AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 ottobre 2021, n. 675
Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 Valore fiscalmente riconosciuto dei Titoli Esteri Articolo 68, comma 6, del Tuir
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante è uno degli eredi di un soggetto fiscalmente non residente in Italia alla data del decesso. L’asse ereditario del de cuius, ereditato pro quota dall’Istante, comprende partecipazioni sociali e obbligazioni, tutte depositate all’estero alla data del decesso.
Si tratta, in particolare, di azioni e obbligazioni emesse da società italiane, nonché di azioni e obbligazioni emesse da società non aventi in Italia sede legale, oggetto principale o sede dell’amministrazione (di seguito Titoli Esteri).
I titoli emessi dalle società italiane sono stati indicati nella dichiarazione di successione del de cuius e assoggettati all’imposta di successione ai sensi del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di seguito TUS).
L’Istante rappresenta, inoltre, che in virtù delle disposizioni contenute nell’articolo 2 del TUS, in base al quale nel caso in cui il de cuius non sia residente in Italia alla data del decesso l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti in Italia, i Titoli Esteri sono stati considerati “esenti” dall’imposta sulle successioni in Italia per carenza del requisito impositivo territoriale.
In tale evenienza, infatti, il presupposto territoriale dell’imposta sulle successioni italiana non si è verificato, atteso che alla data del decesso il de cuius non era residente in Italia e i Titoli Esteri non erano depositati in Italia.
L’Istante riferisce, inoltre, di aver recentemente conferito a una società fiduciaria italiana un mandato per l’amministrazione dei Titoli Esteri ricevuti in eredità e ha esercitato l’opzione per il cd. regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
L’Istante intende cedere a titolo oneroso alcuni dei predetti Titoli Esteri, con la possibile insorgenza di plusvalenze imponibili sulla base delle disposizioni contenute nell’articolo 67, comma 1, lettera c), c-bis) e c-ter), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Ai fini del calcolo delle plusvalenze, deve pertanto fornire alla società fiduciaria, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del citato decreto legislativo n. 461 del 1997, le informazioni relative al valore fiscalmente riconosciuto dei Titoli Esteri. In mancanza di tale informazione la fiduciaria è tenuta a sospendere l’esecuzione della vendita, con conseguente impossibilità di cedere i predetti Titoli.
Il contribuente rappresenta un dubbio interpretativo circa l’applicazione alla fattispecie rappresentata dell’articolo 68, comma 6, del Tuir, laddove dispone che «nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione».
L’Istante chiede, pertanto, di conoscere quale sia il criterio da adottare per individuare il valore fiscalmente riconosciuto dei Titoli Esteri, in modo da poterlo comunicare correttamente alla società fiduciaria.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Nell’istanza viene sottolineato che la norma individua due distinti criteri di determinazione del valore fiscale in capo all’erede/legatario: il valore definito o dichiarato ai fini dell’imposta sulle successioni in Italia, applicabile ai titoli assoggettati a tale imposta e il valore normale alla data di apertura della successione, per i titoli esenti dall’imposta di successione in Italia.
A parere dell’istante il criterio del valore normale alla data di apertura della successione è applicabile in tutti i casi in cui, come quello oggetto dell’interpello, i titoli ereditati non abbiano scontato l’imposta di successione in Italia, a prescindere dalle ragioni sottese al mancato assoggettamento al tributo.
Il contribuente ritiene, pertanto, che il costo fiscale dei Titoli Esteri rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 68, comma 6, del Tuir sia pari al valore normale dei titoli alla data di apertura della successione.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con riferimento alla territorialità dell’imposta di successione, l’articolo 2, comma 1 del TUS, dispone che l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero. Il successivo comma 2, precisa, tuttavia, che se alla data di apertura della successione il defunto non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti.
Il comma 3 del medesimo articolo precisa che si considerano in ogni caso esistenti nello Stato le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale, nonché le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni emessi dallo Stato o dalle predette società o enti.
Nel caso in esame l’Istante afferma che una parte dei titoli ereditati dal de cuius non residente in Italia e dallo stesso detenuti all’estero sono costituiti da azioni e obbligazioni emesse da società avente sede legale, amministrativa e oggetto principale al di fuori dell’Italia.
Sulla base di quanto rappresentato, pertanto, con riferimento a tali titoli deve essere assunta l’assenza del presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle successioni in Italia.
Tanto premesso, si rende necessario esaminare la disciplina fiscale in tema di determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria.
Come noto, ai sensi dell’articolo 68, comma 6, del TUIR, «le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma e il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente la loro produzione, compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione».
La norma prevede, quindi, il criterio di valorizzazione dei titoli al valore normale per i titoli esenti dall’imposta di successione.
Il citato decreto legislativo n. 346 del 1990 delinea chiaramente i beni non soggetti all’imposta di successione. In particolare, l’articolo 9 prevede che l’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all’imposta a norma degli articoli 2, 3, 12 e 13 del medesimo decreto.
In particolare, l’articolo 2 individua i beni con riferimento ai quali l’imposta di successione non si applica per carenza del presupposto territoriale, mentre i successivi articoli 3, 12 e 13 i beni che, invece, rientrerebbero nel campo di applicazione dell’imposta ma che sono ritenuti dal legislatore agevolabili e quindi “esenti” dall’imposta.
Con riferimento ai beni individuati dagli articoli 3, 12 e 13 del TUS il criterio di valorizzazione attraverso l’utilizzo del valore normale è stato ribadito in numerosi documenti di prassi (cfr. risoluzione 24 luglio 2001, n. 120/E, circolare 19 febbraio 2008, n. 12/E).
Nel caso di partecipazioni che non sono state assoggettate all’imposta sulle successioni per mancanza del presupposto di territorialità (come nel caso in esame) in linea con quanto precisato nella circolare 18 ottobre 2001, n. 91/E, non è possibile applicare un criterio di valorizzazione dei titoli previsto nei casi di esenzione dall’imposta.
In particolare, in caso di acquisto per successione delle partecipazioni e dei titoli di cui alle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir, non potendosi più applicare la disposizione contenuta nel successivo articolo 68, comma 6 laddove è stabilito che «si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione», si deve assumere come “costo” il “costo sostenuto” dal de cuius. Ciò in quanto il mancato assoggettamento all’imposta sulle successioni fa venir meno il presupposto per consentire una “rivalutazione” della partecipazione ereditata.
Nella fattispecie in esame, si ritiene che lIstante, al fine di consentire alla società fiduciaria di determinare la plusvalenza/minusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso dei Titoli Esteri, debba fornire alla stessa il costo che aveva sostenuto il de cuius per l’acquisto di tali titoli.
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