AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 agosto 2021, n. 569
Ritenuta sugli interessi derivanti dai finanziamenti a medio/lungo termine corrisposti a soggetti non residenti. Articolo 26, commi 5 e 5-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante (di seguito “Società” o “Istante”), che opera nel settore della produzione di energia elettrica, gestisce un impianto fotovoltaico.
L’intero capitale di Euro 10.000,00 è detenuto da una società di diritto lussemburghese (di seguito, “Holding intermedia”).
A sua volta le azioni di quest’ultima sono detenute interamente da un fondo di investimento in energie anch’esso avente sede in Lussemburgo (di seguito, “Fondo”), soggetto alla supervisione dell’autorità di vigilanza lussemburghese CSSF (“Commission de Surveillance du Secteur Financier”).
Infine, le quote del Fondo sono detenute interamente da un’altra entità lussemburghese, la Alfa S.A. che, a sua volta, è proprietaria di due enti pensionistici tedeschi.
La Holding intermedia come riferito dall’istante funge invece da management company del Fondo. Come desunto, infatti, dalla visura camerale allegata, lo scopo della Holding intermedia “è la partecipazione di ogni tipo in società nazionali ed estere, altri investimenti di qualsiasi natura, l’acquisizione di titoli di qualsiasi natura mediante acquisto, sottoscrizione o altro, il trasferimento di titoli tramite vendita, scambio o altro, anche la conclusione di operazioni di cambio, operazioni di cambio a termine, amministrazione, controllo e realizzazione di investimenti, nonché acquisizione, vendita, la partecipazione e lo sfruttamento di beni immobili e diritti su beni immobili, di diritti d’uso su beni immobili, quali la locazione, la locazione e l’usufrutto”.
Al fine di dotare la società istante dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione e la gestione degli impianti fotovoltaici si è fatto quindi ricorso in parte a versamenti in conto capitale da parte del Fondo ed in parte a finanziamenti a mediolungo termine fruttiferi di interessi erogati in primis dal medesimo Fondo alla Holding intermedia, e in secundis dalla Holding intermedia alla società istante.
Ciò rappresentato, l’Istante ritiene che il Fondo lussemburghese sia il “sostanziale” (indiretto) percettore del reddito (interessi attivi) e che il Fondo possa qualificarsi come un investitore istituzionale estero ai sensi dell’articolo 26, comma 5-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 settembre 1973, n. 600.
Conseguentemente, l’Istante chiede se gli interessi derivanti dai finanziamenti a medio/lungo termine erogati in primis dal Fondo alla Holding intermedia e in secundis dalla Holding intermedia all’Istante possano essere esclusi dall’applicazione della ritenuta.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Le soluzioni prospettate dal contribuente sono due.
L’Istante ritiene che tutti i requisiti richiesti dall’articolo 26, comma 5bis del d.P.R. n. 600 del 1973 siano rispettati.
Con riguardo al requisito regolamentare, l’Istante osserva che l’articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 53, prevede che «L’attività di concessione di finanziamenti si considera esercitata nei confronti del pubblico qualora sia svolta nei confronti di terzi con carattere di professionalità».
Il successivo comma 2, lettera a), prevede che non configurano operatività nei confronti del pubblico «tutte le attività esercitate esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza ad eccezione dell’attività di acquisto di crediti vantati nei confronti di terzi da intermediari finanziari del gruppo medesimo».
Utilizzando la definizione di “gruppo di appartenenza” contenuta nell’articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto ministeriale sopra citato, si desume, pertanto, che non configurano operatività nei confronti del pubblico tutte le attività esercitate nei confronti di «società controllanti, controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile nonché controllate dalla stessa controllante».
Nel caso soggettivo prospettato, l’Istante, essendo indirettamente detenuto nella misura del 100 per cento dal Fondo , rientra nella definizione di “gruppo di appartenenza”, ai sensi del citato decreto ministeriale. Posto che nel caso de quo, i finanziamenti sono concessi nei confronti del gruppo di appartenenza e sono, comunque, privi del carattere di professionalità connotante l’operatività nei confronti del pubblico, l’Istante ritiene che essi non ricadano nell’ambito applicativo delle disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui al TUB.
In merito al requisito oggettivo della durata a medio/lungo termine dei finanziamenti, l’articolo 26, comma 5-bis, richiede che i finanziamenti abbiano una durata contrattuale di medio o lungo termine ovvero superiore a diciotto mesi, in analogia a quanto previsto dall’articolo 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, ai fini dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti. L’Istante è dell’avviso che tale requisito è soddisfatto, avendo i finanziamenti citati una durata pari a 20 anni.
