AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 15 settembre 2021, n. 589
Deducibilità dei contributi di previdenza complementare – Art. 8, comma 4 del decreto legislativo n. 252 del 2005 e art. 10, comma 1, lett. e – bis), del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Ente istante, in qualità di sostituto d’imposta chiede di conoscere, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente, il regime fiscale applicabile ai contributi di previdenza complementare, posti a carico del datore di lavoro e del lavoratore.
I dubbi circa il corretto trattamento fiscale dei contributi in argomento, sorgono dal combinato disposto degli articoli 10 del Testo unico delle imposte sul reddito, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), e dall’articolo 8, comma 4 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
Più precisamente, l’Istante fa presente che l’articolo 8, comma 4, del d.lgs. n. 252 del 2005 prevede che sono deducibili i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente entro il limite di euro 5.164,57 mentre in base all’articolo 10, comma 1, lettera e-bis), del Tuir, sono deducibili dal reddito complessivo del contribuente i contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al citato decreto legislativo.
Ciò posto, l’Ente istante chiede se sono deducibili i contributi versati alle forme di previdenza complementare, entro il limite di euro 5.164,57, indipendentemente dal soggetto che li sostiene, oppure è deducibile esclusivamente la quota versata dal lavoratore.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Ente istante ritiene che sono deducibili dal reddito complessivo solo gli oneri sostenuti dal lavoratore dipendente.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47 è stata integralmente riscritta la lettera e-bis) del comma 1 dell’articolo 10, del Tuir con riferimento ai contributi e premi versati alle forme pensionistiche complementari dal 1° gennaio 2001.
Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 252 del 2005, a decorrere dal 1° gennaio 2007, la lettera e-bis), nuovamente sostituita, prevede la deducibilità dal reddito complessivo dei «contributi versati alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 8 del medesimo decreto».
La lettera e-bis), come modificata dall’articolo 21, comma 2, del citato decreto legislativo n. 252 del 2005, si limita a prevede la deducibilità dei contributi senza indicarne i limiti, atteso che questi risultano espressi direttamente nell’articolo 8 dello stesso decreto legislativo.
L’articolo 8, comma 4, del d.lgs. n. 252 del 2005 prevede tra l’altro che «I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili, ai sensi dell’articolo 10 del TUIR, dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57. (…) Ai fini del computo del predetto limite di euro 5.164,57 si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’articolo 105, comma 1, del citato TUIR».
Con la circolare 18 dicembre 2007, n. 70/E, sono stati forniti chiarimenti in merito alle modifiche alla disciplina tributaria della previdenza complementare di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005.
In particolare, nel citato documento di prassi è stato precisato che l’espressione contenuta nel comma 4 dell’articolo 8, ovvero «somme versate dal lavoratore e dal datore di lavoro», benché utilizzi la congiunzione “e” debba essere intesa nel senso di ammettere la deducibilità anche nelle ipotesi di versamento da parte di uno solo dei soggetti (lavoratore, collaboratore ovvero datore di lavoro, committente).
Una diversa interpretazione, che portasse ad escludere la deducibilità in mancanza di versamenti congiunti, sarebbe in contrasto con le finalità del decreto, che intende favorire il ricorso alla previdenza complementare in assoluta libertà di scelta circa la forma previdenziale e l’ammontare del contributo da versare.
Conseguentemente, in base al combinato disposto dell’articolo 10 del Tuir e dell’articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, si deve ritenere che, nella fattispecie rappresentata, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera h), del Tuir i contributi versati alle forme di previdenza complementare, nel limite di euro 5.164,57, anche se versati dal datore di lavoro.
Pertanto, entro la predetta soglia, il sostituto d’imposta, trattenendo l’onere dal cedolino del dipendente:
– deduce i contributi a carico del lavoratore;
– non effettua la ritenuta su quelli a carico del datore di lavoro.
A titolo esemplificativo, laddove il datore di lavoro avesse versato in favore di un proprio dipendente euro 4.000 a titolo di contributi di previdenza complementare e analogo importo fosse versato dal lavoratore al fondo di previdenza complementare, il datore di lavoro, a fronte di un reddito di lavoro dipendente di euro 100.000 assoggetterà a tassazione ai sensi dell’articolo 51 del Tuir, euro 98.835,43.
In tale ipotesi infatti, il versamento di euro 4.000 del datore di lavoro, nonché quello di euro 1.164,57 del lavoratore esauriscono il plafond di euro 5.164,57 e, conseguentemente, la restante contribuzione pari ad euro 2.835,43 (dato da 8.000 – 5.164,57), concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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