AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 aprile 2022, n. 224
Regime fiscale dei dividendi italiani e delle plusvalenze da cessione di partecipazioni in società italiane conseguiti da ente pubblico estero che svolge attività di gestione finanziaria di risorse pubbliche per la costituzione di riserve a beneficio del sistema previdenziale obbligatorio estero
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante o Fondo è un ente pubblico nazionale a carattere amministrativo (“établissement public national à caractère administratif“) istituito ai sensi della legge della Repubblica francese XXX, n. XXX, riguardante la riforma del sistema pensionistico francese.
Il Fondo nasce nel 1999 come divisione contabile di Alfa, l’ente previdenziale francese deputato a garantire sia il c.d. “salario differito” in vecchiaia, sia la c.d. “ridistribuzione” per la solidarietà nazionale. In seguito, con la richiamata legge n. XXX, esso ha acquisito la natura di ente pubblico con soggettività autonoma e l’attività istituzionale vera e propria è stata avviata nel 2004.
Lo scopo del Fondo è di evitare squilibri nel sistema pensionistico francese, tenuto conto che, nella seconda metà degli anni novanta, il Conseil d’Orientation pour les Retraites – ente nazionale permanente deputato a monitorare la solidità del sistema pensionistico francese – aveva stimato che, con l’ingresso nell’età pensionabile dei c.d. ” baby boomers” e il progressivo allungamento della speranza di vita globale, il disavanzo riferibile ai lavoratori dipendenti del settore privato si sarebbe ampliato bruscamente tra il 2020 e il 2040.
Il Fondo è qualificato dalla legge francese come “agenzia” ed è un ente pubblico strumentale dello Stato francese, denominato fondo in quanto ha lo scopo di costituire una riserva a favore del sistema pensionistico francese obbligatorio. In altri termini, lo stato francese assegna al Fondo istante delle risorse, in parte provenienti da enti previdenziali obbligatori e in parte da altri enti pubblici aventi diversa natura, allo scopo di investirle e farle fruttare per far fronte al disavanzo del sistema previdenziale obbligatorio e quindi assicurare l’erogazione delle future pensioni obbligatorie in favore degli aventi diritto.
Le risorse gestite dal Fondo provengono in parte da enti previdenziali (Alfa e Beta) e in parte da altri enti pubblici francesi, secondo proporzioni decise normativamente dal Ministro della previdenza sociale e dal Ministro del bilancio.
Inoltre, il Fondo gestisce una quota del contributo eccezionale e forfettario (c.d. “Contributo Speciale”) dovuto dalle società operanti nel settore dei servizi pubblici dell’elettricità e del gas a Gamma.
Il Fondo non eroga prestazioni pensionistiche ma ha il compito di gestire le risorse assegnate dallo Stato per le descritte finalità. Inoltre, non è un ente partecipato dagli enti di cui gestisce le risorse.
Sempre in forza di disposizione di legge, l’ Istante restituisce le risorse, con i proventi maturati per effetto della gestione, a enti pubblici in parte diversi da quelli da cui le risorse provengono, cioè a Delta e a Gamma .
Pertanto, la missione del Fondo consiste nel gestire le risorse pubbliche assegnate e nel generare rendimenti per contribuire a garantire il futuro dei piani pensionistici c.d. “pay-as-you-go nel lungo termine” (PAYGO), con l’obbligo – a determinate scadenze – di mettere a disposizione del sistema pensionistico francese importi determinati ai sensi di legge.
Il Fondo può reinvestire i proventi derivanti dai propri investimenti, al netto delle risorse che è tenuto a erogare.
Le risorse, assegnate al Fondo in sede di costituzione, sono state gestite e mantenute in capo al Fondo medesimo fino al 1° gennaio 2011. A partire da questa data, il Fondo ha erogato e, fino al 2024, erogherà, entro il 31 ottobre di ciascun anno, 2,1 miliardi di euro a Delta, ente previdenziale francese deputato al finanziamento dei disavanzi del sistema pensionistico nazionale. Dal 2025 e sino al 2033, il Fondo pagherà altri 1,45 miliardi di euro, entro il 31 ottobre di ciascun anno.
Una destinazione speciale è prevista con riferimento al Contributo Speciale e ai proventi derivanti dagli investimenti dello stesso, i quali – al netto dei costi corrisposti al Fondo – sono retrocessi a Gamma a partire dal 2020.
L’amministrazione del Fondo è affidata a un supervisory board e a un executive board. Il supervisory board delinea le politiche di investimento e verifica la gestione del Fondo. L’ executive board applica le politiche di investimento, è responsabile degli investimenti e aggiorna il supervisory board circa l’andamento degli investimenti medesimi.
