COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia ordinanza n. 169 sez. 6 depositata il 10 febbraio 2015
Massima
I giudici della CTR Lombardia con l’ordinanza n. 169/2015 si sono pronunciati in merito ad una istanza di sospensione ex art. 373 c.p.c., avanzata dalla contribuente e ritenuta inammissibile dall’Ufficio finanziario. A parere di quest’ultimo, infatti, la contribuente, nel chiedere la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’avviso di liquidazione derivato dalla sentenza della CTR, sarebbe incorsa in una violazione del principio del ne bis in idem. Secondo i giudici milanesi, invece, la richiesta di sospensione dell’atto, emesso a seguito di sentenza della CTR, non pregiudica la possibilità per il contribuente di chiedere anche la sospensione dell’esecutività della stessa sentenza laddove ne sussistano i presupposti.
I giudici, inoltre, affermano che anche la sospensione della sentenza possa essere concessa in seguito a prestazione di garanzia da parte di chi ne beneficia, trovando, sul punto, applicazione analogica la disposizione di carattere generale prevista per il giudizio di merito tributario dall’art. 47 del D.Lgs 546/1992.
La richiesta di sospensione dell’atto, emesso a seguito di sentenza della Ctr, non pregiudica la possibilità, per il contribuente di chiedere anche la sospensione dell’esecutività della stessa sentenza (nel caso di specie in merito ad una istanza si sospensione ex art. 373 c.p.c., l’Ufficio finanziario aveva eccepito l’inammissibilità della stessa, in quanto, la parte contribuente, chiedendo anche la sospensione dell’esecutività dell’avviso di liquidazione derivato dalla sentenza, sarebbe incorsa in una violazione del principio del “ne bis in idem”, in palese duplicazione dei mezzi di difesa).
Testo:
ORDINANZA
A. C. spa ha proposto avanti questa CTR un’istanza di sospensione ex art. 373 c.p.c. della esecuzione della sentenza di appello di altra sezione di questa stessa Commissione, in pendenza del (documentato) proposto ricorso per cassazione, evidenziando un vizio nella decisione della CTR nell’avere negato la necessità del contraddittorio, previsto a pena di nullità dall’art. 37 bis, 4° comma del dPR 600/1973, introdotto, a suo dire, anche nel sistema dell’ imposta di registro, ex art. 53 bis del dPR 131/1986 con legge 4 agosto 2006, necessità ormai prevista anche a livello comunitario e sancita da una recente sentenza della Cassazione a SS.UU.
Quanto al pregiudizio grave ed irreparabile, la ricorrente ha rilevato che l’avviso di accertamento impugnato comporta una maggiore imposta per 3.290.000,00 euro con interessi e sanzioni prossimi al 1.500.000,00 euro, segnalando lo stato di propria precaria stabilità economica e finanziaria, con produzione dei propri estratti conto bancari e, all’udienza odierna, evidenziando I’ adozione di un provvedimento propedeutico ad una robusta riduzione del personale, ai sensi degli artt. 24 e 4°, 2 comma della legge 223/1991. Va detto che la questione era stata affrontata nel merito dalla CTR, che, decidendo in senso contrario all’odierna ricorrente, aveva ritenuto che la speciale ipotesi di cui all’art. 37 bis, comma n. 4° del dPR 600/1973 non si applicasse alla fattispecie in esame, riguardante tre avvisi di liquidazione, in cui tuttavia era, in buona sostanza, affermato lo scopo elusivo di una complessiva e progressiva operazione che, per il Fisco, rappresentava, tolti i “negozi intermedi”, una cessione di ramo d’azienda, che, esaminata ai fini di cui all’art. 20 del dPR 131/1986, comportava l’applicazione di imposta di registro, ipotecaria e catastale con interessi e sanzioni, nella misura sopra indicata.
