Le nuove norme sulla prestazione energetica degli edifici introdotte dal decreto legge 63/2013, hanno un significativo impatto anche sulla contrattualistica relativa ai trasferimenti immobiliari. Le norme non riguardano solo i contratti definitivi (cioè quelli con i quali si trasferisce la proprietà), ma anche la contrattazione preliminare, ovvero quella con la quale i contraenti programmano un futuro trasferimento immobiliare, obbligandosi alla stipula del contratto definitivo.
Nullità per i contratti di «vendita», per gli «atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito» e per i «nuovi contratti di locazione» se l’attestato di prestazione energetica (Ape) non sia «allegato al contratto»: è questa la novità, dirompente, della legge di conversione del Dl 63/2013, in tema di prestazione energetica nell’edilizia (il cosiddetto dl “ecobonus”), la quale introduce, con tale tenore letterale, il nuovo comma 3-bis all’articolo 6 del decreto legislativo. 192/2005.
Il problema nasce dall’inserimento del comma 3 bis all’articolo 6 del Dl 63/13 nel testo convertito in legge. In esso si è stabilito che l’Ape, destinato a sostituire il vecchio Ace (attestato di certificazione energetica), «deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, a pena di nullità degli stessi».
il venditore deve fornire all’acquirente evidenza della futura prestazione energetica dell’edificio, quindi è opportuno inserire nel contratto, in un’apposita clausola, che il venditore ha dato l’informativa contenente la sua previsione sulla futura classe di prestazione energetica. Successivamente, a fine lavori, prima del rilascio del certificato di agibilità, il venditore deve materialmente consegnare all’acquirente l’attestato di prestazione energetica.
La novità è rilevante perché dispone una sanzione civilistica gravissima, quando invece l’introduzione, con il Dl 63/2013, di un largo panorama di notevoli sanzioni pecuniarie, aveva fatto credere che, sul discorso sanzionatorio in tema di Ace/Ape fosse stata posta la parola fine. La norma finirà inevitabilmente per porre seri ostacoli alla contrattazione immobiliare, almeno per qualche tempo (e cioè fino a che gli operatori non avranno preso dimestichezza con questa complicata materia).
Le problematiche che la norma solleva sono molteplici e non sempre semplici ed essa regola qualsiasi contratto di «vendita» (e quindi anche i contratti che abbiano a oggetto solo quote di comproprietà oppure diritti reali parziari), di qualsiasi atto «a titolo gratuito» (e quindi, ad esempio, di donazioni, di patti di famiglia e di trust traslativi) e di qualsiasi nuovo contratto di locazione.
Altra problematica da risolver e quella concernente la sua estensione. Infatti va verificata se la nuova norma si applica alle sole compravendite, come il suo dato testuale farebbe pensare, oppure se essa concerna qualsiasi tipologia di atto traslativo: permute, conferimenti in società, transazioni, rendite vitalizie eccetera. Su questo punto c’è da dire, da un lato, che finora l’interpretazione della normativa sull’Ace/Ape era stata largheggiante e che, in tal senso, farebbe deporre l’ampio spettro della nuova norma quando essa concerne gli «atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito»; d’altro lato, essendo invece oggi disposta la sanzione di nullità, si potrebbe pensare a una interpretazione più rigorosa, perché, quando si parla di sanzioni, specie se pesanti, per principio generale l’attività di interpretazione si fa inevitabilmente restrittiva.
Peraltro, è molto probabile che la soluzione in senso estensivo sia destinata a prevalere, se è vero che, già dalle primissime note interpretative del Consiglio nazionale del Notariato, si propende nettamente per questa opinione; in altri termini, solo le divisioni, in quanto negozi non traslativi ma dichiarativi, si sottrarrebbero alla nuova norma, la quale invece riguarderebbe dunque qualsiasi tipologia di contratto a titolo oneroso che abbia come effetto il trasferimento della proprietà o di diritti reali immobiliari.
Altro aspetto che trova regolamentazione è l’obbligo che gli immobili in vendita devono essere immessi sul mercato mediante annunci (su qualsiasi mezzo di comunicazione) che riportino l’indice di prestazione energetica dell’involucro edilizio e globale dell’edificio o dell’unità immobiliare e la classe energetica corrispondente, all’atto dell’avvio di trattative per l’eventuale stipula di un contratto di compravendita immobiliare, il proprietario deve rendere disponibile l’Ape al potenziale acquirente.
Altro problema sarà quello di stabilire che valenza abbiano le norme regionali emanate in materia di Ace/Ape con riguardo all’attività negoziale. Essendo la materia contrattuale sottratta per definizione al legislatore regionale (articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione) ed essendo disposta una sanzione così grave come la nullità ad opera della legge statale, inevitabilmente ciò finisce per mettere fuori gioco qualsiasi altra prescrizione di rango gerarchico inferiore.
La problematica maggiore e più complessa è senz’altro quella che la mancanza del certificato è destinata, quasi inevitabilmente, a essere parificata a un certificato irregolare o difettoso e, insomma, non redatto come vorrebbe la disciplina applicabile. Tra l’altro, non sarà facile controllare la congruenza dei singoli certificati, spesso redatti in base a prassi localistiche e quindi privi di uniformità.
Ancora, si tratta di capire se, nelle Regioni che abbiano legiferato in tema di Ace, si possa ancora o non si possa più allegare l’Ace al posto dell’Ape (e, almeno, gli Ace emanati prima del 6 giugno). La risposta pare essere positiva, come confermato dalle prime note interpretative diramate dal consiglio nazionale del Notariato.
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