine di un corretto inquadramento della fattispecie prospettata, occorre verificare se i contenuti della risoluzione 147/E del 10 aprile 2008, richiamata dall’istante – con cui è stato affrontato un caso similare di una società intenzionata ad avviare un’attività promozionale che riconosceva al cliente finale, a seguito all’acquisto di un dato prodotto, il diritto al rimborso di una somma prestabilita – possano trovare applicazioni anche nel caso di specie.
Come è noto, in tale sede è stato chiarito che, sebbene l’articolo 26 del decreto IVA, non disciplini espressamente le ipotesi di variazione dell’imponibile o dell’imposta in conseguenza dell’applicazione di sconti o abbuoni concessi a un soggetto diverso da quello con il quale è stata effettuata l’operazione originaria, lo strumento della nota di variazione torna applicabile anche alle ipotesi in cui tra l’alienante e l’acquirente finale non intercorra un rapporto giuridico di compravendita diretta. Ciò in conformità a quanto precisato dalla Corte di Giustizia CE (sezione VI, n. C-319/94 del 24 ottobre 1996), secondo cui, se «E’ vero che questa disposizione si riferisce all’ipotesi normale di rapporti contrattuali, instaurati direttamente tra due parti contraenti che subiscono una modifica successiva», tuttavia, nell’ambito di un sistema promozionale che utilizza il sistema dei buoni sconto o dei buoni rimborso «per assicurare il rispetto del principio di neutralità, occorre, all’atto del calcolo della base imponibile dell’Iva, tener conto del caso di un soggetto passivo che, non essendo contrattualmente legato al consumatore finale, ma essendo il primo anello di una catena di operazioni che arriva fino a quest’ultimo, gli concede, per il tramite dei dettaglianti, uno sconto o gli rimborsa direttamente il valore dei buoni». Ne deriva che il prezzo praticato dal fornitore può essere ridotto dell’importo indicato sul buono e rimborsato quando «…un buono rimborso per un importo indicato sulla confezione dei detti prodotti dia al cliente, che comprovi l’acquisto di uno di tali prodotti e soddisfi le condizioni indicate a stampa sul buono, il diritto di consegnare il buono stesso al fabbricante ottenendo il pagamento dell’importo indicato…». Si applica, dunque, il principio di ordine generale espresso dai giudici comunitari, in base al quale, nel sistema dell’IVA, la base imponibile che deve essere riscossa dalle autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale e sul quale è stata calcolata l’IVA dovuta in definitiva da tali consumatori.
In tali casi, affinché il meccanismo dell’articolo 26 possa operare, occorre che lo sconto od abbuono concesso all’acquirente finale sia univocamente ricollegabile all’operazione originaria – che s’intende variare – posta in essere dal cedente nei confronti del rivenditore. A tal fine, nella citata risoluzione n. 147/E, il rimborso – a seguito dell’adesione all’iniziativa promozionale – della somma di denaro avveniva direttamente dalla società all’acquirente finale; la società interpellante aveva approntato un sistema di tracciamento dei prodotti venduti in grado di determinare in modo univoco e dimostrabile il collegamento – tramite il numero di serie che identifica i singoli prodotti – tra la fattura originariamente emessa nei confronti del rivenditore, lo scontrino fiscale o la fattura emessa dal rivenditore al proprio cliente finale. Ciò al fine di indicare nella nota di variazione il riferimento al numero di serie del prodotto assoggettato a sconto e il riferimento alla fattura originariamente emessa nei confronti del rivenditore.
Nel caso oggetto del presente interpello, per quanto concerne il collegamento univoco dello sconto o abbuono all’operazione originaria, fermo restando che compete agli organi deputati al controllo rilevare concretamente tale corrispondenza, sulla base di quanto esposto dall’istante, tale requisito sembrerebbe soddisfatto.
L’istante riferisce, infatti, che:
– «ogni singolo buono-sconto è identificato con un codice a barre»;
– «esiste un sistema di tracciamento tale per cui per ciascun singolo buonosconto è possibile risalire al rivenditore tramite il quale il prodotto è stato commercializzato ed il buono-sconto utilizzato»;
– è possibile «individuare le fatture emesse ai rivenditori per quei prodotti che, successivamente, daranno diritto al rimborso dello sconto».
E’, altresì, in linea con quanto precisato nella risoluzione 147/E, la scelta dell’istante di indicare «in tale nota di credito, oltre agli elementi di cui all’art. 21 del DPR 633/72, anche il riferimento alle fatture emesse ai rivenditori e gli estremi dei buoni-sconto che abbiano determinato la variazione della base imponibile».
Non è di ostacolo la circostanza che nella risoluzione 147/E il rimborso della somma di denaro avvenga direttamente dalla società all’acquirente finale, posto che, dalla descrizione emerge che l’intermediario agisce in nome e per conto dell’istante nel rimborsare lo sconto o abbuono ai rivenditori che a loro volta consentono all’utente finale di utilizzare il buono-sconto, pur continuando a certificare il prodotto ceduto per il suo valore originario, al lordo dello sconto.
E’, infine, possibile come già chiarito con la risoluzione sopra citata, l’emissione di un unico documento di variazione per tutti i buoni-sconto rimborsati in un determinato periodo, purché le transazioni siano univocamente individuate mediante:
a) la data;
b) il numero progressivo attribuito alla stessa nota;
c) il numero di riferimento dei buoni-sconto utilizzati;
d) il valore dei buoni-sconto, ripartito tra imponibile, imposta ed aliquota applicata;
f) il riferimento alla fattura originaria emessa nei confronti del rivenditore cui la nota di accredito si riferisce e che si intende variare.
Detta nota, che può anche non transitare in SDI, trattandosi di una variazione interna, deve essere annotata sul solo registro degli acquisti, o in rettifica sul registro vendite, e archiviata unitamente alla documentazione comprovante l’ammontare dei buoni-sconto rimborsati.
Quanto, infine, al quesito n. 3) si osserva che, al verificarsi del presupposto – utilizzo del buono-sconto – il diritto alla detrazione dell’IVA recuperata con la nota di variazione va esercitato entro il termine individuato dall’articolo 26 del decreto IVA (esercizio del diritto alla detrazione, fino al 31 dicembre 2016, “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”, e, dal 1° gennaio 2017, “al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”). Ne deriva che, nel caso di specie, il recupero può riguardare i buoni-sconto rimborsati nel periodo d’imposta 2020 e quelli che saranno rimborsati negli anni futuri.
Non è, invece, recuperabile l’IVA relativa ai buoni-sconto utilizzati ante 2019.
Né, peraltro, è possibile il ricorso all’istituto disciplinato dall’articolo 30-ter del decreto IVA che, essendo norma residuale ed eccezionale, trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso di specie l’emissione di una nota di variazione in diminuzione).
Il suddetto istituto, infatti, non può essere utilizzato ordinariamente per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo.
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