CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 giugno 2019, n. 15157
Lavoro – Trattamento di fine rapporto di lavoro – Prescrizione presuntiva ex art. 2956 c.c.
Rilevato che
1. con sentenza del 25.6.2014 la corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato l’appello avverso la sentenza del tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda di D.F., impiegato della P.S. srl diretta ad ottenere la condanna della società al pagamento della somma di euro 3687,59 a titolo di differenze di TFR;
2. D.F. appellante aveva sostenuto l’inapplicabilità dell’istituto della prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c., come invece ritenuto dal primo giudice, tesi interpretativa che è stata seguita anche dalla corte territoriale che ha dichiarato applicabile la prescrizione presuntiva, accogliendo l’eccezione di prescrizione triennale formulata tempestivamente dalla società.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F. con quattro motivi, la P. srl è rimasta intimata;
Considerato che
4. I motivi hanno riguardato:
1) la violazione degli artt. 2967, 2943, 2948 n. 5 c.c., 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. per avere errato la corte nell’escludere l’applicabilità della prescrizione estintiva quinquennale, trattandosi di indennità di fine rapporto e per non aver considerato che il diritto non era prescritto atteso che con atto di messa in mora del 10.4.2010 – doc. prodotto in giudizio – detta prescrizione era stata interrotta e che la corte non aveva posto a fondamento della decisione detto documento, neanche valutato;
2) la violazione dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame del fatto decisivo relativo all’interruzione della prescrizione, avendo la corte territoriale del tutto omesso di esaminare il documento decisivo costituito dalla lettera del 19.4.2006, con cui era stata interrotta la prescrizione, documento più volte segnalato nel ricorso introduttivo, atto di messa in mora riconosciuto anche dalla società;
3) la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la corte omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inapplicabilità al TFR della prescrizione presuntiva, ritenuta applicabile dal tribunale, oltre che sull’errato ragionamento della non indispensabilità del requisito della periodicità; 4. La violazione e falsa applicazione dell’art. 2956 n. 1 c.c. per avere ritenuto che il TFR potesse essere ricondotto alle “retribuzioni corrisposte a periodi superiori ad un mese”, ossia che vi fosse il carattere della periodicità plurimensile nell’emolumento TRF, in quanto matura ogni anno.
5. Il primo motivo è fondato. Al trattamento di fine rapporto non si applica la prescrizione triennale presuntiva, ma quella quinquennale, trattandosi di una retribuzione differita, ma soprattutto trattandosi di un’indennità di fine rapporto, che non viene erogata o corrisposta periodicamente, solo essendo riconosciuta annualmente nel suo importo progressivamente maturato.
6. Questa Corte ha più volte affermato che non è ammissibile l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito al trattamento di fine rapporto di lavoro (cfr. da ultimo Cass. 6522/2017), in quanto la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e tale diritto non va confuso col diritto, maturante anche nel corso del rapporto, all’accertamento della quota temporaneamente maturata: l’uno ha per oggetto una condanna mentre l’altro ha per oggetto un mero accertamento. La diversità di contenuto e di maturazione temporale dei due diritti soggettivi comporta il diverso regime della prescrizione, senza che la diversità stessa possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi (così Cass. 8191/2006 e da ultimo Cass. 1684/2017).
7. Inoltre, va ricordato che per costante giurisprudenza di questa S.C. – cui va data continuità anche nella presente sede – le prescrizioni presuntive, che trovano il proprio fondamento solo in quei rapporti che si svolgono senza particolari formalità in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione né rilascio di quietanza scritta, non operano quando il contratto sia stato stipulato per iscritto (cfr. Cass. n. 1392/2016; Cass. n. 11145/2012, Cass. n. 8200/2006, Cass. n. 1304/1995). E poiché l’onere della prova del fatto che consente l’applicabilità di una data eccezione incombe su chi la solleva, è il datore di lavoro a dover eccepire e provare in sede di merito (cosa che non risulta essere avvenuta nel caso di specie) che il contratto di lavoro sia stato stipulato verbalmente e non per iscritto e si sia sempre svolto senza rilascio di quietanze scritte (cfr. Cass. n. 13792/2016);
Va pertanto accolto il primo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza va cassata con rinvio alla corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione che, attenendosi al principio di diritto in particolare di cui al punto 8, dovrà determinare il TFR spettante.
Alla corte d’appello si demanda altresì di provvedere sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata nei termini di cui in motivazione e rinvia alla corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, a cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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