Corte di Cassazione ordinanza n. 26410 depositata il 7 settembre 2022
principio dell’assorbimento dei motivi di nullità in motivi di impugnazione – principio di autosufficienza
RILEVATO CHE:
1. La società ricorrente ha proposto ricorso contro una cartella di pagamento con cui gli veniva intimato il pagamento della somma di euro 98.962,43, asseritamente dovuta per interessi, sanzioni, accessori, Ires e IVA anno 2009. Il contribuente denunciava l’inesistenza della notifica della cartella, in quanto effettuata a mezzo di posta raccomandata direttamente dall’Agenzia della riscossione, senza l’intermediazione di un soggetto all’uopo abilitato, nonché l’illegittimità della cartella per mancata indicazione dell’effettivo responsabile del procedimento e per mancata sottoscrizione della stessa da parte di un soggetto a ciò legittimato. L’adìta Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, ritenendo che “Esistono ampia giurisprudenza e decisioni della Suprema Corte che ritengono validamente notificata la cartella a mezza di posta raccomandata e la mancata sottoscrizione della stessa non comporta la nullità dell’atto. Risulta poi difficile comprendere l’argomentazione del ricorrente sulla distinzione che il responsabile dell’emissione della cartella sia persona diversa dal responsabile della stampa, della notifica della cartella”.
2. Avverso la pronuncia il contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale, la quale accoglieva il gravame sotto il solo profilo del difetto di motivazione della sentenza L’Agenzia delle entrate della riscossione propone ricorso in Cassazione avverso detta sentenza, affidandola a due motivi. Il contribuente si è costituito per resistere all’impugnazione, con controricorso, e con memoria 17.6.2022 ha chiesto la fissazione dell’udienza. Lo stesso ha infine depositato memoria ai sensi dell’art.378 cod. proc. civ. in data 30 giugno 2022.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo del ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 59, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e 339 e seguenti del cod. proc. civ. nonché dei principi regolatori del mezzo di impugnazione dell’appello in relazione all’articolo 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Ritiene l’Agenzia ricorrente che la sentenza impugnata sia nulla, laddove ha accolto l’appello del contribuente sulla base del vizio di motivazione delle sentenze di primo grado, ma non ha poi reso alcuna statuizione sulla legittimità della cartella esattoriale opposta. In realtà, una volta ritenuta illegittima per difetto di motivazione la decisione di primo grado, la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto applicare l’articolo 59 del d.lgs n. 546/1992 e pertanto decidere nel merito la causa. I giudici d’appello avrebbero quindi palesemente errato laddove hanno reso una pronuncia esclusivamente rescindente, totalmente ignorando invece l’obbligo di pronunciarsi anche nel merito della pretesa.
2. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’articolo 36 del d.lgs. n. 546/1992 per mancanza di logicità della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Afferma infatti la ricorrente che la sentenza sarebbe illegittima anche per assoluta mancanza di logicità della motivazione. Infatti la sentenza dovrebbe essere, a giudizio della ricorrente, integralmente cassata poiché, anziché scrutinare l’appello nel merito, lo ha accolto sulla base di un’eccezione puramente processuale, attinente alla validità non della cartella, ma della sentenza di primae curae. E sulla base della medesima eccezione, ha inspiegabilmente annullato l’atto impugnato senza avere speso una sola parola sulla sua legittimità.
3. Con il controricorso la contribuente ITS denuncia l’inammissibilità dei motivi di ricorso. Anzitutto ritiene la stessa la totale assenza delle ragioni per cui l’articolo 59 del d.lgs. 546 del 1992 sarebbe stato violato e la mancanza di idonei argomenti giuridici a supporto di tale presunta violazione. Ciò comporterebbe anche l’impossibilità per la società, vittoriosa nel secondo grado di giudizio, di adeguatamente contro argomentare affinché la sentenza ad essa favorevole possa trovare conferma da parte del giudice adito. Il ricorso sarebbe poi anche posto in violazione del principio di autosufficienza, in quanto nello stesso nulla si dice in merito all’esatto passaggio della sentenza impugnata, che violerebbe il ridetto articolo 59. E ciò, nonostante che la decisione ex adverso impugnata risulti integralmente ricopiata. Infatti, la mancata estrapolazione del passaggio utile a ricostruire la asserita violazione normativa, al fine di agevolare lo specifico raccordo tra l’assunto dei giudici di merito con la norma ritenuta violata e le argomentazioni giuridiche, comporta una violazione palese del principio di autosufficienza.
