AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 dicembre 2021, n. 823
Articoli 86 e 88 del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Risarcimento a seguito di annullamento delibera assembleare di cessione partecipazioni
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.R.L. (la “Società”) propone interpello in riferimento al trattamento da riservare, ai fini IRES, alle somme riconosciute da una procedura arbitrale, terminata con lodo sottoscritto in data … (allegato all’istanza), a favore della società istante a titolo di risarcimento danno, per l’avvenuta alienazione di una partecipazione ad un corrispettivo inferiore al relativo valore di mercato.
L’istante riferisce che in passato è emerso un incomponibile dissidio tra i soci della Società, con riferimento alla prospettata (e poi realizzata) illegittima operazione di cessione di partecipazioni detenute dalla Società medesima nella BETA S.R.L. al fondo di diritto … GAMMA, di cui si riportano nel prosieguo i principali passaggi.
Dopo diverse vicende, l’assemblea dei soci della Società del … (assente il socio Tizio e presenti gli altri soci), ha deliberato di procedere alla cessione del … per cento delle quote detenute nella predetta controllata al fondo di cui sopra, per un valore di euro … .
In data …, l’allora amministratore pro tempore, agendo sulla base dei poteri conferiti dalla predetta assemblea, ha alienato la citata partecipazione, con atto di cessione di quota, di cui il notaio Filano ha autenticato le sottoscrizioni.
La plusvalenza derivante dalla cessione delle quote, sussistendo i necessari requisiti, ha concorso alla formazione della base imponibile IRES nella misura del 5 per cento, in quanto esente per la restante parte, ai sensi dell’articolo 87 del TUIR che, come è noto, disciplina il cosiddetto regime PEX ( partecipation exemption).
Il signor Tizio, non essendo mai stato concorde con le modalità con le quali è stata realizzata la cessione e soprattutto con la determinazione del corrispettivo, ha attivato un procedimento arbitrale che si è concluso con l’annullamento della delibera di cessione, in quanto contraria alla legge e allo statuto della società, essendo stata assunta senza il consenso unanime dei soci.
Successivamente, in data …, ha attivato un ulteriore procedimento arbitrale, previsto dall’articolo … dello statuto sociale, per chiedere, tra le altre cose, che i soci e/o amministratori che avevano deliberato e realizzato la suddetta cessione fossero condannati a risarcire la Società del danno causato con l’alienazione delle predette quote ad un prezzo inferiore al relativo prezzo di mercato.
In data …, si è concluso il procedimento arbitrale con la sottoscrizione del lodo, con il quale è stata accertata la responsabilità dei suddetti soci e/o amministratori che avevano concorso con la cessione delle quote a un prezzo inferiore al relativo prezzo di mercato, con condanna dei medesimi soggetti « in solido tra loro, al risarcimento dei danni cagionati alla società (istante) quantificati nella somma di euro … oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali a far tempo data dell’intervenuta cessione delle quote».
Il predetto lodo arbitrale è stato impugnato dalle parti soccombenti e ad oggi, pertanto, non costituisce una decisione definitiva.
Con riferimento alla competenza del provento (quesito n. 1), l’istante rileva che l’Agenzia delle entrate si è recentemente espressa con le risposte 19 dicembre 2018, n. 119, e 4 agosto 2020, n. 9, in riferimento alla competenza dei proventi reddituali connessi con crediti riconosciuti da sentenze e da lodi arbitrali, nel caso in cui trovi applicazione il principio di derivazione rafforzata di cui all’articolo 83 del TUIR.
In tali risposte è stato indicato che tali proventi devono essere assoggettati ad imposizione nell’anno in cui la sentenza è depositata o in quello in cui il lodo viene ad esistenza, indipendentemente dal carattere definitivo o dal passaggio in giudicato, considerato che, nel caso in cui l’esito della controversia fosse successivamente modificato, emergerebbe una sopravvenienza per la differenza del credito riconosciuto.
