CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4617
Tributi locali – ICI – Accertamento – Riscossione – Contenzioso tributario
Rilevato che
1. la I. s.p.a. impugnava tre avvisi di accertamento emessi con riferimento all’ICI dovuta per le annualità 2003-2005 e notificati dalla S.R. s.p.a., quale concessionaria per la riscossione dei tributi del Comune di Prato;
2. il ricorso dei contribuenti veniva dichiarato inammissibile in primo grado sul presupposto che non fosse stato indicato, nell’atto di ricorso, il nominativo del legale rappresentante della società ricorrente; proposto appello, la CTR riformava la sentenza della CTP, ritenendo che nei mandati rilasciati in calce ai ricorsi introduttivi era chiaramente indicato il nominativo del legale rappresentante e, nel merito, accoglieva il ricorso limitatamente all’annualità 2003, sul presupposto dell’intervenuta prescrizione;
3. avverso la suddetta pronuncia, la S.R. s.p.a. propone ricorso in cassazione affidato a due motivi; resiste la contribuente con controricorso e ricorso incidentale articolato in due motivi.
Considerato che
1. con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, d.lgs. n. 504/92, sul presupposto che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto l’ammissibilità dei ricorsi introduttivi, nonostante l’omessa indicazione del legale rappresentante della società contribuente;
1.2. il motivo è infondato, atteso che la CTR ha correttamente applicato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’atto introduttivo è inammissibile solo ove vi sia una incertezza assoluta in ordine all’identificazione del legale rappresentante, circostanza che la CTR ha escluso, affermando che «nei mandati rilasciati in calce ai ricorsi introduttivi è chiaramente indicato il nominativo del legale rappresentante della società»; che tale affermazione di per sé non integra la violazione di legge dedotta dal ricorrente, il quale avrebbe potuto al più censurarla sotto il profilo del vizio di motivazione, ove ritenuta erronea, ma tale doglianza non è stata compiutamente articolata;
tanto meno è condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui sarebbe inidonea l’indicazione del legale rappresentante contenuta nella procura allegata al ricorso introduttivo, tale circostanza, infatti, non è stata in alcun modo espressamente documentata – in ossequio al principio di autosufficienza – ed è espressamente contraddetta da quanto accertato dalla CTR; in ogni caso, per consolidata giurisprudenza, in tema di contenzioso tributario, l’art. 12 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non prevede il rilascio di una procura di rappresentanza, ma soltanto, ove la causa sia di valore superiore a euro 2.582,28, la necessità del conferimento, in favore dei soggetti abilitati, di un incarico professionale a prestare assistenza, che può avvenire nelle forme proprie del mandato “ad litem”, la cui validità segue le regole generali dettate per il processo civile dall’art. 83 cod. proc. civ., con la conseguenza che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che però sia congiunto materialmente all’atto cui si riferisce (Cass. 29591 del 2011, rv. 621033);
2. con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., dell’art. 60 d.P.R. n. 600/73 e 149 cod.proc.civ., in quanto si sostiene che la CTR avrebbe erroneamente dichiarato l’intervenuta prescrizione del tributo relativo all’anno 2003, affermando che la notifica era stata richiesta alla fine di dicembre del 2010;
2.1. il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza; premesso che l’articolazione del motivo, nonostante il riferimento alla violazione di legge, introduce una tipica doglianza concernente la motivazione adottata dalla CTR, si rileva come non sono stati riprodotti nel ricorso per cassazione i documenti (richiesta di notifica e relata), tanto meno si è indicato espressamente la loro esatta ubicazione nel fascicolo processuale; ne consegue il mancato rispetto del requisito dell’autosufficienza, inteso da consolidata giurisprudenza di questa Corte nel senso che la parte è tenuta a specificare in quale sede processuale il documento, pur individuato dal ricorso stesso, risulta prodotto, in quanto indicare un documento significa, necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove é rintracciabile nel processo (Cass. 19766/08; conf.: ord. Sez.VI, 22607/14; Cass. 20679/14; Cass. n. 14784 del 2015, Rv. 636120);
3. con il primo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 n. 3, cod.proc.civ., la violazione dell’art. 5, comma 6 d.lgs. n. 504/92, sostenendo che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che il mero completamento dell’immobile, in assenza di aumento di volumetrie, possa considerarsi di per sé idoneo a determinare un incremento di valore; la società ricorrente ha chiesto che tale motivo venga ritenuto inammissibile, trattandosi di questione nuova e non oggetto delle pregresse fasi di merito;
3.1. l’eccezione sollevata dalla S.R. s.p.a. è fondata, posto che la contribuente, si è limitata a dedurre la questione, senza indicare se la stessa sia stata sollevata fin dalla fase di merito e con quale atto; per consolidata giurisprudenza, la parte, nel ricorrere in cassazione, non può mutare – salvo che tale esigenza origini dalla sentenza impugnata – la posizione assunta nel giudizio di appello, attraverso il proprio atto introduttivo o difensivo, per sostenere un motivo di ricorso, giacché, diversamente, si consentirebbe all’appellante di modificare, in un successivo grado di giudizio, il contenuto dell’atto di gravame ed i relativi motivi, con manifesta contraddizione rispetto alla logica che presiede l’esercizio stesso del diritto di impugnazione (Cass. n. 2033 del 2017, rv. 642708);
3.2. occorre considerare che la CTR ha motivato nel merito affermando che la base imponibile era stata determinata in base al valore venale degli immobili e tenendo conto che si tratta di area fabbricabile, senza che vi sia alcun riferimento al presunto aumento di valore dipendente dall’ultimazione dell’immobile; sulla base del raffronto tra il motivo di ricorso incidentale e la motivazione della CTR, pertanto, non è possibile desumere che la questione fosse stata già dedotta in sede di merito, dal che consegue la conferma della fondatezza dell’eccezione di inammissibilità;
4. con il secondo motivo di ricorso incidentale, la contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3, cod.proc.civ., la violazione di legge, relativamente all’art. 5 d.lgs. n. 504/92, in ordine alla ritenuta omessa motivazione degli avvisi di accertamento impugnati;
4.1. il motivo è infondato; premesso che la censura, per come esposta dalla contribuente, integra essenzialmente il vizio di omessa motivazione circa i criteri di determinazione del valore degli immobili, piuttosto che la violazione di legge; il vizio di violazione di legge, infatti, consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica i valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 24155 del 2017, rv. 645538);
pur con tale precisazione, la censura è infondata nella misura in cui il ricorrente non specifica affatto quale sarebbe il parametro non adeguatamente valutato dal giudice di merito, al punto da invalidare la motivazione; a ciò si aggiunga che, con l’unico motivo in esame, la contribuente lamenta da un lato il difetto di motivazione degli avvisi d’accertamento (di cui riporta un brano ritenuto rilevante) ed al contempo censura anche il vizio di motivazione della sentenza; la commistione tra aspetti e motivi di censura difformi tra di lodo, unita alla mancanza di specificità circa l’aspetto valutativo non adeguatamente considerato dalla sentenza della CTR, comportano che il vizio si risolva in una lettura alternativa delle risultanze di causa rispetto a quella fatta propria dal giudice di merito, in assenza di una puntuale e specifica censura dei criteri ermeneutici asseritamene violati;
5. la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di giudizio della fase di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Spese compensate.
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