Riguardo al requisito soggettivo in capo al mutuatario, l’articolo 26, comma 5- bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 richiede che i finanziamenti siano erogati a soggetti che esercitano nel territorio dello Stato attività di impresa, quali società ed enti commerciali e imprenditori individuali, residenti in Italia, come individuati dall’articolo 73, comma 1, lettera a) e b), del Tuir. Al riguardo, l’Istante ritiene soddisfare tale requisito atteso che il prenditore è una società a responsabilità limitata costituita e fiscalmente residente in Italia avente per oggetto sociale la gestione di impianti fotovoltaici.
Per quanto concerne il requisito soggettivo del mutuante, l’Istante osserva che l’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 individua la categoria degli investitori istituzionali esteri facendo rinvio alla nozione delineata dall’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239. Nella circolare 1° marzo 2002, n. 23/E, è stato chiarito che per “investitore istituzionale estero”, si intende l’ente che, indipendentemente dalla veste giuridica e dal trattamento tributario cui i relativi redditi sono assoggettati nel Paese in cui lo stesso è costituito, ha come oggetto della propria attività l’effettuazione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi e sia stabilito in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996 e successive modificazioni. Inoltre, ai fini di tale disciplina, rilevano soltanto gli investitori istituzionali esteri soggetti a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono istituiti.
La vigilanza deve essere verificata indifferentemente con riferimento al soggetto investitore o al soggetto incaricato della gestione a seconda del modello di vigilanza prudenziale adottato nel Paese in cui l’organismo è istituito (cfr. circolari 15 febbraio 2012, n. 2/E e 4 giugno 2013, n. 19/E). Nel caso di specie, il fondo è un fondo di investimento la cui unica attività è l’investimento dei mezzi finanziari a sua disposizione, soggetto a vigilanza da parte del CSSF.
Ancorché il finanziamento da parte della Fondo alla società istante risulta indiretto, in quanto passa attraverso la Holding intermedia, l’istante è dell’avviso che sugli interessi pagati può essere comunque applicata l’esenzione da ritenuta ai sensi dell’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Qualora la soluzione sopra illustrata non fosse condivisibile, l’Istante ritiene che sussistano comunque le condizioni per la non applicazione della ritenuta sugli interessi derivanti dai finanziamenti a medio/lungo termine erogati dalla Holding intermedia alla società Istante, in quanto la Holding intermedia può essere qualificata “investitore istituzionale estero”, in quanto è in possesso di una specifica competenza ed esperienza nelle operazioni in strumenti finanziari, espressamente dichiarata per iscritto dal suo rappresentante legale.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 26, comma 5-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, prevede che «Ferme restando le disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la ritenuta di cui al comma 5 non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea, enti individuati all’articolo 2, paragrafo 5, numeri da 4) a 23), della direttiva 2013/36/UE, imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea o investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».
Tale disposizione è stata introdotta nell’articolo 26 (come eccezione all’applicazione della ritenuta prevista dal comma 5 dello stesso articolo) dall’articolo 22 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, con l’obiettivo di favorire l’accesso al credito da parte degli operatori.
Successivamente, il predetto comma è stato oggetto di modifiche che hanno progressivamente modificato l’ambito soggettivo di applicazione dell’esonero da ritenuta, chiarendone altresì i presupposti.
Con la modifica da ultimo apportata dal decreto legge 14 febbraio 2016, n.18, è stato inserito in apertura del comma 5-bis il periodo «Ferme restando le disposizioni in tema di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385».
Il Legislatore ha così ribadito il principio secondo cui l’applicazione della norma fiscale in argomento è pur sempre subordinata al rispetto delle norme regolamentari in materia creditizia. Sul punto, nel dossier Camera-Senato del mese di marzo 2016 che analizza il disegno di legge di conversione in legge del decreto legge n. 18 del 2016, viene precisato che il comma 2 del relativo articolo 17 modifica l’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 «al fine di specificare che l’esenzione fiscale sugli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da enti creditizi, imprese di assicurazione e investitori istituzionali esteri, soggetti a forme di vigilanza negli Stati esteri nei quali sono stati istituiti, è subordinata al rispetto delle norme del TUB in materia di riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico, previste per gli omologhi soggetti costituiti in Italia, al fine di non creare uno svantaggio competitivo per gli operatori nazionali».
