CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 ottobre 2018, n. 25025
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Verifica fiscale – Riscossione – Omessa dichiarazione di proveni – PVC – Contenzioso tributario – Notificazione
Ritenuto che
La società F.I. S.p.A. impugnava innanzi alla CTP di Piacenza tre avvisi di accertamento, per gli anni di imposta 2001, 2002, 2003, emessi dall’Agenzia delle entrate, a seguito della verifica fiscale compiuta dai funzionari dell’Ufficio, conclusasi con processo verbale di constatazione, notificato in data 28 agosto 2006. Per ogni anno veniva accertata l’omessa dichiarazione di proventi atipici in relazione all’utilizzo da parte di altra società di spazi nell’immobile industriale detenuto in locazione dalla F. S.p.A., mentre con riguardo all’anno 2002, l’Ufficio recuperava costi infragruppo qualificati come “consulenze”, ritenuti non inerenti il reddito di impresa, per un importo di euro 100.000,00, senza effetti ai fini IVA, per prestazioni rese dalla I. s.r.l. alla F. S.p.A. di cui alle fatture n. 59 e 83 del 2002 ognuna dell’importo di euro 50.000,00.
Per gli anni 2002 e 2003, l’Ufficio accertava componenti negativi non deducibili il cui recupero non impugnato dalla Società, veniva acquisito a tassazione a titolo definitivo. Anche con riferimento al 2001 per la ripresa a tassazione di IVA per euro 1082,00, la società contribuente non proponeva impugnazione e la ripresa quI. diveniva definitiva. Per gli anni 2002 e 2003 si recuperavano a tassazione, a titolo di IVA, l’irregolare fatturazione di operazioni imponibili erroneamente non soggettate ad impostai gli importi rispettivamente di euro 9.552,00 ed euro 11.638,00. La CTP, con sentenza n. 12/8/2008, accoglieva parzialmente il ricorso, in particolare, condividendo la tesi della ricorrente in ordine alla legittimità della deduzione da parte della F. S.p.A. del costo di euro 100.000,00 a titolo di “servizi infragruppo”.
La società appellava la decisione con riguardo alla ripresa a tassazione per tutti e tre gli anni dei c.d. “proventi atipici”, mentre l’Ufficio spiegava appello incidentale, contestando la sentenza di primo grado relativamente alla ritenuta legittimità di deduzione dei costi delle consulenze fornite dalla I. alla F., rilevando che tali costi erano stati determinati forfettariamente in euro 100.000,00 ed erano stati imputati al solo scopo di realizzare il c.d. “saldo d’imposta” (effettuabile fra società appartenenti allo stesso gruppo). La CTR dell’Emilia Romagna, rigettava entrambi i gravami, confermando la decisione di primo grado. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo due motivi. La parte intimata non ha svolto difese.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando la violazione dell’art. 75, comma 5, TUIR (d.P.R.n. 917 del 1986), nel testo vigente rationetemporis in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Si argomenta che l’Ufficio ha contestato alla società F. S.p.A. l’insussistenza del requisito dell’inerenza e quello della congruità dei costi, oltre a contestare la inidoneità della documentazione offerta, mentre la CTR si sarebbe limitata a motivare apoditticamente che i costi risultano regolarmente documentati e registrati nelle rispettive contabilità. Questa statuizione si porrebbe in contrasto con la norma richiamata, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, e con il principio secondo cui l’inerenza non può essere provata dalla semplice contabilizzazione e riconoscimento della spesa. Ne consegue che la sentenza impugnata sarebbe erronea in punto di diritto per avere ritenuto sufficiente la documentazione e la registrazione di un costo per servizio c.d. “infragruppo” ai fini della deduzione del reddito di impresa, senza che fosse necessario l’accertamento dell’inerenza e della congruità dello stesso.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5c.p.c., tenuto conto che la CTR, nel respingere l’appello incidentale dell’Ufficio, avrebbe motivato la decisione in maniera del tutto insufficiente, con affermazione assolutamente tautologica, essendosi limitata a rilevare che per dedurre un costo è sufficiente che lo stesso risulti effettivamente sostenuto e registrato nella contabilità aziendale. La sentenza sarebbe viziata dal punto di vista motivazionale non ravvisandosi alcun riferimento al contenuto dell’atto impositivo, alle difese formulate nel corso del giudizio di merito da parte del contribuente e dall’Ufficio, alle articolate doglianze svolte con l’appello incidentale. Si lamenta che i giudici di appello avrebbero dovuto motivare in ordine alla sussistenza dei requisiti della inerenza, della certezza e della congruità del componente negativo di reddito.
3. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati per le considerazioni che seguono.
3.1. L’Ufficio censura, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la sentenza impugnata, atteso che i giudici del merito avrebbero ritenuto sufficiente la documentazione e la registrazione di un costo per servizio c.d. “infragruppo” ai fini della deduzione del reddito di impresa, senza che fosse necessario l’accertamento dell’inerenza e della congruità dello stesso.
Nella specie, la società I. s.r.l. risultava essere controllante della F. S.p.a, e tra esse era stato sottoscritto, in data 29.1.2002, un “contratto per la prestazione di servizi centralizzati di gruppo” c.d. “M.F.”, non registrato. Il contratto aveva ad oggetto: assistenza finanziaria e di gestione della tesoreria, utilizzo superficie opificio industriale, consulenza ed assistenza di comunicazione e servizi di relazioni pubbliche, consulenza ed assistenza organizzativa e del personale, consulenza e assistenza nella progettazione tecnica dei prodotti. Il tutto per un corrispettivo annuo di euro 100.000,00. Tale compenso viene contestato dall’Ufficio, essendo ritenuto ingiustificato, in quanto mancante dei requisiti di inerenza e di congruità.
3.2. Questa Corte, con condiviso principio, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, ha stabilito che l’onere della prova dei presupposti di costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito di impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del d.P.R.n. 597 del 1973 e del d.P.R. n. 598 del 1973, che del d.P.R. n. 917 del 1986, incombe al contribuente, il quale è tenuto, altresì, a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività di impresa, ove sia contestata dall’Amministrazione finanziaria anche la congruità dei dati relativi a costi e ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, in difetto di tale prova essendo legittima la negazione della deducibilità di parte del costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (Cass. n. 2935 del 2015; Cass. n. 7701 del 2013).
3.3. Con specifico riferimento alla materia dei costi c.d. “infragruppo” (ovvero laddove, come nella specie, la società controllante o capofila di un gruppo di imprese, decida di fornire servizi o curare direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo), costituisce ius receptum il principio secondo cui :“l’onere della prova in ordine all’esistenza ed all’inerenza dei costi sopportati incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio, occorrendo, affinché il corrispettivo riconosciuto alla capogruppo sia deducibile ai fini delle imposte dirette e l’IVA contestualmente assolta, sia detraibile, che la controllata tragga dal servizio remunerato un’effettiva utilità e che quest’ultima sia obiettivamente determinabile e adeguatamente documentata” (Cass. nn. 23027 del 2015, n. 8808 del 2012, n. 11949 del 2012, n. 14016 del 1999).
In tal senso è stata ritenuta legittima la prassi amministrativa (C.M. n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980) che, al di là della forfetizzazione percentuale dei costi riaddebitati dalla capogruppo alle controllate, subordina la deducibilità dei costi derivanti da accordi contrattuali sui servizi prestati dalla controllante (cosi sharing agreementes) all’effettività e all’inerenza della spesa all’attività d’impresa esercitata dalla controllata ed al reale vantaggio che deriva a quest’ultima, non ritenendosi sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi fornite dalla controllante alle controllate e la fatturazione dei corrispettivi, ma richiedendosi la specifica allegazione di quegli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio (Cass. n. 16480 del 2014).
3.4. La CTR non ha dato corretta applicazione a questi principi, respingendo la pretesa dell’Ufficio volta al recupero di costi per “consulenze infragruppo”, in quanto regolarmente documentate e registrate nelle rispettive contabilità, omettendo di vagliare gli elementi e le deduzioni fornite dall’Amministrazione finanziaria, la quale con appello incidentale si era opposta alla deducibilità dei costi relativi alle consulenze tecnico amministrative fornite dalla I. alla F. S.p.a., atteso che dal contratto e dalle fatture non era possibile Individuare le ore lavorate e l’impiego del personale.
Ne consegue che non è comprensibile l’iter logico giuridico seguito dai giudici dell’appello per giungere al proprio convincimento, non essendo evincibile nella motivazione della decisione la valutazione della certezza, nonché dell’effettività e dell’inerenza delle spese all’attività di impresa esercitata dalla controllata ed il reale vantaggio derivante a quest’ultima (Cass. n. 23164 del 2017; Cass. n. 16480 del 2014).
4. Siffatti rilievi inducono all’accoglimento del ricorso su entrambi i motivi; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi espressi e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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