Le politiche di investimento, in particolare, sono informate a principi di prudenza e diversificazione del rischio finalizzati ad assicurare il rispetto degli obiettivi che la legge francese impone al Fondo ( i.e., investimenti che promuovano un’economia bilanciata e uno sviluppo sociale e ambientale e consentano al Fondo di finanziare il disavanzo del sistema pensionistico).
Nel quadro della propria politica di investimento, il Fondo pone in essere e gestisce investimenti in diversi tipi di asset fra i quali sono ricomprese anche le partecipazioni al capitale di società fiscalmente residenti in Italia, quotate e non (“Società Italiane”). Al riguardo, il Fondo rappresenta che in base all’ordinanza governativa del XXX – e salvo determinati casi – è precluso al Fondo medesimo di detenere partecipazioni al capitale di società quotate maggiori del 3 per cento.
A fronte dell’investimento nelle Società Italiane, il Fondo ritrae:
– dividendi distribuiti dalle Società Italiane; e
– plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni in Società Italiane.
In considerazione di quanto rappresentato, il Fondo ha chiesto di sapere se possiede i requisiti per:
1. beneficiare dell’applicazione della ritenuta ridotta dell’11 per cento, o della corrispondente imposta sostitutiva, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 27, comma 3, secondo periodo, e dell’articolo 27- ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;
2. beneficiare dell’esenzione da imposizione in Italia sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in Società Italiane, ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione Italia-Francia;
3. beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulle transazioni finanziarie (cd. ITF), prevista, per le cessioni di azioni o strumenti finanziari partecipativi rilevanti ai fini dell’imposta a favore di soggetti qualificati operanti in ambito previdenziale, dall’articolo 16, comma 5, del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato il 21 febbraio 2013, in attuazione dell’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (di seguito, legge di stabilità 2013), che ha istituito la predetta ITF.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento al quesito sub 1 – riguardante l’applicazione dell’aliquota ridotta dell’11 per cento sui dividendi conseguiti dalle Società Italiane, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, secondo periodo, e dell’articolo 27- ter del d.P.R. n. 600 del 1973 – l’Istante ritiene che nella fattispecie rappresentata ricorrano i requisiti per l’applicazione della predetta aliquota ridotta.
A tal fine, evidenzia che la natura di fondo pensione richiesta dalla norma ai fini dell’applicazione della tassazione ridotta risulterebbe dai seguenti elementi.
In primo luogo, l’ Istante svolge la funzione di gestione di risorse pubbliche, provenienti, in parte da enti previdenziali – e, cioè, Alfa, Beta e Gamma – e in parte da altri enti pubblici francesi. I risultati della gestione sono erogati dall’ Istante a enti in parte diversi da quelli che finanziano le citate risorse e, cioè, Delta e Gamma. In secondo luogo, l’ Istante gestisce queste risorse secondo una politica di investimento tipica degli enti previdenziali e tale gestione è soggetta a controlli di carattere pubblicistico e, in particolare, alla supervisione governativa del Ministro della previdenza sociale e del Ministro dell’economia e del bilancio, oltre a quella generale sugli enti pubblici.
In terzo luogo, tutte le risorse gestite dall’ Istante hanno una destinazione vincolata al soddisfacimento di obblighi di carattere previdenziale, in particolare all’abbattimento del disavanzo fra contributi ricevuti e prestazioni previdenziali erogate previsto nel sistema pensionistico francese.
Alla luce di quanto precede, l ‘Istante ritiene di assolvere pienamente alla funzione di investimento tipica di un fondo pensione e di qualificarsi pertanto alla stregua di “fondo pensione” ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta dell’11 per cento sui dividendi distribuiti dalle Società Italiane.
Con riferimento al quesito sub 2, l’ Istante ritiene che nella fattispecie rappresentata sussistano i requisiti per beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 13 della Convenzione Italia Francia in relazione alle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni nelle Società Italiane.
A tal fine, l’ Istante premette che in base agli articoli 23 e 67 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), il regime fiscale interno delle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti attraverso la cessione di azioni o quote in società italiane è diverso in base alla natura “non qualificata” o “qualificata” delle partecipazioni.