In altri termini, sulla base di tale inciso, l’esclusione della ritenuta opera, in ogni caso, nel rispetto della normativa bancaria nazionale disciplinante la riserva di attività per l’erogazione di finanziamenti nei confronti del pubblico allo scopo di non creare uno svantaggio competitivo per quegli operatori nazionali che, a differenza di quelli esteri, dovrebbero richiedere preventivamente l’autorizzazione all’esercizio di detta attività.
Stanti tutti gli altri presupposti, dunque, si ritiene che la disposizione in esame può applicarsi nel caso in cui la concessione del finanziamento, non rientrando nell’ambito della predetta normativa bancaria, non sia effettuata nei confronti del pubblico.
In proposito, si ricorda che in forza dell’articolo 3 del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 53, «l’attività di concessione di finanziamenti si considera esercitata nei confronti del pubblico qualora sia svolta nei confronti di terzi con carattere di professionalità” e che non configurano operatività nei confronti del pubblico “tutte le attività esercitate esclusivamente nei confronti del gruppo di appartenenza ad eccezione dell’attività di acquisto di crediti vantati nei confronti di terzi da intermediari finanziari del gruppo medesimo».
Sotto il profilo soggettivo, tra i soggetti esteri nei cui confronti trova applicazione la misura agevolativa prevista dal predetto comma 5-bis rientrano gli «investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti».
Per “investitore istituzionale estero”, come chiarito dalla circolare 1° marzo 2002, n. 23/E, si intende l’ente che, indipendentemente dalla veste giuridica e dal trattamento tributario cui i relativi redditi sono assoggettati nel Paese in cui lo stesso è costituito, ha come oggetto della propria attività l’effettuazione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi.
Ai fini di tale disciplina, come da prassi, rilevano soltanto gli investitori istituzionali esteri soggetti a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali sono istituiti.
La vigilanza deve essere verificata indifferentemente con riferimento al soggetto investitore o al soggetto incaricato della gestione a seconda del modello di vigilanza prudenziale adottato nel Paese in cui l’organismo è istituito (cfr. circolari n. 2/E del 15 febbraio 2012 e n. 19/E del 4 giugno 2013). Inoltre, stante il richiamo all’articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 239 del 1996, gli investitori istituzionali esteri devono essere costituiti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni c.d. Paesi “White list”, di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996 e successivi aggiornamenti.
In merito all’ambito soggettivo, come chiarito nella risoluzione 12 agosto 2019, n. 76/E, la disposizione in esame, in generale, non consente di procedere secondo il principio del “beneficiario effettivo”, così da ricondurre il flusso degli interessi esclusivamente al soggetto estero percettore finale del reddito ma si rivolge esclusivamente alla platea di soggetti indicati dalla stessa norma e aventi le caratteristiche sopra descritte. In quanto né la formulazione letterale, né la ratio della norma in esame si prestano, in modo generalizzato, ad una lettura di tipo look through del relativo disposto.
Inoltre, si fa presente che il comma 5-bis esclude l’applicazione del regime di tassazione previsto dal precedente comma 5, il quale fa esplicito riferimento ai soli “percettori” degli interessi a differenza – ad esempio -dell’articolo 26-quater del medesimo decreto.
Il secondo periodo, del comma 5, dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, infatti, prevede che se «i percipienti non sono residenti nel territorio dello Stato o stabili organizzazioni di soggetti non residenti la predetta ritenuta è applicata a titolo d’imposta ed è operata anche sui proventi conseguiti nell’esercizio d’impresa commerciale (…)».
Anche analizzando le disposizioni contenute nell’articolo 26-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 si rileva che è prevista l’esclusione dall’imposizione per i redditi di capitale «qualora siano percepiti da (…) soggetti residenti all’estero, di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239», mentre il successivo articolo 26-quater richiede che le società non residenti siano «beneficiarie effettive».
La possibilità di adottare un approccio c.d. look through al fine di verificare se una determinata fattispecie possa o meno essere ammessa a fruire della disciplina di cui all’articolo 26, comma 5-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, in generale, è preclusa sia dalla formulazione letterale della disposizione, la quale rivolgendosi ai “percettori” del reddito non consente di estendere l’esenzione ai beneficiari effettivi degli interessi che non siano “anche” i percettori diretti degli stessi sia dalla ratio della norma in parola.