Tali risposte non trattano, però, le modalità di imputazione temporale nei casi in cui parte del credito riconosciuto dal lodo arbitrale (da cui derivano i proventi da assoggettare ad imposizione) sia, come nella presente fattispecie, fin da subito ritenuto parzialmente inesigibile sulla base di elementi obiettivi, e, pertanto, sussistano ulteriori elementi di incertezza che si sommano a quelli dovuti all’impugnazione.
Con riferimento all’applicabilità del regime PEX (quesito n. 2), l’istante riferisce di non avere notizia di precedenti interventi di prassi amministrativa che si siano specificamente occupati di questioni similari a quella in esame.
Ritiene, comunque, opportuno esaminare la risposta 7 agosto 2020, n. 254, fornita dall’Agenzia delle entrate, per evidenziare come le conclusioni ivi esposte non siano applicabili nel presente caso, considerata la diversità delle fattispecie.
Con la predetta risposta, infatti, è stata esclusa l’applicazione della PEX in riferimento a somme riconosciute, in via transattiva, a favore di una società (denominata “ALFA”) da parte di soggetti che non avevano onorato l’impegno, preso mediante apposita scrittura privata, di acquistare partecipazioni in un’altra società (denominata “BETA”) ad un corrispettivo prestabilito.
Nello specifico, la società “ALFA” alla luce di tale inadempimento aveva:
– provveduto a cedere le predette quote ad altri soggetti, ad un prezzo inferiore a quello prima stabilito, a causa dell’intervenuto decremento di valore delle medesime dovuto a risultati gestionali negativi;
– agito nei confronti dei soggetti inadempienti, per reclamare il danno causato dal minor corrispettivo conseguito, rispetto a quello che avrebbe ottenuto se gli impegni fossero stati rispettati;
– concluso accordi transattivi che riconoscevano la debenza di somme, forfetariamente riconosciute, a saldo e stralcio di qualunque pretesa a qualunque titolo potesse derivare dalla citata scrittura privata.
Ad avviso dell’istante, anche solo alla luce della suddetta ricostruzione, appare evidente come la fattispecie trattata in tale risposta sia del tutto diversa da quella qui in esame. Nell’odierna fattispecie, infatti:
– si ha a che fare con un risarcimento riconosciuto ad incremento del corrispettivo versato per una cessione di quote, in riferimento alla quale trova applicazione la PEX, che si è di fatto realizzata;
– il risarcimento trova causa nel maggior valore che le quote avevano nel momento in cui erano state cedute e, quindi, come si vedrà di seguito, sulla base della sussistenza di elementi reddituali che erano o saranno assoggettati ad imposizione in capo alla partecipata.
Nel diverso caso oggetto della citata risposta n. 254, invece:
– si ha a che fare con un risarcimento riconosciuto per un’operazione che non è stata effettuata e, pertanto, il medesimo non possiede nessuna diretta correlazione né con la cessione che ha goduto del regime PEX né con il relativo corrispettivo;
– il risarcimento costituisce una somma accordata tra le parti per tacitare in modo generico tutte le possibili richieste di danno conseguenti ad un inadempimento e, quindi, non trova causa diretta nel valore che la partecipazione aveva quando è stata ceduta.
In sostanza, conclude l’istante, nel proprio caso sussiste un’immediata correlazione tra il risarcimento del danno e il corrispettivo stabilito nell’ambito della cessione soggetta a PEX (avvenuta ad un corrispettivo più basso del dovuto), mentre nel caso oggetto della predetta risposta una simile correlazione non sussiste.
Alla luce di quanto sopra l’istante – evidenziando di qualificarsi come soggetto diverso dalle microimprese di cui all’articolo 2435- ter codice civile, che redige il bilancio in conformità con le disposizioni del codice civile e, pertanto, costituisce un cosiddetto OIC-adopter che deve determinare l’IRES secondo il principio di “derivazione rafforzata” previsto dall’articolo 83, comma 1, del TUIR – si rivolge all’Amministrazione finanziaria al fine di conoscere il corretto trattamento fiscale da riservare al provento connesso con l’emergere del credito riconosciuto alla Società per risarcimento danni, in riferimento:
– alle modalità con le quali assoggettare ad imposizione il provento per competenza, considerando che dall’analisi delle disponibilità dei debitori risulta l’obiettiva incapacità di far integralmente fronte al risarcimento (quesito n. 1);
– all’applicabilità delle disposizioni di cui al predetto articolo 87 del TUIR, con conseguente esenzione da tassazione del 95 per cento delle somme riconosciute a favore della società per risarcimento danni (quesito n. 2).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Quesito n. 1 – Competenza del provento.
