Gli Ermellini con la sentenza n. 18602 del 24 aprile 2013 sono intervenuti nella spinosa problematica del “sequestro per equivalenza”. Con la predetta sentenza hanno stabilito un importante principio che impone il divieto del sequestro dei beni dell’amministratore che ha evaso l’Iva se prima non è stata disposta la confisca sull’azienda che ha beneficiato del risparmio fiscale.
La vicenda che riguardava un dirigente di una società a responsabilità limitata il quale aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale della Libertà di Napoli che aveva convalidato il sequestro per equivalente sui suoi conti predisposto in seguito al reato di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000 inerente il delitto di omesso versamento IVA.
Pertanto la quarta sezione penale della Suprema Corte impone che si proceda prima alla escussione prima il patrimonio di chi ha beneficiato del risparmio fiscale e poi quello del suo amministratore.
Nelle motivazioni della sentenza si rinvengono le ragioni giuridiche, in tema di reati tributari, la cui nozione di profitto a tal fine rilevante deve ritenersi coincidente con l’ammontare dell’imposta evasa, costituendo quest’ultima l’indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita, ossia il risparmio economico conseguito a seguito dell’effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale (Cass. n. 1199/2011). Per cui la sentenza cassata del giudice di merito viola gli articoli 240 e 322 – ter c.p. nonché 321 c.p.p. Inoltre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente deve ritenersi legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, sia pure transitoriamente, ovvero quando gli stessi beni non siano aggredibili per qualsiasi ragione.(Cass. n. 30930/2009).
Nella fattispecie il “profitto” era derivato dalla commissione del reato contestato e da ritenersi immediatamente coincidente con il risparmio economico conseguito dalla società s.r.l. per effetto dell’evasione tributaria. Pertanto, il sequestro per equivalente a carico del manager avrebbe potuto essere adottato unicamente a seguito dell’accertata impossibilità di procedere a fini di confisca dei beni della società che ha beneficiato dall’indebito risparmio fiscale.
Quindi a seguito della bacchettata dei giudici di merito da parte degli Ermellini si dovrà procedere al trasferimento degli atti ad un nuovo Collegio del Tribunale delle Libertà di Napoli che dovrà riesaminare il caso alla luce del principio chiarito in sede di legittimità.
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