COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Aosta sentenza n. 7 del 14 marzo 2016
ACCERTAMENTO – ESTINZIONE DELLA SOCIETA’ DI CAPITALI – RESPONSABILITA’ DEI SOCI
FATTO
Il presente giudizio prende le mosse dalla verifica fiscale eseguita dall’Ufficio nei confronti della posizione della E.E. a r.l., che ha esercitato l’attività di “Edizione di riviste e periodici” ed è stata posta in liquidazione in data 21.12.2008 nonché cancellata dal registro delle imprese di Aosta in data 15.4.2011. Siffatta verifica sfociava nel recupero dell’Iva per l’anno di imposta 2008.
Infatti, sulla base dei dati rinvenuti dalla comunicazione annuale IVA e tenuto conto che, nonostante i ripetuti inviti, la società e il liquidatore P.S. non hanno esibito le scritture contabili richieste, l’Amministrazione finanziaria – ai sensi dell’art. 55 del D.P.R. 633/72 – accertava operazioni imponibili attive di Euro 427.658,00 e l’imposta dovuta di Euro 80.866,00 in relazione all’anno 2008, stante l’omissione della dichiarazione IVA che non consente di tenere conto dell’IVA detraibile relativa agli acquisti.
L’avviso di accertamento n. T—-7/2013 del 22.10.2013 nei confronti della società, stante l’irreperibilità della stessa, veniva notificato al P.S. quale rappresentante della società in data 13.11.2013.
In data 27.12.2013 quest’ultimo presentava istanza di annullamento del prefato atto, argomentando che il liquidatore non è soggetto abilitato a rappresentare la società “accertata” in base alle disposizioni di cui all’art. 2495 c.c.
In data 30.12.2013 l’Ufficio procedeva a rinotificare l’avviso di accertamento ai sigg. P.S., P.R. e G.R. in qualità di soci della società E.E. a rl.
Con ricorso n. 128/2014 alla Commissione tributaria provinciale di Aosta i predetti soci contestavano la pretesa impositiva.
In primo luogo, i ricorrenti evidenziavano la mancanza del presupposto in base al quale l’Ufficio non terrebbe conto, nel calcolo della maggiore imposta richiesta, delle detrazioni dovute sugli acquisti effettuati nell’anno 2008, rappresentato dall’omessa presentazione della dichiarazione IVA; quest’ultima, al contrario, sarebbe stata regolarmente presentata.
Precisavano, in secondo luogo, che il capitale della società da essi stessi “sottoscritto e totalmente versato”‘ al termine della liquidazione della società, iniziata il 21.12.2008 e terminata il 31.12.2009, è stato interamente assorbito dalle perdite di liquidazione, senza restituzione alcuna ai soci, i quali trattandosi di società di capitali godono del beneficio della responsabilità limitata. Infatti, alla luce della giurisprudenza della Cassazione, i soci di società di capitali estinta sarebbero responsabili nei confronti dei creditori solamente nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione.
Con apposita memoria si costituiva l’Ufficio, evidenziando che l’Erario può comunque procedere al controllo ed all’accertamento della posizione fiscale di una società per una annualità in cui essa era attiva ed operante. Ne conseguirebbe che la cancellazione della società dal registro delle imprese, pur determinando l’estinzione dell’ente, non può provocare la scomparsa dei debiti rimasti insoddisfatti che la società aveva nei confronti dei terzi.
Per quanto concerne la mancata presentazione della dichiarazione Iva, l’Amministrazione sottolineava la mancanza nella dichiarazione di ogni quadro riferito all’IVA, e che presso l’anagrafe tributaria era stato possibile reperire solamente la dichiarazione annuale dati IVA, la quale non può essere considerata come sostitutiva della dichiarazione annuale.
Con sentenza n. 67/2/14 la C.T.P. accoglieva il ricorso ritenendo infondata la pretesa dell’Ufficio avente ad oggetto il recupero dell’Iva dovuto dalla società nei confronti dei singoli soci.
In via preliminare il Collegio di prime cure dà atto che risultano incontestati i seguenti fatti: la società era stata posta in liquidazione il 21.12.2008, la liquidazione ebbe termine il 31.12.2009, il liquidatore provvide ad effettuare la cancellazione della società dal Registro delle Imprese in data 15.4.2011.