L’istante evidenzia che, dall’analisi dei principi contabili, emerge come i medesimi non trattino direttamente le modalità con le quali i componenti positivi in parola debbano essere imputati temporalmente.
Solo il principio contabile OIC 15 (Crediti), disciplinando le modalità con le quali devono essere rilevati e valutati i crediti, fornisce, indirettamente, indicazioni utili a determinare le modalità, anche temporali, con cui i componenti economici correlati ai medesimi debbano essere rilevati.
Considerato, però, che tale documento non pare prevedere, per la presente fattispecie, regole sufficientemente definite, l’istante ritiene si debba fare riferimento anche ai principi di carattere generale, principalmente analizzati nel principio contabile OIC 11 (Finalità e postulati del bilancio d’esercizio).
Secondo quanto precisato nel paragrafo 30 del principio contabile OIC 15, « i crediti che si originano per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi (ad esempio per operazioni di finanziamento) sono iscrivibili in bilancio se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso la società».
Tali disposizioni sembrerebbero prevedere l’iscrizione immediata del credito riconosciuto dal lodo arbitrale, considerato che il medesimo costituisce certamente titolo di riconoscimento dello stesso.
Un’analisi complessiva delle indicazioni contenute nei principi contabili indica, però, che si debba procedere ad iscrivere unicamente la parte di credito che, sulla base di un’analisi obiettiva, si ritiene possa essere incassata.
Nel paragrafo 18 del principio contabile OIC 11 è, infatti, precisato che «l’articolo 2423-bis comma 1, n. 2, del codice civile, stabilisce che si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio, mentre il comma 1, n. 4, prevede che si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo».
Come precisato nel successivo paragrafo 19, « le richiamate norme delineano un effetto asimmetrico nella contabilizzazione dei componenti economici, con prevalenza del principio della prudenza rispetto a quello della competenza. Infatti, gli utili non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere riflesse in bilancio».
In applicazione del predetto principio, nel paragrafo 48 del principio contabile OIC 31 è precisato che « le attività e gli utili potenziali, anche se probabili, non sono rilevati in bilancio per il rispetto del principio della prudenza, in quanto possono comportare il riconoscimento di utili che non verranno mai realizzati. Tuttavia, quando il realizzo dell’utile è certo e l’ammontare può essere determinato con un considerevole grado di accuratezza, tale utile non costituisce una potenzialità ed è pertanto rilevato in bilancio».
È poi di rilievo osservare che, secondo quanto precisato nel paragrafo 32 del principio contabile OIC 15, « l’articolo 2426 comma 1 n. 8 c.c. prescrive che i crediti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale».
Secondo quanto chiarito nel paragrafo 16 del medesimo principio contabile, « il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui l’attività o la passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità».
Inoltre, l’articolo 2426, primo comma, n. 8, del codice civile dispone che « i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo».
Pertanto, l’istante ritiene che – sia in ossequio al principio di prudenza (in base al quale non possono essere contabilizzati utili non realizzabili), sia in applicazione del criterio del costo ammortizzato (che impone lo scomputo della parte di credito non recuperabile) – si debba iscrivere subito in contabilità e poi in bilancio, nell’anno in cui ha avuto termine la procedura arbitrale, unicamente la parte di credito che si ritiene possa essere effettivamente incassata dai soggetti condannati al pagamento, sulla base di una stima obiettiva.