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni “non qualificate” sono soggette a differenti regimi fiscali a seconda che le partecipazioni siano o meno relative a una società quotata in mercati regolamentati. In particolare:
1) se la società è quotata, le plusvalenze, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera f), n. 1), del Tuir, non sono territorialmente rilevanti in Italia e, dunque, sono escluse da imposizione;
2) se la società è non quotata, le plusvalenze, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono assoggettate a imposta sostitutiva del 26 per cento, eccezion fatta per il caso in cui il percettore sia:
– residente in uno Stato o territorio che consenta un adeguato scambio di informazioni (come nel caso della Francia);
– un ente o un organismo internazionale istituito in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
– un investitore istituzionale estero, ancorché privo di soggettività tributaria, costituito in un Paese che consenta un adeguato scambio di informazioni (come nel caso della Francia), o
– una banca centrale o un organismo che gestisce anche le riserve ufficiali dello Stato estero.
Diversamente, le plusvalenze che derivano dalla cessione di partecipazioni “qualificate” sono assoggettate all’imposta sostitutiva del 26 per cento, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 23, comma 1, lettera f), del Tuir e dell’articolo 5 del citato d.lgs. n. 461 del 1997.
Nel riferito contesto normativo, occorre, tuttavia, considerare che, in base all’articolo 13, comma 4, della Convenzione Italia-Francia le plusvalenze derivanti dalla cessione di azioni o quote in società italiane sono imponibili soltanto nel Paese di residenza dell’alienante (nel caso di specie, in Francia).
Detta previsione è, però, derogata dal Protocollo allegato alla Convenzione (il “Protocollo”), il quale, al punto 8, lettera b), stabilisce che la plusvalenza è imponibile anche nello Stato in cui risiede la società le cui partecipazioni sono oggetto di alienazione (nel caso di specie, l’Italia), se la partecipazione detenuta dall’alienante sia una c.d. “partecipazione importante”, cioè una partecipazione in cui il cedente detiene azioni o quote che danno il diritto ad almeno il 25 per cento degli utili della società.
Pertanto, alla luce di quanto precede, l’ Istante ritiene che le plusvalenze realizzate attraverso la cessione di partecipazioni non qualificate, sia quotate sia non quotate, non siano da assoggettare a tassazione per effetto del combinato disposto dell’articolo 23, comma 1, lettera f), n. 1), del Tuir e dell’articolo 5, comma 5, del d.lgs. n. 461 del 1997.
Con riferimento alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, l’ Istante ritiene che:
1) se le azioni sono quotate, e considerato che le partecipazioni dell’ Istante nelle Società Italiane quotate non possono eccedere il 3 per cento del capitale, la tassazione in Italia è esclusa in quanto l’ Istante è un soggetto residente in Francia ai sensi della citata Convenzione (articolo 13, comma 4);
2) se le azioni sono non quotate, occorre distinguere se la partecipazione è inferiore o meno al 25 per cento del capitale della società italiana:
a) se la partecipazione al capitale è inferiore al 25 per cento, la tassazione in Italia è esclusa in quanto l’ Istante è soggetto residente in Francia ai sensi della citata Convenzione (articolo 13, comma 4);
b) se la partecipazione al capitale è almeno pari al 25 per cento, la tassazione in Italia è applicabile in base alla normativa domestica e al Protocollo (articoli 23, comma 1, lettera f), del Tuir e 5 del d.lgs. n. 461 del 1997, nonché punto 8, lettera b), del Protocollo).
Con specifico riferimento ai casi in cui la non imponibilità delle plusvalenze in Italia derivi dall’applicazione della Convenzione, l’ Istante riferisce di essere un soggetto che, seppur esente, è teoricamente soggetto all’imposta sul reddito delle società in Francia e si qualifica quindi come residente ai sensi della Convenzione.
L’ Istante, peraltro, si considera soggetto residente in Francia ai sensi della citata Convenzione anche perché ha natura di ente pubblico istituito ai sensi della legge francese (” établissement public national à caractère administratif“) e ricade nella definizione di ” Stato e ogni sua suddivisione politica, amministrativa o ente locale”. A tale proposito, l’ Istante richiama il Commentario al Modello OCSE (articoli 1 e 4), secondo cui il governo di ciascuno Stato, così come qualsiasi sua suddivisione politica o ente, è residente di quello Stato ai fini delle Convenzioni contro le doppie imposizioni concluse da tale Stato.
Ai fini della non imponibilità delle plusvalenze in Italia, l’applicabilità della Convenzione non è disattesa dalla disposizione di cui al punto 15 del Protocollo ai sensi del quale, qualora uno Stato (nel caso in oggetto, l’Italia) debba astenersi dal tassare un determinato reddito sulla base della Convenzione (come nel caso delle partecipazioni qualificate, con partecipazioni al capitale inferiori al 25 per cento del capitale delle Società Italiane), ciò varrebbe solo se e nella misura in cui detto reddito fosse imponibile nell’altro Stato (e, cioè, la Francia) (c.d. ” subject to tax clause“).