Sommariamente si può qui riferire che la ricorrente aveva costituito il 19 dicembre 2007 altra società denominata A. R. srl con apporto di un ramo di azienda e sottoscrizione dell’intero capitale sociale di 100.000 euro; una settimana dopo, aveva ceduto la propria intera partecipazione nel capitale alla società a r. I. G. R. e, otto mesi dopo, A. R. srl aveva cessato la propria attività per incorporazione nella G. R. srl.
Tanto per l’Agenzia quanto per i giudici della sentenza ora oggetto del ricorso per cassazione risultava perciò evidente l’elusione di imposta, derivante dal risparmio conseguito rispetto ai tributi collegati alla cessione diretta in favore di G. R. srl evidente apparendo la totale inutilità economica delle singole operazioni collegate.
Nella propria comparsa, I’Agenzia delle Entrate ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, perché, in sede di controversia pendente in sede di opposizione all’avviso di liquidazione, emesso a seguito della sentenza della CTR ricorsa per cassazione, è stata chiesta da A. C. spa la sospensione dell’ “efficacia esecutiva” dell’avviso stesso, con ciò incorrendo in una violazione del principio del ne bis in idem e in palese duplicazione dei mezzi di difesa.
Nel merito dell’istanza proposta da controparte, la Agenzia ha ribadito l’esclusività della disciplina di cui all’art. 20 del dPR 131/1986, basandosi sia sul disposto degli artt, 12 e 14 delle preleggi, sia su pregressa giurisprudenza della Cassazione, che aveva sempre escluso l’applicabilità generalizzata del principio del contraddittorio anticipato nelle controversie fra il Fisco ed i l contribuente, soffermandosi poi propriamente sul rapporto fra art. 37, 4° comma bis del dlgs 600/1973 e l’art. 20 del dPR 131/1986 ed ha concluso per l’inammissibilità e per i l rigetto del ricorso di A. C. spa con rifusione delle spese di lite, questione quest’ ultima che non può essere esaminata in questa sede, ma solo all’esito del ricorso per cassazione.
Va in primo luogo rilevato che questa CTR non ritiene che la richiesta di una sospensione dell’avviso di liquidazione conseguente al decisum (che peraltro, da quanto risultato in udienza, sembra essere stata accolta) possa pregiudicare l’esame della questione proposta ex art. 373 c.p.c., pure nel caso, non qui ben specificato, che tale sospensione possa essere derivata non da vizi propri dell’avviso, ma dalla stessa questione dibattuta nel corso del giudizio ora pendente dinnanzi al giudice di legittimità, e pure in ragione della proposizione del ricorso ex art. 373 c.p.c., la cui decisione si porrebbe in ogni caso propedeutica a quella concernente la sospensione dell’ esecuzione del successivo avviso d i liquidazione.
È infatti questa, e non altra, indipendentemente da precedenze temporali, la sede per discutere della sospensione dell’esecuzione del decisum da cui promana l’avviso, in presenza dei presupposti costituiti dal fumus e dal pregiudizio grave ed irreparabile dall’esecuzione della decisione della CTR impugnata con ricorso per Cassazione.
Passando pertanto al merito della richiesta avanzata ex art. 373 c.p.c, e poiché nella specie si verte su una sola questione di diritto, occorre richiamarsi allo stato della giurisprudenza in subiecta materia.
Non sarà inutile allora ricordare che, con recente sentenza del 29 marzo 2014 n. 6405, la V sez della Cassazione ha anzitutto chiarito che “in tema di determinazione dell’imposta di registro, in caso di pluralità di atti non contestuali va attribuita preminenza, in applicazione dell’art. 20 del d P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla causa reale de/l’operazione economica rispetto alle forme negoziali adoperate dalle parti, sicché, ai fini della individuazione del corretto trattamento fiscale, è possibile valutare, ai sensi dell’art. 1362, secondo comma, cod. civ., circostanze ed elementi di fatto diversi da quelli emergenti dal tenore letterale delle previsioni contrattuali (trattasi di orientamento consolidato: vedi anche Cass.. Sez. 5, n. 3932 del 19/02/2014; stessa sezione n. 21526 del 20/09/2013, stessa sezione n. 19752 del 28/08/2013 e, risalendo nel tempo, stessa sezione n. 10273 del 04/05/2007). Tale orientamento, d i per sé, non è contestato nel ricorso proposto a questa CTR.