In ordine al secondo motivo si lamenta che l’error in procedendo denunciato dall’Avvocatura, apparentemente relativo a una ipotesi di nullità della sentenza, sarebbe invece invocato come argomento per fondare un’eccezione relativa all’impossibilità che la declaratoria di nullità di una sentenza possa comportarne l’illegittimità, e per l’effetto la nullità dell’atto originariamente compiuto, operandosi così un evidente salto logico. Anche in tal caso poi, si lamenta l’inammissibilità del motivo per violazione del principio di autosufficienza, dal momento che in relazione alla violazione dell’articolo 36 del d.lgs. n. 546/1992, ci si limita a riportare un’unica riga della sentenza, ove la Commissione accoglie l’appello e condanna la parte al pagamento delle spese. Il controricorso procede poi con la riproposizione delle ragioni di merito che giustificherebbero comunque l’annullamento della cartella impugnata, pretendendo che la sentenza di secondo grado abbia accolto il motivo principale circa la nullità della sentenza di primo grado, in quanto del tutto immotivata, considerando gli ulteriori motivi d’appello, ben presenti per essere oggetto della prima argomentazione motivazionale, del tutto assorbiti.
4. In via pregiudiziale deve escludersi che i motivi proposti dalla ricorrente siano affetti da difetto del requisito di autosufficienza, dal momento che in maniera ben chiara si denuncia la sentenza di secondo grado per difetto della relativa motivazione in ordine alle ragioni dell’annullamento dell’atto impugnato, limitandosi la sentenza a motivare la nullità della sentenza per difetto di motivazione. E in proposito altro non poteva fare la ricorrente che riportare, come ha fatto, la motivazione, visto che il passaggio specifico non può sussistere, dal momento che la motivazione sul punto non c’è.
Ciò detto, è noto il principio, affermato da questa Corte, in base al quale l’appello è giudizio a contenuto complesso, il quale, secondo il principio dell’assorbimento dei motivi di nullità in motivi di impugnazione, cumula innanzi allo stesso giudice le fasi rescindente e rescissoria, salvo ricorra alcuna delle ipotesi eccezionali, dalla legge tassativamente elencate, di prevista limitazione dei poteri del giudice del secondo grado al solo iudicium rescindens, in conseguenza di un prefigurato motivo di rimessione della causa al primo giudice. Pertanto, il giudice di appello, come ha il potere di pronunciare su di una domanda sulla quale il primo giudice ha omesso di pronunciare, ha lo stesso potere quando si è in presenza di una pronuncia viziata (nella specie per omessa motivazione), perché adottata in un procedimento conclusosi con una sentenza il cui annullamento non comporti l’obbligo di rimessione al primo giudice (cfr. Cass. 15 settembre 2004 n. 18571; Cass. 8 agosto 2003 n. 11949; e già Cass. 7 luglio 1999 n. 7054; Cass. 13 marzo 1997 n. 2251; da ultimo Cass. 17/04/2019, n. 10744).
Nel caso particolare del processo tributario, l’accoglimento dell’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza di primo grado, confermativa della cartella di pagamento impugnata in quanto asseritamente notificata in assenza delle condizioni minime necessarie per la configurabilità della propria esistenza, oltre che per altri vizi (mancanza del responsabile del procedimento e difetto di sottoscrizione), determina altresì l’annullamento del titolo tributario.
E’ però evidente che l’annullamento conseguente risulta assolutamente immotivato, laddove la sentenza d’appello non spende una sola parola per affrontare le questioni attinenti la fondatezza o meno delle censure che il ricorrente deduce e le conseguenti difese dell’amministrazione.
5. Alla stregua di ciò, risulta evidente che la sentenza debba essere cassata, con rinvio alla commissione tributaria regionale che deciderà in altra composizione, anche in ordine alle spese dell’intero giudizio.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza, rinviando alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia, che provvederà altresì alla determinazione delle spese dell’intero giudizio.
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