In punto di diritto la Commissione provinciale osserva che, nel caso di società di capitali estinta (come nella vicenda in esame), le obbligazioni sociali si trasferiscono ai soci i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione.
La sentenza è stata impugnata dall’Ufficio con i seguenti argomenti: 1) l’Amministrazione ha avanzato una pretesa legittima nei confronti dei soci, unici “eredi” della società estinta sulla base della giurisprudenza di legittimità; 2) a tale pretesa i soci hanno opposto (eccependola) la limitazione della loro responsabilità contemplata dall’art. 2495 co. 2 c.c.; 3) rientra nel thema decidendum del giudizio la definizione della responsabilità dei soci: 4) rientra nell’id quod plerumque accidit che le somme non dichiarate non siano confluite nel bilancio finale di liquidazione e siano al contrario state distribuite ai soci unici eredi della società estinta (a fortiori nel caso di società a ristretta base sociale, come nella fattispecie in esame); 5) l ‘interpretazione estensiva della disciplina dell’art. 2495 comma 2 c.c. permette di affermare la ricorrenza della responsabilità dei soci cessati verso i creditori sociali non solo entro i limiti delle somme riscosse dai primi in base al bilancio finale di liquidazione, ma anche entro i limiti di successive attribuzioni patrimoniali pervenute ai soci cessati in dipendenza del loro subentrare nelle posizioni attive della società cancellata.
Si costituivano i soci con controdeduzioni scritte, richiamando gli argomenti sviluppati in prime cure. In particolare essi precisavano di non aver beneficiato di alcuna entrata “in nero” e che l’accertamento de quo si basa unicamente sull’annullamento formale delle detrazioni IVA relative agli acquisti per effetto del mancato, preteso, ricevimento da parte dell’Agenzia della dichiarazione IVA. Trattasi, dunque, di accertamento induttivo, e non di maggiori operazioni imponibili accertate dall’Amministrazione.
La controversia tributaria viene trattata alla camera di consiglio del 29 febbraio 2016.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Come correttamente evidenziato in prime cure, la cancellazione della società di capitali dal Registro delle Imprese ne causa l’estinzione per cui la società non è più soggetto di diritto, essendo priva di legittimazione sostanziale e processuale, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti.
Sul punto, le Sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 4060/2010) hanno rammentato quanto segue. Fino alla riforma organica della disciplina delle società di capitali e cooperative di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, era stata unanime la scelta ermeneutica dei giudici di legittimità di ritenere la cancellazione dal registro delle imprese della iscrizione di una società commerciale, di persone o di capitali, mera pubblicità dichiarativa; essa non produceva l’estinzione della società stessa, in difetto dell’esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo alla medesima, per cui ne permaneva la legittimazione processuale e il processo già iniziato proseguiva nei confronti, o su iniziativa, delle persone che già la rappresentavano in giudizio o dei soci, anche con riferimento alle fasi di impugnazione (Cass. n. 646/07, 12114/06, 7972/00, 3221/99, cfr. altresì Cass. 21 agosto 2004 n. 16500, 28 maggio 2004 n. 10324, 20 ottobre 2003 n. 15691, 2 agosto 2001 n. 10555, l luglio 2000 n. 8842, 15 giugno 1999 n. 5941, 20 ottobre 1998 n. 10380, 16 novembre 1996 n. 10065). Successivamente, però, la legge di delega per la riforma del diritto societario n. 366 del 2001, all’art. 8, relativo allo scioglimento e alla liquidazione della società, al comma 1, lett. a, ha previsto che la legge delegata dovesse semplificare le procedure di accertamento delle cause di scioglimento e dei procedimenti di nomina dei liquidatori, dando mandato al legislatore delegato di provvedere a “disciplinare gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese”. All’art. 9 della stessa legge relativo alla “cancellazione” della iscrizione della società dal registro delle imprese, viene disposto che il futuro decreto legislativo semplifichi e precisi le circostanze in presenza delle quali devono cancellarsi le società di capitali dal registro delle imprese, prevedendo pure “forme di pubblicità della cancellazione dal registro” che, nella legge di delega, è considerata vicenda societaria da iscrivere nel registro, con gli effetti sostanziali e