La Corte di Cassazione con la sentenza n. 18226 depositata il 16 settembre 2017 intervenendo in tema di TARSU/TIA ha affermato che è illegittima la richiesta dell’Ente impositore di pagamento della ‘Tia – Tariffa igiene ambientale’ anche per il l’area destinata a manovra e parcheggio dei veicoli a motori qualora i relativi presupposti siano stati di volta in volta dedotti nella denunzia originaria o in quella di variazione.
La vicenda ha riguardato una società svolgente attività di produzione di calcestruzzo a cui il concessionario del servizio riscossione tributi del Comune veniva richiesto il pagamento della TIA anche per l’area adibita adibita a piazzale di manovra degli autoarticolati e parcheggi di automezzi adibiti a carico e scarico. Avverso gli atti impositivi la società propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accolsero le doglianze della società contribuente. La società titolare del servizio riscossione tributi impugno la decisione dei giudici di prime cure innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermano la decisione della CTP ritenendo non applicabile l’imposta TIA alle aree scoperte adibite a manovra e parcheggio in quanto insuscettibili di produrre rifiuti.
Avverso la decisione della CTR la società titolare del servizio riscossione tributi propose ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini respingono il ricorso. I giudici di legittimità rilevano come l’assoggettabilità del tributo in commento è rappresentato, ai sensi dell’art. 62 primo comma del D.Lgs. n. 507/1993, dalla disponibilità dell’area produttiva di rifiuti per cui la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni. Le deroghe, di cui al 2° comma dell’art. 62, e le riduzioni, di cui all’art. 66, delle tariffe “non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denunzia originaria o in quella di variazione”
Per i giudici del palazzaccio, pertanto, la sentenza della CTR ha fatto corretta applicazione della norma e dei principi nel ritenere “non soggetta a tributo TIA (che costituisce una mera variante della TARSU come affermato da Sezioni Unite 2010/14903 2015/23114 e dalla Corte Costituzionale 2010/64), per la parte fissa, l’intera area dell’opificio di mq 11.758 in quanto, detratta l’area di mq 1.762 mq che produce rifiuti urbani come riconosciuto dalla stessa ricorrente, l’area di mq 9.996 adibita a spazi di manovra di autoarticolati, parcheggio di betoniere e viabilità o produttrice di rifiuti speciali non assimilati non deve essere tassata per la parte fissa ai sensi dell’art.62 comma 2 D.Lgs 507/93.”
La Corte Suprema a conferma di quanto affermato in ordine ai rifiuti speciali non assimilati smaltiti in proprio richiama la sentenza della Cass. V sezione nr.9859 del 2016 in cui è stato affermato che “In tema di TARSU con riguardo all’art. 62, coma 3, d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 …la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, salva l’applicazione sulla stessa di un «coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi>> e chiaramente presuppone l’assoggettamento a TIA dei soli rifiuti urbani e salvo il diritto ad una riduzione della stessa in caso di produzione di rifiuti assimilati «smaltiti in proprio». Cosicché…per rifiuti consistenti in materiali di ferro o comunque ferrosi che non potevano essere assimilati a quelli urbani la contribuente non era tenuta a versare la parte variabile della TIA (Cass. sez. trib. n. 5829 del 2012; Cass. sez. trib. 3756 del 2012).”
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