La sentenza della Cassazione n. 11614 del 11 maggio 2013 interviene sul tema delle agevolazioni “prima casa” ed in particola sul requisito della residenza.
La vicenda riguarda un contribuente che ha presentato la domanda di residenza entro la scadenza prevista, ossia dodici mesi esatti dall’atto di acquisto dell’immobile. La risposta del Comune è stata negativa. Il contribuente presenta una nuova richiesta che viene accolta ma la seconda richiesta non può ‘salvare’ le agevolazioni fiscali previste per la ‘prima casa’.
L’Agenzia delle Entrate notificava avviso di liquidazione per il recupero delle agevolazioni fiscali “prima casa” di cui all’art. 3, comma 151, della legge 549/1995, fruite in base all’atto di acquisto. L’atto impositivo era stato emesso in quanto la contribuente non aveva stabilito la sua residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile nel termine (un anno dall’ atto) previsto dalla norma. Il contribuente propone ricorso alla Commissione Tributariache sia in primo che in secondo grado accoglieva le doglianze del contribuente. L’Agenzia propone ricorso per Cassazione.
Gli Ermellini ribaltano completamente il pronunziamento della Commissione tributaria regionale e condanna la contribuente protagonista della vicenda a ubbidire alla operazione di “recupero” messa in atto dall’Agenzia delle Entrate.
Secondo la Corte Suprema non può reggere l’ipotesi del “disguido” da addebitare alla struttura del Comune. Soprattutto perché nessuna rilevanza al “eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato”, se, come in questo caso “una domanda di trasferimento della residenza anteriormente (ed in termini)” è stata formulata dal contribuente, con “rigetto da parte del Comune”.
Questo quadro non può essere modificato, peraltro, chiariscono i giudici, neanche dal richiamo della contribuente alla “stipula dei contratti dell’energia elettrica, del gas e della denunzia ai fini della tassa sulla spazzatura”, soprattutto perché questi elementi sono necessari anche “per soggetti non residenti, e, quindi, non dimostrano affatto l’effettivo trasferimento della residenza, neanche nel senso di fissazione della propria dimora abituale nell’immobile acquistato”.
Per questo, la decisione dei giudici di Cassazione chiude definitivamente la vicenda: azzerati i benefici, legittima l’operazione di recupero messa in atto dal Fisco.