In proposito, l’ Istante fa presente che, in qualità di soggetto pubblico, non è soggetto a imposta in quanto il “reddito” prodotto è vincolato al soddisfacimento di un interesse pubblico. Qualora lo Stato francese applicasse un prelievo fiscale sulle plusvalenze, tale prelievo ridurrebbe la capacità dell’ Istante di finanziare il disavanzo correlato al sistema previdenziale nazionale, con la conseguenza che la Francia dovrebbe nuovamente dotare il sistema previdenziale di risorse pari alle imposte prelevate sulle plusvalenze.
Pertanto, il mancato assoggettamento a imposta in Francia delle plusvalenze realizzate dall’ Istante non è dovuto a una scelta di politica fiscale volta a favorire una specifica componente di reddito ovvero ad agevolare determinate categorie di contribuenti, ma a una considerazione di efficienza di finanza pubblica. In definitiva, e sempre in considerazione del fatto che le partecipazioni in Società Italiane quotate detenute dall’ Istante non possono eccedere il 3 per cento del capitale sociale, l’ Istante ritiene che le plusvalenze realizzate per effetto della relativa cessione non siano territorialmente rilevanti o imponibili in Italia, secondo i casi, nei termini innanzi precisati, salva l’ipotesi in cui le plusvalenze riguardino partecipazioni qualificate con partecipazione pari o superiore al 25 per cento del capitale di Società Italiane non quotate.
Con riferimento al quesito sub 3, in relazione alle cessioni di azioni e/o strumenti finanziari partecipativi in società per azioni residenti in Italia, l’ Istante ritiene di poter beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 16, comma 5, del d.m. 21 febbraio 2013.
A tal fine, rammenta che la menzionata disposizione prevede l’esenzione dall’imposta nelle ipotesi in cui le predette cessioni siano effettuate in favore di:
– fondi pensione sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2003/41/CE;
– enti di previdenza obbligatoria istituiti negli stati membri dell’UE e negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che consentano un adeguato scambio di informazioni;
– altre forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252;
– soggetti ed enti partecipati esclusivamente dai soggetti di cui ai punti precedenti.
Secondo l’Istante, il predetto articolo 16, comma 5 dispone un’ampia esenzione dall’Imposta sulle Transazioni Finanziarie “quando il trasferimento di partecipazioni e/o strumenti finanziari partecipativi avvenga a favore di qualsiasi soggetto il cui investimento sia riconducibile all’ambito della funzione previdenziale”.
Tenuto conto delle modalità di svolgimento dell’attività di investimento e delle finalità perseguite che, come precedentemente osservato, sono orientate alla sostenibilità del sistema previdenziale francese mediante la copertura dei disavanzi da quest’ultimo generati, l’ Istante ritiene di poter fruire della esenzione disposta dall’articolo 16, comma 5, del citato decreto ministeriale.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con il quesito sub 1, l’Istante ha chiesto di sapere se possiede i requisiti per beneficiare dell’applicazione del trattamento fiscale (aliquota ridotta dell’11 per cento in luogo di quella ordinaria del 26 per cento) previsto dall’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per i dividendi corrisposti dalle società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), ai fondi pensione non residenti.
L’articolo 27, comma 3, primo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che «La ritenuta è operata a titolo d’imposta e con l’aliquota del 27 per cento (recte 26) sugli utili corrisposti a soggetti non residenti nel territorio dello Stato diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».
La riportata disposizione prevede, in linea generale, che gli utili corrisposti da soggetti residenti in Italia (società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del Tuir) a soggetti non residenti subiscono una ritenuta alla fonte a titolo di imposta pari al 26 per cento. Tale regola generale è derogata:
– nell’ipotesi in cui i destinatari degli utili siano società ed enti commerciali non residenti soggetti a un’imposta sul reddito delle società negli Stati di provenienza ai sensi del comma 3-ter dello stesso articolo 27, per i quali si applica una ritenuta dell’1,20 per cento, corrispondente all’imposta dovuta sugli utili conseguiti da società ed enti commerciali residenti ex articolo 89, comma 2, del Tuir;
– nell’ipotesi in cui i destinatari degli utili siano organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE e a OICR, non conformi alla citata direttiva 2009/65/CE, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, per i quali la ritenuta non si applica in base all’articolo 27, comma 3, ultimo periodo;
– nell’ipotesi in cui i destinatari dei dividendi siano fondi pensione istituiti in uno Stato dell’Unione Europea (UE) o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), per i quali è prevista una ritenuta dell’11 per cento in base all’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del medesimo d.P.R..
