CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 9453 depositata il 2 marzo 2018
Reati tributari – Emissione di falsi documenti di trasporto internazionali (CMR) – Reato di emissione di documenti per operazioni inesistenti – Art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000 – Condanna – Legittimità
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16/05/2016, la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del 14.6.2012 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Treviso, con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, S. P. U. era dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 8 d.lvo 74/2000 – perché quale legale rappresentante della S. P. U. srl, emetteva falsi documenti di trasporto internazionale (CMR) al fine di consentire a terzi (V. Srl e soggetti destinatari di fatture per operazioni inesistenti consistenti in operazioni di cessione intracomunitarie) l’evasione delle imposte – e condannato alla pena sospesa di anni uno di reclusione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione S. P. U., per il tramite del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 1 e 8 del d.lvo 74/2000.
Argomenta che la Corte territoriale non considerava la questione relativa alla natura del documento di trasporto CMR e che tale documento, non avendo valore probatorio del contratto di trasporto, non poteva rientrare nel novero degli “altri documenti” di cui all’art. 1 lett. a) del d.lvo 74/2000, con la conseguenza che non poteva ritenersi sussistente il reato di cui all’art. 8 dlvo 74/2000.
Con il secondo motivo deduce difetto di motivazione in ordine alla natura di documento rilevante ex art. 8 d.lvo 74/2000 del documento di trasporto CMR., sulla base delle considerazioni già esposte al motivo che precede.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla riferibilità all’imputato della condotta contestata, argomentando che la Corte territoriale erroneamente fondava l’affermazione di responsabilità sulla circostanza che non risultavano emessi i documenti di trasporto, senza valutare il motivo di appello che contestava la possibilità di emettere tale documenti perché eseguiti da altra società, la SC S. Trans srl, di cui l’imputato era socio ma non amministratore.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
All’udienza del 12.4.2017 si è disposto rinvio con sospensione dei termini di prescrizione a seguito di dichiarazione di astensione dalle udienze del difensore.
Considerato in diritto
1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto oggettivamente connessi, sono manifestamente infondati.
Il ricorrente deduce, sotto il doppio profilo di violazione di legge e vizio di motivazione, che i documenti di trasporto internazionali menzionati in imputazione, non sarebbero sussumibili nel novero degli “altri documenti” relativi ad operazioni inesistenti integranti la fattispecie delittuosa di cui all’art. 8 d.llvo 74/2000 e che, quindi, i Giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto integrato tale reato.
2. Va ricordato che la condotta integrante il reato di cui all’art. 8 d.lvo 74/2000 consiste nell’emissione e rilascio delle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Per quanto attiene alla nozione di “fatture o altri documenti” occorre far riferimento alla disposizione di cui all’art. 1 lett. a) del d.lvo 74/2000 che fornisce la definizione di tali elementi: “per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte e che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
Nella specie, risulta accertato che i documenti di trasporto internazionale di cui all’imputazione erano relativi a fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti (cfr pag 2 della sentenza impugnata).
Occorre, quindi, stabilire se i documenti in questione rientrino o meno nella nozione di “altri documenti” richiamata dalla disposizione dell’art. 8 divo 74/2000, al fine di ritenere integrata la fattispecie delittuosa contestata al ricorrente.
Orbene, il legislatore, come visto, ha circoscritto tale nozione a quelli a cui le norme tributarie assegnino una funzione probatoria pari a quella delle fatture, e cioè, a quei documenti che, in base a norme tributarie ne stabiliscono un regime probatorio privilegiato, analogo a quello della fattura, tanto da essere destinati ad attestare fatti aventi rilevanza fiscale.
Gli “altri documenti” che vengono in rilievo sono, dunque, quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, documenti tipici fiscali previsti espressamente dall’art 21 del dpr n. 633/1972.
Com’è noto, la fattura può definirsi come documento fiscale in cui si ravvisa una “dichiarazione di scienza intesa ad attestare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi”, di regola soggette all’imposta; le fatture devono essere emesse per ciascuna operazione “imponibile” posta in essere, nonché in presenza di operazioni “non imponibili” o “esenti”, ai sensi del citato art. 21 del D.P.R.633 del 72 e, relativamente alle operazioni comunitarie, dell’art. 46 del D.L. n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 427 del 1993.
