COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Basilicata sez. 3 sentenza n. 412 depositata il 26 maggio 2017
FATTO
L’Agenzia delle Entrate di Potenza presentava appello avverso sentenza n. 996 emessa dalla CTP di Potenza e depositata il i 8/12/2015 che aveva accolto parzialmente il ricorso della società avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. TC xxxxx e ridotto il reddito accertato ritenendo giustificata l’antieconomicità dell’attività perché la stessa era svolta in condizioni di estrema precarietà in un contesto economico e familiare anomalo perché caratterizzato da una realtà quotidiana problematica e disagevole.
Con l’odierno appello l’Agenzia delle Entrate di Potenza chiedeva la riforma della sentenza perché nel processo tributario non era consentito il ricorso a criteri di valutazione equitativa della pretesa tributaria senza illustrare le ragioni poste a fondamento dell’organo giudicante ( Cassa. 19076/2009).
Né tale riduzione equitativa poteva essere suffragata dalla posizione personale e debitoria della società e del legale rappresentante perché tali elementi non erano sintomo di una bassa redditività dell’impresa ma evidenziavano solo una cattiva gestione delle risorse reddituali e l’antieconomicità precisava l’appellante andava valutata solo con un raffronto tra gli utili conseguiti e la quantità e qualità del lavoro (Cassaz. 26067/2011).
Quindi il contribuente era obbligato a fornire una plausibile giustificazione per superare le presunzioni dell’ufficio che si basava sulle continue perdite di esercizio della società, sui redditi bassi conseguiti e la mancanza di altre fonti di redditi. Quanto alla cessata attività della società l’Agenzia evidenziava che la società era stata messa solo in liquidazione e con atto del 7/04/2016 n. 1801 aveva costituito un’altra società ( xxxxx) dove la contribuente risultava essere socia con una quota dei 70% e amministratrice.
Nel merito riteneva che la sentenza doveva essere riformata perché la pretesa tributaria di cui all’avviso di accertamento era legittima e fondata. Concludeva per l’accoglimento dell’appello e vittoria delle spese di giudizio. Chiedeva, quindi, il rigetto del ricorso e vittoria delle spese di giudizio. All’odierna udienza la Commissione decideva la controversia così come da dispositivo.
MOTIVI della DECISIONE
La Commissione, condividendo l’orientamento dei giudici di legittimità (fra tutte Cassazione sentenza n. 22453/2008) che ritengono il processo tributario strutturato come giudizio di impugnazione annoverabile tra i processi di impugnazione di merito e che, pertanto, non è ammesso il ricorso a criteri di valutazione equitativa in considerazione dell’inesistenza nell’ordinamento giuridico di una disposizione attributiva di tale potere, ritiene l’eccezione dell’appellante fondata.
Pertanto ove il giudice reputa invalido un avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale, ritenendo fondate le censure del contribuente relative al maggior imponibile, non può limitarsi ad una pronuncia di annullamento e/o riduzione equitativa del quantum debeatur, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, ricondurla con una motivata valutazione, sulla base delle disposizioni fiscali, alla corretta misura entro limiti delle domande poste dalla parte ( Cassazioe 21184/2008).
Tra l’altro ove si riconoscesse al giudice tributario il potere di ridurre equitativamente la pretesa tributaria, prescindendo dalle norme fissate dal legislatore, si avrebbe un palese aggiramento dell’art. 23 della Costituzione.
Nel caso di specie la motivazione dei primi giudici, ai fini dell’antieconomicità dell’attività, si limita, per la riduzione dell’accertato, ad evidenziare solo la condizione familiare, il desiderio di fuga da tale realtà e l’indebitamento del contribuente senza alcuna disamina delle ragioni di merito della protratta attività generatrice di perdite o redditi irrisori.
Nel merito, poi, legittimano l’operato dell’Agenzia il fatto che la contabilità del contribuente era inattendibile per la mancata esibizione delle distinte inventariali delle rimanenze. ( Cassa. 23694 del 15/11/2007, 2250/2003). Pertanto va accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate con conseguente annullamento della sentenza di primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Commissione definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle Entrate con conseguente annullamento della sentenza n. sentenza n. 996 emessa dalla CTP di Potenza e depositata il 18/12/2015 e condanna la resistente al pagamento delle spese di giudizio che liquida a favore dell’Agenzia delle Entrate in € 500,00.
Potenza 20 aprile 2017
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