Con particolare riferimento a tale ultima ipotesi, di interesse in questa sede, l’articolo 27, comma 3, secondo periodo, dispone che «L’aliquota della ritenuta è ridotta all’11 per cento sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917». Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta dell’11 per cento nel caso in esame è necessario stabilire se l’Istante abbia la natura di “fondo pensione”. Al riguardo, è utile precisare che il concetto di “fondo pensione” preso in considerazione dalla riportata disposizione si ricollega alle forme pensionistiche complementari attualmente disciplinate nell’ordinamento tributario domestico dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Infatti, l’aliquota dell’11 per cento, originariamente pari al 27 per cento, è stata così modificata dall’articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (c.d. legge Comunitaria 2008), in quanto il regime fiscale dei dividendi di fonte italiana era discriminatorio nei confronti dei fondi di previdenza complementare di diritto estero. Invero, per i fondi pensione italiani (i.e, le forme di previdenza complementare italiane), i dividendi rientravano (e continuano a rientrare) nel risultato netto di gestione, assoggettato a imposta sostitutiva con l’aliquota (allora vigente) dell’11 per cento, in base alla disposizione di cui all’articolo 17 del citato d.lgs. n. 252 del 2005. Diversamente, per i fondi pensione esteri, i dividendi di fonte italiana erano soggetti alla ritenuta alla fonte del 27 per cento. Il richiamato articolo 17 del d.lgs. n. 252 del 2005 reca il regime tributario delle forme pensionistiche complementari al quale si è uniformato il terzo comma dell’articolo 27 del d.P.R. n. 600 del 1973 che, tramite l’introduzione del secondo periodo, ha livellato il carico tributario dei dividendi conseguiti dai fondi pensione italiani a quello dei fondi esteri. Riferendosi, quindi, il concetto di “fondo pensione” di cui al citato articolo 27, comma 3, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973, a forme di previdenza complementare, ai fini di ritenere applicabile nei confronti dell’Istante l’aliquota dell’11 per cento, quest’ultimo deve presentare i requisiti sostanziali e le finalità di investimento proprie di un fondo previdenziale integrativo.
Ai predetti fini, è utile precisare che secondo l’ordinamento domestico e, in particolare, in base alla disposizione di cui all’articolo 1, comma 4, del citato d.lgs. n. 252 del 2005, le forme pensionistiche complementari sono attuate mediante la costituzione di appositi fondi o patrimoni separati, la cui denominazione deve contenere l’indicazione di “fondo pensione”, la quale non può essere utilizzata da altri soggetti. I fondi pensione sono enti non commerciali e perseguono una finalità esclusivamente previdenziale di natura integrativa rispetto a quella previdenziale obbligatoria. Le risorse che i fondi pensione raccolgono presso i propri iscritti, aderenti o associati, mediante il versamento di contributi e/o il conferimento del trattamento di fine rapporto (in tutto o in parte), non sono gestite “in proprio” dai fondi pensione, bensì attraverso gestori professionali secondo criteri di prudenza e di diversificazione del rischio finalizzati ad assicurare agli iscritti, al verificarsi delle condizioni stabilite, l’erogazione di prestazioni previdenziali integrative di quelle obbligatorie. Una volta precisate, in linea generale, le caratteristiche essenziali che un fondo pensione deve presentare secondo l’ordinamento italiano, si ritiene che nella fattispecie in argomento non sia possibile riconoscere all’Istante la natura di fondo di previdenza complementare, nel senso richiesto dalla norma.
Come evidenziato, infatti, l’Istante è un ente pubblico istituito ai sensi della legge francese del XXX, n. XXX con la precisa finalità di ridurre i futuri squilibri del sistema pensionistico francese. In particolare, l’articolo XXX della citata legge prevede specificamente che l’Istante è un’agenzia di proprietà pubblica, finanziata dallo Stato, denominata “XXX” e posta sotto la supervisione dello Stato medesimo. Detto ente è costituito allo scopo di gestire le somme ad esso assegnate -in parte provenienti da enti previdenziali e in parte da altri enti pubblici – al fine di costituire riserve destinate a contribuire alla sostenibilità nel lungo periodo dei piani pensionistici PAYGO. In base al medesimo articolo XXX, la riserva è costituita a beneficio di piani di assicurazione per la vecchiaia obbligatori nonché di Alfa.
Le riferite peculiarità evidenziano che l’Istante, gestendo risorse pubbliche per conto dello Stato francese finalizzate alla costituzione di riserve a beneficio del sistema previdenziale obbligatorio, non può assimilarsi a un fondo pensione.
