La Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 26084 depositata il 16 settembre 2020 in tema di reato omessa dichiarazione di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000 ha ribadito che “la configurabilità del reato di omessa dichiarazione ex art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 e succ. mod., è soltanto necessario che l’imposta evasa, con riferimento a taluna delle singole imposte considerate, sia superiore a 50.000 Euro e ciò comporta che la valutazione sul superamento della soglia di punibilità rileva in via alternativa, nel senso che è sufficiente, affinché il reato sia integrato, il superamento della soglia di punibilità anche di una sola delle imposte rientranti nell’ambito di operatività della fattispecie incriminatrice, e che detta valutazione di superamento della soglia deve essere operata in maniera specifica, non potendosi sommare, ai fini della determinazione dell’imposta evasa, le imposte sui redditi e quelle sull’Iva.”
La vicenda ha riguardato un contribuente accusato del reato di cui all’art. 5 d.lgs 74/2000 a seguito dell’avviso di accertamento induttivo emesso dall’Agenzia delle Entrate. Il Tribunale condannava l’imputato per il reato ascritto. Avverso la decisione del giudice di prime cure il condannato proponeva appello. La Corte di Appello confermava la sentenza impugnata. Avverso la sentenza di appello l’imputato proponeva ricorso in cassazione fondato su otto motivi.
Gli Ermellini annullavano senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla recidiva.
I giudici di legittimità ricordano che il reato di omessa dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto è oggetto, in particolare, di accertamento non induttivo e quindi legittimo in sede penale quando la determinazione delle imposte evase è operata tenendo conto soltanto dei ricavati aziendali in assenza di elementi fattuali che facciano ritenere l’esistenza di costi aziendali.
Inoltre nella sentenza in commento si evidenzia che in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva (art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000), è rimesso al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio detraibili, mediante una verifica che privilegia il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale e che per discostarsi dal dato quantitativo risultante dall’accertamento dovrà basare il proprio divergente giudizio sulla base di elementi di fatto emersi e provati in dibattimento
Infine viene precisato che in tema di reati tributari, ai fini della prova del reato di dichiarazione infedele, il giudice può fare legittimamente ricorso ai verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, nonché ricorrere all’accertamento induttivo dell’imponibile quando le scritture contabili imposte dalla legge siano state irregolarmente tenute e, dall’altro, che il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento, in tema di responsabilità dell’imputato per omessa annotazione di ricavi, sia sull’informativa della G.d.F. che abbia fatto riferimento a percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati mercato, che sull’accertamento induttivo dell’imponibile operato dall’ufficio finanziario quando la contabilità imposta dalla legge non sia stata tenuta regolarmente. Ciò a condizione che il giudice non si limiti a constatarne l’esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in esso evidenziati, ma proceda a specifica, autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti aliunde.
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