Sotto il profilo oggettivo, l’articolo 26, comma 5-bis , richiede che i finanziamenti:
– siano erogati a soggetti che esercitano nel territorio dello Stato attività di impresa quali società ed enti commerciali e imprenditori individuali, residenti in Italia, come individuati dall’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir;
– abbiano una durata contrattuale di medio o lungo termine ovvero superiore a diciotto mesi, in analogia a quanto previsto dall’articolo 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ai fini dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti.
I finanziamenti per i quali è disapplicata la ritenuta sono solo quelli erogati alle imprese, intendendosi per tali i soggetti che esercitano nel territorio dello Stato attività di impresa. Pertanto, sono inclusi nell’ambito di applicazione della norma i finanziamenti ricevuti da società ed enti commerciali e imprenditori individuali, residenti in Italia, nonché stabili organizzazioni in Italia di società ed enti non residenti, come individuati dall’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir. Gli enti non commerciali, compresi gli OICR e gli altri soggetti non esercenti attività di impresa di cui alla lettera c) del citato comma 1 dell’articolo 73 del Tuir, rientranti tra i sostituti d’imposta di cui all’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973 devono continuare ad applicare la ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5, del medesimo decreto se corrispondono a soggetti non residenti interessi e altri proventi in relazione ai finanziamenti ricevuti.
Nel caso prospettato, l’Istante ritiene che il Fondo sia il “sostanziale” (indiretto) percettore del reddito (interessi attivi) e che lo stesso possa qualificarsi come investitore istituzionale estero ai sensi dell’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, e conseguentemente, ritenendo rispettati tutti i requisiti previsti dalla norma, ha chiesto se sul flusso di interessi attivi derivanti dai contratti di finanziamento a medio/lungo termine stipulati in primo luogo con la Holding intermedia ed in secondo luogo da quelli stipulati dal quest’ultima con la società istante è possibile applicare la normativa di esenzione in esame.
Per quanto rilevato nell’istanza, si ritiene che il Fondo possa rientrare tra “gli investitori istituzionali esteri” cui fa riferimento la norma in esame, tuttavia, sulla base sopra rappresentato, al fine di verificare la sussistenza del requisito soggettivo cui è subordinata l’applicazione del regime di esenzione da ritenuta di cui all’articolo 26, comma 5-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, occorre avere riguardo esclusivamente al primo prenditore degli interessi, nel caso di specie alla Holding intermedia, nell’impossibilità di procedere secondo la logica del “beneficiario effettivo” come appena illustrato e quindi di adottare un approccio c.d. look through.
L’operazione descritta non può essere inquadrata come un’unica operazione anche in virtù del fatto che i contratti di finanziamento in essere tra le parti pur potendo rientrare tra le tipologie a medio-lungo termine previste dalla norma (20 anni), presentano condizioni contrattuali diverse legate ai tassi di interessi da corrispondere.
Nello specifico, l’Istante corrisponde alla Holding intermedia un tasso del 2,5 per cento, mentre la Holding intermedia corrisponde al Fondo un tasso del 4,25 per cento.
La società lussemburghese come già anticipato non si qualifica come investitore istituzionale estero ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera b) del d.lgs. 239 del 1996. In tal senso, la richiamata circolare n. 23/E del 2002 con riferimento al requisito soggettivo richiesto dalla norma ammette che possono altresì definirsi investitori istituzionali anche quegli enti o organizzazioni privi di soggettività tributaria – diversi da quelli appena menzionati perché non assoggettati a forme di vigilanza – che siano in possesso di una specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari, espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante dell’ente.
Tuttavia, aggiunge che, anche alla luce delle finalità insite nelle modifiche normative in esame, si ritiene che questi ultimi soggetti – per i quali non operano regimi di vigilanza nei Paesi in cui sono istituiti – debbano considerarsi esclusi dal regime di esonero se costituiti appositamente allo scopo di gestire gli investimenti effettuati da un numero comunque limitato di partecipanti, pur avendo come fine istituzionale la gestione e l’effettuazione di investimenti, come appurato nel caso di specie.
Alla luce di quanto esposto, stante l’esplicito riferimento dell’articolo 26, comma 5-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 ai percettori di reddito, si ritiene che non sia possibile applicare il regime di esenzione in esso previsto a beneficiari dei redditi (interessi) che non siano anche i diretti percettori degli stessi.
Con riferimento alla fattispecie in esame, sulla base di quanto rappresentato in conformità alla prassi in materia, pertanto, non può trovare applicazione la disciplina di cui al menzionato comma 5-bis.
Il presente parere viene reso esclusivamente in relazione al quesito formulato, sulla base degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili solo in eventuale sede di accertamento anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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