Conseguentemente, non potrà beneficiare dell’applicazione del trattamento fiscale di cui all’articolo 27, comma 3, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973, che prevede una ritenuta alla fonte a titolo di imposta dell’11 per cento sui i dividendi corrisposti dalle società ed enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del Tuir ai fondi pensione non residenti. Sui predetti dividendi, l’Istante subirà la ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento di cui all’articolo 27, comma 3, primo periodo, del medesimo d.P.R.. Ai sensi dell’articolo 27-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, qualora i dividendi siano corrisposti da società ed enti residenti le cui azioni sono immesse nel sistema di deposito accentrato gestito da Monte Titoli S.p.A. – come avviene per le società le cui azioni sono quotate in mercati regolamentati italiani – trova applicazione, in luogo della ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, un’imposta sostitutiva applicata con la medesima aliquota e riscossa da parte degli intermediari aderenti al sistema accentrato presso i quali tali titoli sono depositati.
Con il quesito sub 2, l’Istante ha chiesto di sapere se possiede i requisiti per beneficiare dell’esenzione da imposizione in Italia sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in Società Italiane, ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione Italia-Francia, firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 e ratificata con legge 7 gennaio 1992, n. 20 (di seguito, Convenzione o il Trattato). Al riguardo, occorre preliminarmente verificare se il Fondo istante abbia o meno lo status di “persona residente” per invocare i benefici convenzionali (cfr. articolo 1 della Convenzione).
L’articolo 3, paragrafo, 1, lettera d), della Convenzione specifica che «il termine “persona” comprende le persone fisiche, le società ed ogni altra associazione di persone». Inoltre, la successiva lettera e) stabilisce che «il termine “società” designa qualsiasi persona giuridica o qualsiasi ente che è considerato persona giuridica ai fini dell’imposizione». Inoltre, ai sensi del successivo articolo 4, paragrafo 1, «ai fini della presente Convenzione, l’espressione “residente di uno Stato” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga». Il requisito della “liability to tax” è chiarito dal paragrafo 8.11 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE (versione novembre 2017), in cui si precisa che la nozione di residenza non implica necessariamente l’effettivo assoggettamento a imposizione da parte dello Stato contraente. Oltre ai fondi pensione riconosciuti, cui – attualmente – fa espresso richiamo il paragrafo 1 dell’articolo 4 del Modello OCSE, il Commentario cita l’esempio di charities e di altre organizzazioni che possono essere esenti da imposizione perché integrano i requisiti richiesti dalla normativa interna e sono, pertanto, soggetti alle disposizioni fiscali di quel Paese.
Nel caso di specie, si concorda con l’Istante laddove afferma che lo stesso può essere considerato residente ai fini convenzionali in quanto ente pubblico francese che, seppur esente, ricade nell’ambito applicativo dell’imposta sulle società (circostanza qui assunta acriticamente non essendo verificabile in questa sede). Pertanto, in linea di principio, l’Istante può invocare i benefici previsti nel Trattato (ad esempio, può fruire della aliquota ridotta prevista per le ritenute sui dividendi distribuiti da società italiane).
Per quanto concerne nello specifico la tassazione delle plusvalenze, si evidenzia che, in base all’articolo 13, paragrafo 4, della citata Convenzione, le plusvalenze da cessione di partecipazioni sono imponibili solo nello Stato dove l’alienante è residente, nel caso in esame in Francia. Occorre, tuttavia, considerare il paragrafo 8 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione, il quale prevede due disposizioni che derogano a quanto stabilito nel citato articolo 13, paragrafo 4, consentendo di assoggettare ad imposizione la plusvalenza anche nel Paese della fonte, vale a dire nello Stato di residenza della società “ceduta” (nel caso in esame in Italia). La prima deroga riguarda le società immobiliari ed è contenuta nella lettera a) del citato paragrafo 8. La successiva lettera b) del paragrafo 8 riguarda le partecipazioni “importanti” e dispone che «nonostante le disposizioni del paragrafo 4 dell’articolo 13, gli utili derivanti dall’alienazione di azioni o di quote diverse da quelle considerate alla lettera a) e facenti parte di una partecipazione importante nel capitale di una società residente di uno Stato, sono imponibili in detto Stato, secondo le disposizioni della sua legislazione interna. Si considera che esista una partecipazione importante se il cedente, da solo o con persone associate o collegate, dispone direttamente o indirettamente di azioni o di quote che danno complessivamente diritto ad almeno il 25% degli utili della società». Inoltre, ai fini della trattazione in esame, assume rilevanza quanto stabilito nel paragrafo 15 del citato Protocollo: «nei casi in cui, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, un reddito deve essere esentato da parte di uno dei due Stati, l’esenzione viene accordata se e nei limiti in cui detto reddito è imponibile nell’altro Stato». La citata disposizione aggiuntiva introduce una “subject to tax clause” in base alla quale l’esenzione deve essere concessa dall’Italia a condizione e nella misura in cui il reddito sia “imponibile” in Francia. La norma in esame utilizza il termine “imponibile” e non “assoggettabile ad imposta”, come avviene invece in tema di residenza fiscale. In particolare, si evidenzia che nel paragrafo 15 del testo in inglese del Protocollo viene utilizzato il termine “taxable“, mentre nell’articolo 4 della Convenzione si fa riferimento alla nozione di “liable to tax“. Dall’analisi del testo della Convenzione emerge, dunque, una chiara differenza tra il requisito, più generale, di potenziale assoggettamento a tassazione accolta dagli Stati contraenti in relazione alla residenza fiscale e la condizione del “subject to tax” cui gli stessi Stati subordinano l’attribuzione di una potestà impositiva esclusiva.
