CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 settembre 2017, n. 22877
Imposte dirette – IRPEF – Investimenti fondo di previdenza integrativa aziendale – Fondo PIA – Rendimenti
Fatti di causa
G.D., ex dirigente E., propone ricorso straordinario ex art. 111 Cost. per la cassazione dell’ordinanza della C.T.R. del Lazio, n. 678/15 dep. Il 29 luglio 2015, che ha dichiarato chiuso il procedimento instaurato dal contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso per Irpef 2000, per la mancata applicazione della minore aliquota del 12,50% sui rendimenti derivanti dall’investimento del fondo di previdenza integrativa aziendale.
L’ordinanza è stata emessa a seguito di giudizio di ottemperanza alla sentenza delle S.U. n. 13661/11, che avevano statuito il diritto del contribuente al rimborso per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 con l’applicazione della minore aliquota solo sulle somme liquidate a titolo di rendimento, accolto dalla C.T.R. Lazio o con la sentenza n. 3702/01/14. A seguito di presentazione di nota (del 21 gennaio 2015) con la quale il D. comunicava al giudice dell’ottemperanza che l’Amministrazione non aveva provveduto al rimborso, il Commissario ad acta, all’uopo nominato, depositava una relazione con la quale affermava – a seguito di verifiche dalle quali emergeva che “non è ipotizzabile nessun rendimento derivante dall’investimento, da parte del Fondo PIA, sui mercati finanziari – che il rimborso non era spettante.
L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso e propone ricorso incidentale.
G.D. si costituisce con controricorso sul ricorso incidentale dell’Agenzia. Entrambe le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso principale G.D. deduce, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 70 del d.lgs. 546/92, per avere il Commissario ad acta travalicato i limiti dell’incarico ricevuto dal giudice dell’ottemperanza, sostituendo la nozione di rendimento a quella di rendimento finanziario, estraneo al Fondo in questione.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
2.1. Va anzitutto dichiarata l’ammissibilità del ricorso, avendo il provvedimento impugnato contenuto decisorio. Infatti la C.T.R. ha rilevato, sulla base della relazione del Commissario ad acta e degli allegati, il corretto adempimento amente dei “compiti assegnati dal giudice dell’ottemperanza, che comprendevano espressamente la verifica sui rendimenti conseguiti”, con ciò non limitandosi a prendere atto dell’ottemperanza, ma esprimendo un giudizio sull’operato del Commissario, ritenuto conforme ad una corretta interpretazione della sentenza delle SU., richiamata nella parte in fatto della sentenza. Se ne deve inferire che l’ordinanza in parola si traduce in un provvedimento che non ha carattere meramente ordinatorio, tale cioè da risolversi in una semplice presa d’atto dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che pronuncia sull’istanza di ottemperanza, e di quelli adottati dal commissario ad acta nominato con la stessa sentenza, limitandosi, di conseguenza, a dichiarare chiuso il procedimento. Ne discende che è impugnabile per cassazione in questo specifico caso l’ordinanza che ha chiuso il procedimento verificata l’ottemperanza.
2.2. Quanto alla dedotta violazione di legge, per avere la CTR confermato la relazione del Commissario sulla base in particolare del certificato dell’E., subentrato al fondo PIA, che ha escluso la produzione di rendimenti, “derivanti dall’investimento, da parte del Fondo PIA, sui mercati finanziari”, piuttosto che fare riferimento al mercato tout court, essa è infondata, trattandosi di precisazione che non incide sulla correttezza della decisione. Ciò in quanto il Fondo PIA non ha prodotto rendimenti derivanti dall’investimento sul libero mercato, trattandosi di accantonamenti effettuati dall’ente datore di lavoro, attraverso il fondo di previdenza integrativa, idonei a costituire riserva matematica per la erogazione delle future prestazione previdenziali, commisurata su base retributiva e non contributiva.
2.3. L’ordinanza impugnata ha pertanto correttamente applicato i principi, come espressi dalle SU (n. 13642 del 22/06/2011) e precisati da successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass. n.10285 del 26.4.2017) secondo cui: «in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo vigente ratione temporis)’, b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico – attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate» (Cass. n. 10285 del 2017 cit.).
3. Il ricorso va conseguentemente rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
4. Vanno compensate le spese dell’intero giudizio in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza sulla materia.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; compensa le spese dell’intero giudizio. Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
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