Va tuttavia considerato che, proprio basandosi sulla specialità della norma di cui all’art. 20 del dPR 131/1986, la stessa Sezione della Corte di Cassazione ( n. 15319 del 19/06/2013) ha ritenuto che in tema di imposte ipotecarie e catastali, l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, richiamato dall’art. 13 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, disponendo che l’imposta deve essere applicata secondo l’intrinseca natura” e gli “effetti giuridici” degli atti assoggettati a registrazione, è norma che, pur essendo ispirata a finalità genericamente antielusive, non configura una “disposizione antielusiva”, come, invece, l’art. 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che è norma generale “antielusiva” di chiusura; invero l’art. 20 del d.P.R. n. 131 cit. procede alla ricostruzione dell’obiettiva portata, sul piano degli effetti giuridici, dell’attività negoziale posta in essere, mentre l’art. 37-bis del d.P.R. n. 600 cit. verifica lo sviamento e l’uso distorto di forme negoziali per conseguire indebiti vantaggi fiscali; ne consegue la legittimità dell’avviso di liquidazione pur emesso in assenza del contraddittorio preventivo, prescritto dal solo cit. art. 37-bis “.
A. C. spa sostiene che la giurisprudenza testé citata è stata però superata da giurisprudenza più recente, rintracciabile nella decisione della Cassazione a SS.UU. 197667/2014 e da una decisione della stessa V sezione, la recentissima decisione del 14 gennaio n.406/2015.
Va preliminarmente considerato che la sentenza a SS.UU. della Corte concerne la legittimità della comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria emessa a seguito di presunto mancato adempimento del contribuente ad un pagamento richiesto dall’ esattore, in assenza di previa notificazione di avviso ad adempiere al contribuente.
Senza che vi sia opportunità di addentrarsi nella complessa motivazione di quella decisione, si rileva che quel giudice ha ritenuto che la preventiva comunicazione, idest I’avviso di cui sopra, sia sempre necessaria, perché strutturalmente funzionale a consentire il concreto esercizio di difesa del contribuente nell’ abito di una corretta formazione procedimentale.
Fino a questo punto appare ragionevole rilevare che la concreta materia del contendere sottoposta alla SS.UU. riguardava un atto che, con I’aggressione diretta del bene del contribuente, era potenzialmente idoneo a creargli un pregiudizio immediato; una ipotesi in cui, per dirla con le stesse parole del giudice, si può affermare che “costituisce fuor di dubbio un atto che limita fortemente la sfera giuridica del contribuente”, senza un contraddittorio anticipato volto ad evitare la subitaneità del concreto pregiudizio (atto immediatamente lesivo, cui fanno riferimento anche sentenze della Corte di giustizia europea ivi citate).
Come rilevato dalle stesse SS.UU., la questione controversa trovava spunti di soluzione nell’art. 6 comma 5 della legge 27 luglio 2000, vale a dire nel contraddittorio anticipato rispetto ad iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi, e dunque resta confermato il suo perimetro decisionale all’interno di atti immediatamente pregiudizievoli, anche se poi la motivazione della citata sentenza sembra spingersi all’affermazione di un generale principio di estensibilità del contraddittorio anticipato ad ogni fase precontenziosa, anche al di fuori dei casi previsti da speciali norme tributarie.
Ciò, di per sé, non sembra possa essere sostenuto nel caso sottoposto a questa CTR, dove la notifica dell’avviso non ha certo creato un pregiudizio immediato nei riguardi di A. C. spa, che infatti si è potuta avvalere della tutela giuridica, di merito e non, a sua disposizione per contestare I’accertamento e chiedere, già nei precedenti giudizi come in pendenza del ricorso per cassazione, anche le sospensive previste dalla disciplina tributaria e del codice di procedura civile.