In altri termini, l’Italia deve astenersi, conformemente alle disposizioni convenzionali, dall’esercitare la sua potestà impositiva su un reddito se e nei limiti in cui tale reddito sia conseguito da un soggetto considerato residente in Francia ed ivi assoggettato ad imposizione. Diversamente, se tale condizione non viene realizzata, l’Italia può assoggettare ad imposta il reddito secondo le disposizioni interne. A differenza di quanto sostenuto dall’Istante, la disposizione del paragrafo 15 del Protocollo trova applicazione a prescindere dalle motivazioni sottostanti alla scelta di non tassare un determinato reddito operata dallo Stato titolato ad esercitare la potestà impositiva esclusiva. Nel caso di specie, nella prospettiva dello Stato italiano, è irrilevante la circostanza che l’esenzione nella Repubblica transalpina delle plusvalenze realizzate dall’Istante non sia dovuta ad agevolazioni fiscali concesse a favore di determinate categorie di contribuenti bensì riconosciuta in virtù di “una considerazione di efficienza di finanza pubblica”. Pertanto, si ritiene che le plusvalenze realizzate dall’Istante siano imponibili in Italia se ricorrono i requisiti previsti dall’articolo 23 del Tuir e se si tratti di partecipazioni “importanti” come definite dal paragrafo 8, lettera b), del Protocollo aggiuntivo.
Per le plusvalenze realizzate dall’Istante a seguito di cessione di partecipazioni diverse da quelle precedenti, si precisa quanto segue:
– se si tratta di partecipazioni “non qualificate” (secondo quanto disposto nell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Tuir) e relative a società italiane “quotate”, le plusvalenze realizzate dal soggetto non residente si considerano non territorialmente rilevanti in Italia e, dunque, escluse da imposizione ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera f), n. 1 del Tuir;
– se si tratta di partecipazioni “non qualificate” (ex articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Tuir) e “non quotate”, le plusvalenze realizzate dall’Istante, sebbene territorialmente rilevanti in Italia, non risultano imponibili ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461. Ciò in quanto l’Istante è un soggetto residente in uno Stato che assicura un adeguato scambio di informazioni con l’Italia;
– se si tratta di partecipazioni qualificate (ex articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir), sono assoggettate ad imposta sostitutiva del 26 per cento ai sensi del combinato disposto dell’articolo 23, comma 1, lettera f) del Tuir e dell’articolo 5 del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461 (non trovando applicazione – per le motivazioni sopra esposte – l’esenzione di cui all’articolo 13, comma 4, della Convenzione). Con il quesito sub 3, l’Istante ha chiesto di sapere se possiede i requisiti per beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulle transazioni finanziarie prevista, per le cessioni di azioni o strumenti finanziari partecipativi rilevanti ai fini dell’imposta a favore di soggetti qualificati operanti in ambito previdenziale, dall’articolo 16, comma 5, del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato il 21 febbraio 2013. Con l’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge di stabilità 2013, è stata introdotta nel nostro ordinamento l’imposta sulle transazioni finanziarie (ITF o FTT).
In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 491, della predetta legge di stabilità 2013, l’imposta sulle transazioni finanziarie si applica, con l’aliquota dello 0,2 percento sul valore della transazione, ai trasferimenti della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi di cui al sesto comma dell’articolo 2346 del codice civile, emessi da società residenti nel territorio dello Stato italiano, e al trasferimento dei titoli rappresentativi dei predetti strumenti, a prescindere dal luogo di residenza del soggetto che emette il certificato. L’imposta è dovuta dal soggetto a favore del quale avviene il trasferimento, e trova applicazione a prescindere dalla residenza dei contraenti e dal luogo di conclusione della transazione. L’aliquota è ridotta alla metà, pari allo 0,1 per cento, per le transazioni effettuate nei mercati regolamentati e nei sistemi multilaterali di negoziazione. Sono esclusi dall’imposta i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emesse da società la cui capitalizzazione media, nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà, sia inferiore a 500 milioni di euro.