La possibilità di conseguire tale parte di credito risulta, infatti, soggetta solo all’incertezza dell’esito dell’impugnazione del lodo (similmente ai casi trattati nelle citate risposte dell’Agenzia delle entrate), mentre la possibilità di conseguire la restante parte del credito, oltre ad essere soggetta alla predetta incertezza, è pure minata da elementi obiettivi da cui si desume l’incapacità dei debitori di far fronte all’integrale pagamento.
Peraltro, ad avviso dell’istante, si potrebbe anche affermare che l’intero importo del credito non debba essere oggetto di rilevazione, considerato che il medesimo non può ritenersi definitivo a seguito dell’impugnazione, ma l’Agenzia delle entrate ha più volte ribadito una diversa interpretazione.
Le conclusioni sopra esposte sono coerenti con l’applicazione del principio di rappresentazione sostanziale previsto dall’articolo 2423- bis, comma 1, n. 1- bis, codice civile, il quale impone che la rilevazione avvenga rispettando la sostanza dell’operazione.
Sulla base di tale principio non pare certo corretto procedere alla rilevazione integrale del credito in parola, tenendo conto che dall’analisi della sostanza dell’operazione emergono valori effimeri che non si tradurranno in utili realizzabili.
Si osserva che la rilevanza di tale principio è stata ribadita anche nella citata risposta n. 9 del 2020, laddove, riferendosi al momento di competenza di proventi riconosciuti nell’ambito di sentenze o lodi arbitrali, è stato precisato che « resta fermo che, tale momento potrebbe essere traslato in esercizi successivi, nel rispetto del principio per cui “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto” (ai sensi dell’articolo 2423-bis, comma 1, n. 1-bis, del codice civile)».
In conclusione, l’istante ritiene che, in applicazione del principio della derivazione rafforzata, il provento in parola risulterà assoggettato ad imposizione, per competenza, nell’anno …, limitatamente all’ammontare pari alla parte di credito ritenuta riscuotibile, restando inteso che, se in futuro emergessero rettifiche, in più o in meno, dell’ammontare dei crediti incassabili rispetto alla determinazione iniziale, le medesime assumeranno immediata rilevanza.
Quesito n. 2 – Applicabilità del regime PEX.
L’istante riferisce che le quote di partecipazione oggetto della suddetta contestata cessione possedevano i requisiti di cui all’articolo 87, comma 1, del TUIR, pertanto la plusvalenza a suo tempo determinata è stata assoggettata ad imposizione in misura pari al 5 per cento.
L’odierno quesito, dunque, attiene alla possibilità che anche le somme – oggetto di lodo – qui in esame siano esentate da imposizione per il 95 per cento del relativo ammontare. Anticipando le conclusioni, l’istante ritiene che la risposta debba essere affermativa, indipendentemente non solo dalla competenza temporale attribuibile al provento in parola, ma pure dalla relativa qualificazione tributaria.
L’istante osserva, a tale fine, che la qualificazione del provento in questione non risulta essere affatto immediata, considerato che una mera analisi letterale delle disposizioni di rilievo potrebbe indurre ad includere il medesimo in categorie tributarie meno appropriate.
Evidenzia, infatti, che le predette somme sono state riconosciute per risarcire la Società del danno subito per la cessione effettuata ad un valore inferiore a quello di mercato e, pertanto, le medesime:
– trovano la loro ragione di essere nell’effettivo maggior valore attribuibile alle partecipazioni nel momento della cessione;
– sono immediatamente correlate al corrispettivo ricevuto dalla cessione, in quanto sostituiscono le somme che la Società avrebbe dovuto, fin dall’inizio, conseguire se la medesima fosse stata eseguita in modo coerente con tale valore.
L’istante ritiene, pertanto, che le predette somme debbano essere assimilate, ai fini del trattamento tributario, ai corrispettivi di cessione o, comunque, costituire parte integrante della plusvalenza realizzata con l’alienazione ai sensi dell’articolo 86 del TUIR.
Tale trattamento risulterebbe coerente con le disposizioni di cui all’articolo 86, comma 2, del TUIR, le quali, precisando che « la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito … e il costo», ammettono esplicitamente che le plusvalenze possano essere determinate anche mediante indennizzi.