All’udienza fissata per la discussione del ricorso ex art. 373 c.p.c., la ricorrente ha prodotto una recentissima sentenza della sezione tributaria della V sezione della Corte di cassazione (14 gennaio 2015, n. 406), che ha ritenuto risolutiva per il caso di specie.
Nella sentenza citata, la Cassazione, occupandosi di una questione che opponeva I’ Agenzia delle Entrate ad una società a r.l., che aveva posto in essere una articolata attività negoziale, in presunta elusione di imposte dovute (Irpeg ed Irap) in caso di negozio diretto, ha cassato la decisione di merito che non aveva sanzionato di nullità I’avviso per violazione del termine di cui all’art. 7 della legge 212/2000, accogliendo il primo motivo di ricorso della società contribuente, ritenendo (soltanto) nella specie indispensabile il contraddittorio preventivo stabilito dall’art. 37 bis del dPR 600/1973, posto che la società aveva ricevuto tempestivamente copia del PVC e che, quindi, era stata comunque posta in grado di conoscere le ragioni dell’ atto impositivo emanando.
Nella decisione citata, la Suprema Corte ha anzitutto esaminato congiuntamente le distinte procedure previste dall’art. 37 bis comma 4° del dPR 600/1973 e quella di cui all’art. 12 comma 7 della legge 212/2000, ritenendo preliminarmente che entrambe le disposizioni qualificano il contraddittorio anticipato, previsto dal 7° comma dell’articolo dell’ultima legge citata , norma imperativa immanente all’ordinamento comunitario e nazionale e, (riassumendo qui in estrema sintesi le argomentazioni svolte in quella decisione in cui sono citate diverse decisioni della Corte di giustizia europea), è giunta a sostenere I’esistenza di un principio generale di diritto comunitario per cui il soggetto destinatario di un atto della pubblica autorità, suscettivo di produrre effetti pregiudiziali nella sua sfera giuridica, deve essere messo in condizione di contraddire prima di subire tali effetti e tale principio non può tollerare discriminazioni in relazione alla natura armonizzata o meno del tributo con la conseguenza che, qualora l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dal dPR 600/1973, art. 37 bis, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio previsto, prima di emettere l’atto accertativo.
Quanto sopra richiamato rende palese che, in questo caso, la Cassazione ha svincolato l’obbligo di osservanza del contraddittorio anticipato dalle ipotesi in cui vi era immediata aggressione alla piena libertà dispositiva del proprio patrimonio da parte del contribuente, come nel caso di iscrizione ipotecaria, e quindi in sostanza dall’attività esecutiva, ricollegandosi invece, in tema di contestazione di operazioni elusive, anche ai semplici avvisi di accertamento, secondo un principio generale che non deve tenere conto di eventuali eccezioni riguardanti la natura del tributo richiesto.
Ciò è di immediata rilevanza nel caso di specie, in cui si discute di violazione all’imposta di registro, di cui al dPR 131/1986, dove l’art. 20 nel disporre che “l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda i l titolo o la forma apparente”, può avere indubbiamente una finalità antielusiva e l’ha effettivamente avuta nella specie, dove lo strumento giuridico di cui all’art. 20 citato è definito dalla stessa Agenzia, nell’avviso di liquidazione, strumento giuridico idoneo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria nel contrasto di condotte elusive e tale risultando definita la condotta della ricorrente dalla Agenzia anche negli atti del presente giudizio.
Sembra profilarsi dunque un contrasto, in particolare per effetto dell’ultima sentenza citata, in merito all’estensione del contraddittorio anticipato a tutti gli atti impositivi della Amministrazione finanziaria, quantomeno in tutti i casi in cui, indipendentemente dal tributo in questione, il presupposto dell’imposizione risieda in un comportamento elusivo del contribuente, e ciò è sufficiente a far ritenere la sussistenza del fumus boni iuris , utile all’adozione della richiesta sospensione, dovendosi sottolineare che al giudice della cautela non è certo consentito prendere posizione in merito al denunciato contrasto, ma deve semplicemente prenderne atto.