processuali di cui all’art. 2495 c.c., tra i quali, per la prima volta, espressamente si prevede la estinzione della personalità delle società di capitali e di quelle cooperative. La riforma delle società di capitali e cooperative di cui al D.Lgs, 17 gennaio 2003 n. 6, entra in vigore il l gennaio 2004 e in essa vi è l’art. 2495 c.c., novellato con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4 e sostitutivo del previgente art. 2456 c.c.; il relativo contenuto è rimasto immutato nella previsione del comma l delle condizioni e presupposti della cancellazione, costituiti dallo scioglimento della società e dalla procedura di liquidazione, essendosi modificato il solo secondo comma; ciò con l’inserimento in esso dell’inciso preliminare “ferma restando l’estinzione della società” dopo la cancellazione e la nuova previsione della notifica, entro un anno da detto effetto estintivo, presso la sede della società estinta, delle domande dei creditori sociali nei confronti dei soci di essa, che risponderanno di tali debiti nei limiti della parte di capitale a ciascuno di loro ripartito o dei liquidatori in colpa per l’inadempimento, con disciplina analoga a quella della notificazione dell’atto riassuntivo della causa ai successori, in caso di morte della parte del processo. La riforma introdotta tiene conto della cancellazione della iscrizione della società come istituto sostanziale da pubblicizzare, di cui alla legge di delega, e prevede che resta “ferma … la estinzione della società, dopo la cancellazione”, considerando quindi la prima effetto della seconda.
Traslando siffatti principi alla vicenda in esame, la società E.E. a rl è, dunque, da considerarsi estinta dal 15.4.2011, data di cancellazione dell’iscrizione al Registro delle imprese.
Con riferimento alla responsabilità dei soci, odierni appellati, limitatamente all’attivo loro distribuito in sede di liquidazione, parimenti chiaro e condivisibile è l’approdo ermeneutico del Giudice di legittimità.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 6071/2013 che il Collegio condivide e dalla quale non ravvisa motivo di discostarsi, hanno rammentato che “il legislatore del codice civile, anche in occasione della già ricordata riforma del diritto societario, si è preoccupato espressamente di disciplinare … la sorte dei debiti sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società dal registro. Il secondo comma del citato art. 2495 (riprendendo, peraltro, quanto già stabiliva in proposito il secondo comma del previgente art. 2456) stabilisce, a tal riguardo, che i creditori possono agire nei confronti dei soci della dissolta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. …. Nessun ingiustificato pregiudizio viene arrecato alle ragioni dei creditori, del resto, per il fatto che i soci di società di capitali rispondono solo nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della liquidazione. Infatti, se la società è stata cancellata senza distribuzione di attivo, ciò evidentemente vuoi dire che vi sarebbe stata comunque incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare”.
Applicando questi canoni alla presente fattispecie, è incontestato che i ricorrenti in prime cure non abbiano ricevuto restituzione alcuna, in sede di riparto dell’attivo, dei capitali conferiti alla società, con conseguente insussistenza di posizioni debitorie dei predetti soci nei confronti dei creditori sociali (ivi compreso il Fisco).
Il regime di responsabilità limitata appare a fortiori ragionevole nel presente giudizio, atteso che non vi è alcuna prova da parte dell’Amministrazione Finanziaria di attribuzioni patrimoniali pervenute ai soci successivamente alla liquidazione, a differenza di quanto prospettato dall’Ufficio, in termini meramente generali e astratti, in sede di gravame.
Né, come rammentato nella sentenza di prime cure, possono trarsi argomenti in senso contrario, in relazione alla vicenda in oggetto, dalla recente delega fiscale (art. 28 della legge 25.9.2014), avendo la Corte di Cassazione evidenziato la natura non retroattiva della relativa previsione (Cass. n. 6743/2015).
L’appello deve, quindi, essere respinto con conferma della sentenza di primo grado.
Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale, definitivamente pronunciando, rigetta i motivi di appello e, per l’effetto, conferma la decisione di primo grado.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 2.000,00.
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