In ogni caso, argomenta l’istante, se le citate somme non fossero, a differenza di quanto sopra esposto, assimilate ai corrispettivi (e, quindi, non costituissero parte della plusvalenza realizzata ai sensi dell’articolo 86, comma 1, lett. a), del TUIR), le medesime concorrerebbero a determinare una plusvalenza ai sensi dell’articolo 86, comma 1, lett. b), del TUIR.
Le somme medesime, infatti, sarebbero qualificabili come riconosciute a titolo di « risarcimento … per la perdita o il danneggiamento dei beni». In proposito, l’istante cita una serie di sentenze di legittimità da cui si trae conferma che la “realizzazione” delle plusvalenze (e delle minusvalenze), anche relative alle immobilizzazioni finanziarie, può avvenire o con la cessione a titolo oneroso oppure attraverso il risarcimento.
Inoltre, prosegue l’istante, nello stesso senso si è espressa anche la citata risposta n. 254, laddove ha ribadito che « la riconducibilità dei risarcimenti su partecipazioni nell’ambito del citato articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR rappresenta un’ipotesi di carattere assolutamente residuale» e, quindi, certamente possibile benché non si verifichi di sovente.
Le suddette conclusioni risulterebbero, altresì, coerenti con la previsione dell’articolo 6, comma 2, del TUIR, secondo la quale « i proventi conseguiti in sostituzione di redditi … e le indennità conseguite … a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi … costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti».
Peraltro, l’istante fa rilevare che l’applicabilità della PEX alle plusvalenze di cui all’articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR, trova immediata conferma nella semplice lettura del citato articolo 87 e nella predetta risposta n. 254, laddove precisa quanto di seguito esposto: « il citato articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR, eventualmente in combinato disposto con l’articolo 87, trova applicazione con riferimento alla menzionata vendita».
Alla luce di tutto quanto sopra, conclude l’istante, si deduce immediatamente che il provento derivante dalle somme riconosciute dal lodo arbitrale, concorrendo a determinare una plusvalenza, risulta assoggettabile alla PEX per diretta previsione dell’articolo 87 del TUIR.
Da ultimo, l’istante svolge una serie di ulteriori considerazioni – sulle quali si rinvia per completezza all’istanza – a sostegno dell’assoggettabilità a PEX del provento in parola anche nel caso in cui, diversamente da quanto sopra rappresentato, si attribuisse al medesimo la natura di sopravvenienza di cui all’articolo 88 del TUIR.
Ciò in quanto, in sintesi:
– il provento andrebbe considerato come una sopravvenienza cosiddetta “propria” di cui all’articolo 88, comma 1, del TUIR, che include in tale categoria « i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi», stante anche la natura residuale della categoria delle sopravvenienze cosiddette “improprie” di cui alla lettera a) del successivo comma 3;
– il trattamento tributario delle sopravvenienze deve essere dedotto sulla base del trattamento riservato agli elementi reddituali a cui sono correlate, anche allo scopo di evitare ingiustificate o doppie imposizioni;
– il regime PEX costituisce un particolare sistema di imposizione, avente lo scopo di evitare il noto fenomeno di doppia imposizione che si origina nel momento in cui i soci conseguono redditi derivanti da utili già tassati in capo alla società partecipata (per distribuzione di dividendi o per cessione di quote) e, quindi, non costituisce una disposizione agevolativa il cui ambito applicativo deve essere interpretato in senso restrittivo. Dunque, nel caso di specie, l’applicazione della PEX alla sopravvenienza in questione non troverebbe ostacoli nel fatto che l’articolo 87, comma 1, del TUIR richiama unicamente « le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, 2 e 3», senza fare cenno esplicito alle sopravvenienze di cui all’articolo 88.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che esula dall’analisi della presente istanza di interpello ordinario la corretta determinazione e quantificazione del valore contabile e fiscale delle operazioni indicate in istanza e nei vari allegati prodotti, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria volto alla corretta determinazione, qualificazione e quantificazione fiscale degli stessi.