Le modalità di attuazione delle norme previste dall’articolo 1, commi da 491 a 500, della legge di stabilità 2013, sono state definite con il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato il 21 febbraio 2013, pubblicato nella G.U. n. 50 del 28 febbraio 2013, come modificato dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 18 marzo 2013 e dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 16 settembre 2013 (di seguito, “decreto FTT”).
Con riferimento alla fattispecie in esame, si rileva che l’ipotesi di esenzione richiamata dall’Istante è disposta dall’articolo 1, comma 494, lettera c) della citata legge n. 228 del 2012, che prevede che l’imposta di cui ai commi 491 e 492 non si applica “agli enti di previdenza obbligatoria, nonché alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252”. Al riguardo, l’articolo 16, comma 5, del decreto FTT ha disposto che l’imposta «non si applica ai fondi pensione sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2003/41/CE ed agli enti di previdenza obbligatoria, istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° settembre 1996 e successive modificazioni, nonché alle altre forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. L’esenzione si applica, altresì, in caso di soggetti ed enti partecipati esclusivamente dai soggetti di cui al periodo precedente». Nella Relazione illustrativa del citato decreto FTT è specificato che nell’articolo 16 «vengono delineate con maggiore precisione le esenzioni dall’imposta distinguendo le ipotesi in cui l’esenzione è riferita all’intera operazione (comma 1) da quelle in cui l’esenzione opera con riferimento ad una sola delle parti dell’operazione (commi 3 e 5), con la conseguenza che l’imposta rimane eventualmente applicabile alla controparte.
[…] Inoltre, nel comma 5 dell’articolo viene precisato che l’esenzione soggettiva di cui alla lettera c) del comma 494 della legge deve ritenersi applicabile anche ai fondi pensione europei, nonché ai cosiddetti Pension fund pooling vehicles, purché totalmente partecipati dai predetti fondi. L’inserimento dei fondi pensione europei si rende necessario al fine di rendere la previsione normativa conforme al diritto comunitario». Come chiarito nella relazione illustrativa, si tratta pertanto di una esenzione soggettiva, legata alla natura del soggetto che partecipa all’operazione che deve necessariamente rientrare in una delle categorie puntualmente indicate all’articolo 16, comma 5. Ciò posto, tenuto conto che, per quanto sopra argomentato con riferimento al quesito n. 1, l’Istante non rientra né tra i “fondi pensione”, né tra le “altre forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252” e che, per le proprie caratteristiche, l’Istante non rientra neanche tra i “soggetti ed enti partecipati esclusivamente dai soggetti di cui al periodo precedente”, ai fini dell’applicazione della predetta esenzione nel caso in esame è necessario stabilire se l’Istante abbia la natura di “ente di previdenza obbligatoria” che, in linea generale, hanno lo scopo di attuare trattamenti di previdenza obbligatori ed assistenza a favore degli iscritti e loro superstiti, attraverso le forme e le modalità previste dalla normativa vigente. In particolare, un ente si configura come ente di previdenza obbligatoria qualora svolga, allo scopo di predisporre una tutela per i lavoratori, le attività di raccolta dei contributi obbligatori per legge a carico degli iscritti, le attività di gestione (in proprio o affidata a terzi) dei predetti contributi e l’attività di erogazione delle prestazioni in favore degli iscritti al ricorrere dei requisiti previsti per legge.
Nel caso di specie, come detto precedentemente, l’Istante è un ente pubblico istituito ai sensi della legge francese del XXX, n. XXX con la finalità di ridurre i futuri squilibri del sistema pensionistico francese. Come emerge dall’articolo XXX della citata legge, detto ente è costituito allo scopo di gestire le somme ad esso assegnate -in parte provenienti da enti previdenziali e in parte da altri enti pubblici non meglio individuati – al fine di costituire riserve destinate a contribuire alla sostenibilità nel lungo periodo dei piani pensionistici PAYGO. Ciò posto, in assenza di una specifica qualificazione da parte della normativa francese dell’Istante tra gli “enti di previdenza obbligatoria”, si ritiene che non sia possibile ricondurlo tra i predetti enti, tenuto anche conto che, sulla base degli elementi forniti nell’istanza, risulta che l’Istante, di fatto, svolge esclusivamente l’attività di gestione di risorse pubbliche (in parte avente natura diversa da quella previdenziale) e non esercita direttamente l’attività previdenziale e assistenziale tipica dei predetti enti.
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