Il criterio di equiparazione degli “altri documenti” alla fattura è stato individuato nella natura “funzionale” di tali documenti, che, in base a disposizioni tributarie, consente di equipararli alla fattura laddove possano sostituirla, integrarla, o ampliarne la funzione.
Questa Corte ha, infatti, chiarito che rientrano nel novero di tali documenti le ricevute fiscali (art 8 I. 10.5.1976 n. 249), gli scontrini fiscali (art 1 I 26.1.1983 n.18)- documenti che sostituiscono per talune categorie di contribuenti le fatture- nonché i documenti da cui risultino spese deducibili dall’imposta, come le ricevute per spese mediche o per interessi su mutui, ed anche le schede carburanti, previste dal D.M. 7 giugno 1977, in quanto le annotazioni che devono essere effettuate sulle schede carburante sono espressamente considerate sostitutive della fattura (Sez.3,n.2156 del 18/10/2011, dep.19/01/2012, Rv.251877 Sez.3, n.5642 del 2012, non mass.; Sez.3, n.12284 del 07/02/2007, Rv.236812).
Risulta evidente anche la rilevanza fiscale dei documenti di trasporto, in quanto l’art. 21 comma 4 d.pr n. 633/1972 menziona specificamente il documento di trasporto nel novero dei documenti aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture :”la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, dal soggetto che effettua la cessione o la prestazione, al momento di effettuazione dell’operazione determinata a norma dell’art.6 ed uno degli esemplari deve essere consegnato o spedito all’altra parte. Per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione ed avente le caratteristiche determinate con decreto del Ministro delle finanze, la fattura può essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione e deve contenere anche l’indicazione della data e del numero dei documenti stessi. In tale caso può essere emessa una sola fattura per le cessioni effettuate nel corso di un mese solare fra le stesse parti. Con lo stesso decreto sono determinate le modalità per la tenuta e la conservazione dei predetti documenti. In deroga a quanto disposto nel secondo periodo, in relazione a motivate esigenze e previa autorizzazione del Ministro, la fattura può essere emessa entro il mese successivo a quello della consegna o spedizione dei beni limitatamente alle cessioni effettuate a terzi dal cessionario per il tramite del proprio cedente”.
Trattasi, infatti, di documenti che potenziano la funzione della fattura, attraverso un riscontro dell’operazione in essa attestata.
Il documento di trasporto internazionale, denominato CMR o lettera di vettura internazionale, previsto dalla Convention de Merchandise par Route ratificata in Italia con legge ordinaria (la Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada”-C.M.R.- firmata a Ginevra il 19/5/1956 è stata resa esecutiva in Italia con legge del 6/12/1960 n. 1621 ed è stata modificata da un protocollo approvato a Ginevra il 5/7/1976 reso esecutivo in Italia con legge 27/4/1982 n. 242, ha anch’esso rilevanza fiscale perché assolve ad una funzione integrativa della fattura ed è documento idoneo a comprovare il trasferimento delle merci intracomunitarie ai fini del loro trattamento IVA; ai sensi dell’art. 41, comma 1 lett. a) DL n. 331/93, infatti, le cessioni di beni effettuate da operatori italiani nei confronti di operatori UE sono considerate operazioni non imponibili IVA in quanto alle stesse è applicabile il regime di tassazione nello Stato UE di destinazione dei beni.
Deve, dunque, affermarsi il seguente principio di diritto: Il documento di trasporto internazionale, denominato CMR o lettera di vettura internazionale, rientra nel novero degli “altri documenti” di cui all’art. 1 lett. a) del d.lvo 74/2000, in quanto assolve ad una funzione integrativa della fattura ed è documento idoneo a comprovare il trasferimento delle merci intracomunitarie ai fini del loro trattamento IVA; ai sensi dell’art. 41, comma 1 lett. a) DL n. 331/93; l’emissione di un siffatto documento per operazioni inesistenti, pertanto, integra la condotta del reato di cui all’art. 8 d.lvo 74/2000.
3.Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
Nel motivo in esame, in sostanza, si espongono censure le quali, non solo non si confrontano con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, ma si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508).
La censura è in realtà diretta a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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