L’articolo 13- bis del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 ha modificato il comma 1 dell’articolo 83 del TUIR, prevedendo che anche « per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili».
Lo stesso articolo 13- bis ha, inoltre, inserito nell’articolo 83 del TUIR il nuovo comma 1- bis, in forza del quale, ai soggetti di cui sopra, « si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni emanate in attuazione del comma 60 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e del comma 7-quater dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38».
In sostanza, come chiarito dalla risoluzione del 23 giugno 2017, n. 77/E, le modifiche in parola hanno introdotto, per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile (c.d. “soggetti OIC adopter”), regole di determinazione del reddito coerenti con le nuove modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter (c.d. “derivazione rafforzata”). Resta, comunque, fermo che la rilevanza fiscale del dato contabile presuppone che i principi contabili di riferimento siano stati correttamente applicati (la circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011, paragrafo 3.1, concernente le regole di determinazione del reddito dei soggetti IAS/IFRS adopter).
Ciò premesso, si rammenta che il paragrafo 30 dell’OIC 15, prevede che « i crediti che si originano per operazioni differenti dallo scambio di beni e servizi (ad esempio per operazioni di finanziamento) sono iscrivibili in bilancio se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano effettivamente un’obbligazione di terzi verso la società». Inoltre, con esclusivo riferimento ai componenti negativi relativi alle cause in corso, si richiama l’OIC 31 che, al paragrafo 12, chiarisce che in caso di controversie giudiziarie con un probabile esito sfavorevole che comporterà costi e oneri, è ragionevole prevedere « che si debbano sostenere costi ed oneri per i risarcimenti giudiziali o transattivi delle liti in corso. La stima è effettuata alla fine di ciascun esercizio in cui il contenzioso è in essere, sulla base di una adeguata conoscenza delle situazioni specifiche, dell’esperienza passata e di ogni altro elemento utile, inclusi i pareri di esperti, che permetta di tenere in adeguato conto il prevedibile evolversi del contenzioso».
Con la risposta a consulenza giuridica n. 9 del 4 agosto 2020, cui si rinvia per completezza, la scrivente ha avuto modo di affrontare il tema dell’individuazione dell’esercizio di competenza dei componenti positivi di reddito derivanti da sentenze o lodi arbitrali favorevoli, analizzando la problematica sia con riferimento ai soggetti che rientrano nella nozione di “micro imprese”, sia con riferimento ai soggetti OIC adopter. Nel caso in cui dal provvedimento giudiziale scaturisca un componente positivo di natura reddituale, in linea di principio, la rilevazione nel conto economico deve avvenire nell’esercizio in cui il medesimo provvedimento è venuto a giuridica esistenza (nel caso di specie, il …), indipendentemente dall’eventuale passaggio in giudicato, considerato che, ai fini della rilevazione contabile del componente in parola, non è richiesto che l’obbligazione sorta assuma le caratteristiche dell’immodificabilità.
Nel medesimo documento di prassi, inoltre, è stato precisato che, in applicazione del sopra delineato principio di derivazione rafforzata, il periodo di imputazione fiscale deve essere individuato sulla base della corretta imputazione in bilancio in base ai criteri fissati dai principi contabili di riferimento.
Nel caso di specie, dunque, non risulta in alcun modo messo in discussione il diritto ad ottenere il risarcimento, come descritto dall’interpellante; infatti, la soluzione che quest’ultimo ha prospettato prevede una rilevazione parziale del predetto credito in considerazione della circostanza per cui lo stesso è stato sin da subito ritenuto parzialmente inesigibile.
Alla luce di quanto sopra, in risposta al quesito n. 1 , considerato che il lodo arbitrale di cui all’istanza costituisce in linea di principio un “titolo” idoneo a rappresentare un credito, cioè « un’obbligazione di terzi verso la società», e che il relativo componente positivo di reddito sarà rilevato integralmente nell’esercizio …, si ritiene che lo stesso concorrerà integralmente in tale periodo d’imposta alla formazione del reddito imponibile, ai sensi dell’articolo 83 del TUIR ( i.e. principio di derivazione rafforzata).