Nondimeno, nel caso di specie non può essere posto in discussione, per l’elevato ammontare della somma richiesta dall’ Amministrazione finanziaria in rapporto alla situazione finanziaria negativa di Ansaldo Caldaie srl, tenuto anche conto del fatto che dal 2009 la società appartiene a gruppo controllante sotto l’egida dell’accordo interbancario a sostegno del risanamento del gruppo stesso ai sensi dell’art. 67 L.F. e che risulta adottato un provvedimento propedeutico ad una riduzione del personale in premessa citato, che la riscossione coattiva da parte dell’Agenzia delle Entrate possa determinare un grave ed irreparabile pregiudizio per la società ricorrente.
Pervenendo dunque alla necessità di accordare la sospensione di cui all’art. 373 c.p.c. nel caso di specie, questa CTR deve ricordare come, con pronuncia del 24 febbraio 2012 ( Sez. 5, n. 2845), la Cassazione, nel riconfermare il dato, ormai pacifico anche per eff etto delle sentenze in merito del giudice delle leggi, dell’applicazione di detta disciplina al processo tributario, ha affermato che “la specialità della materia tributaria e l’esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte renda necessaria la rigorosa valutazione dei requisiti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora”.
Traendo spunto dall’esigenza d i cautela manifestata dalla Cassazione con la sentenza citata, nella quale si sottolinea l’esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte a tutela delle esigenze della collettività, questa CTR ritiene di dover affermare come, anche in ipotesi di sospensione ex art. 373 c.p.c. (che parrebbe prevederla solo in alternativa alla sospensione e dunque a carico del momentaneo “creditore”: esistono nella stessa CTR di Milano soluzioni contrastanti: vedi CTR, ord. 9/22/13 e contra ord . 30/67/2013, ma rileva anche in giurisdizione ordinaria: ord. Corte d’Appello d i Ancona, 15 marzo 2010), sia possibile l’adozione di garanzie a bilanciamento della sospensione.
Infatti, non senza rilevare che il sostenere l’esclusione nell’art. 373 c.p.c. della prestazione di garanzia da parte di chi ottenga la sospensione possa presentare profili di disparità di trattamento fra le parti e condurre a soluzioni connotate da irragionevolezza sindacabili dinnanzi al giudice delle leggi, si deve convenire con autorevole dottrina (vieppiù nella giurisdizione tributaria, in immediata derivata osservanza della cautela imposta dalla sentenza della Cassazione sopra citata) “che possa essere concessa la sospensione previa fideiussione, cauzione o titoli di Stato, potendo trovare, sul punto, applicazione analogica le disposizioni di carattere generale previste per il giudizio di merito tributario, non risultando danneggiata in alcun modo l’Amministrazione Finanziaria che, anzi, verrebbe tutelata sotto il profilo patrimoniale in caso di inadempimento del contribuente a seguito di sentenza definitiva, potendo escutere, a seguito delle garanzie prestate, senza difficoltà l’importo dovuto” mutuando appunto la legittimità della subordinazione della sospensione dalle disposizioni concernenti il procedimento cautelare di cui all’art. 47 del d.lgs 546/1992, che, seppure riferibile ad un atto dell’Amministrazione e non ad una atto giurisdizionale, tuttavia, riguarda situazioni simili sotto il profilo delle esigenze di tutela della parte che subisce la sospensione.
PQM
Visto l’art. 373 cpc;
la CTR sospende l’esecuzione della sentenza di questa CTR n. 162/31/13, pronunciata il 28 novembre 2013 tra A. C. spa e Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale Monza e Brianza, subordinando detta sospensione alla prestazione, in favore della menzionata Agenzia, da parte di A. C. spa di fideiussione bancaria di primario istituto di credito per l’importo di quanto dovuto in base all’avviso di liquidazione impugnato oltre interessi maturati a tutto il 31 dicembre 2014.
Si comunichi.
Milano, 29 gennaio 2015.
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