Le circostanze evidenziate dall’istante, per cui soltanto una parte del medesimo credito potrà essere effettivamente incassata, potrà essere valutata in ordine all’applicazione delle previsioni contenute nell’articolo 101, comma 5 del TUIR, qualora se ne ritenessero integrati i presupposti (elemento non oggetto della risposta alla presente istanza di interpello). Al riguardo, si rammenta che, per effetto del rinvio operato dall’articolo 2, lettera b), numero 5), del decreto ministeriale del 3 agosto 2017, si applicano ai citati soggetti OIC adopter le disposizioni dell’articolo 9 del decreto ministeriale dell’8 giugno 2011, « per le passività di scadenza o ammontare incerti che presentano i requisiti di cui all’OIC 31».
Con riferimento quesito n. 2 si svolgono le seguenti osservazioni.
L’articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR dispone che « Le plusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell’articolo 85, concorrono a formare il reddito: […] b) se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni».
Il comma 1 dell’articolo 87 del TUIR rinvia per le modalità di realizzo e determinazione ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 86.
A sua volta, l’articolo 88, comma 3, lettera a), del TUIR dispone: « Sono inoltre considerate sopravvenienze attive: a) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da quelli considerati alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 85 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 86».
La risoluzione 13 luglio 2009, n. 184/E – richiamata dalla risposta n. 254 del 7 agosto 2020 – ha chiarito che la riconducibilità dei risarcimenti su partecipazioni nell’ambito del citato articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR rappresenta un’ipotesi di carattere assolutamente residuale.
Al riguardo, si osserva che la perdita o il danneggiamento, quali fonte di risarcimento ai fini del suo trattamento fiscale come plusvalenza, sono fattispecie astratte difficilmente configurabili in concreto, quando hanno ad oggetto beni patrimoniali immateriali, quali le partecipazioni.
In merito al risarcimento, sotto il profilo civilistico, l’articolo 1223 del codice civile dispone che il risarcimento del danno è dovuto per la perdita e il mancato guadagno subiti dal creditore quando tali circostanze sono una conseguenza “immediata e diretta” dell’inadempimento o del ritardo nell’adempimento. Pertanto, il risarcimento presuppone che sussista un nesso eziologico tra inadempimento e danno, che si concretizza nella perdita subita (c.d. “danno emergente”) e/o nel mancato guadagno (c.d. “lucro cessante”).
Ciò premesso, ai fini della qualificazione come plusvalenza dell’importo liquidato a favore di ALFA S.R.L. dal secondo lodo arbitrale di cui all’istanza, occorre verificare se esso abbia una natura risarcitoria e, in caso affermativo, quale danno intenda ristorare.
Al riguardo, la scrivente osserva che la somma determinata nel lodo de quo è, in effetti, volta a risarcire il danno subito dalla società istante per effetto della mala gestione delle controparti, concretizzatasi nell’adozione di una delibera illegittima (annullata col precedente lodo), che ha condotto alla vendita a terzi delle partecipazioni detenute in BETA S.R.L. ad un prezzo inferiore al valore di mercato delle stesse.
Tuttavia, la somma in parola appare volta a ristorare un danno diverso dalla perdita di valore delle partecipazioni, poiché non si è in presenza di alcuna perdita o danneggiamento delle partecipazioni, nel senso sopra chiarito.
Pertanto, il credito scaturente dal lodo in questione, volto a risarcire il comportamento lesivo imputato ai signori Caio, Sempronio e Mevia, costituisce per l’istante sopravvenienza attiva imponibile ai sensi dell’articolo 88, comma 3, lettera a), del TUIR, risarcendo un danno diverso da quello considerato all’articolo 86, comma 1, lettera b), del TUIR.
La formulazione di un parere negativo in merito alla qualificazione come plusvalenza patrimoniale delle somme in oggetto assorbe il parere in merito alla possibilità di applicazione del regime di esenzione (c.d. regime pex) alla suddetta somma.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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