COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Palermo sentenza n. 1354 sez. 27 del 8 aprile 2016
PROCESSO TRIBUTARIO – REVOCAZIONE DELLA SENTENZA – ERRORE DI FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 27 febbraio 2012 T.G. chiedeva la revocazione della sentenza emessa alla sezione n.2 della Commissione tributaria regionale di Palermo, sez. distaccata di Messina, n.15/2011, depositata il 18 gennaio 2011, sostenendo che la decisione era fondata su un errore di fatto commesso dal giudice d’appello, il quale aveva erroneamente ritenuto che il T. non avesse allegato in atti il verbale di contraddittorio del 19.4.2005 che invece risultava effettivamente – prodotto in atti come da verbale d’udienza dell’08 giugno 2005 in sede di trattazione dell’istanza di sospensione e di conseguenza non avesse “fornito nel corso dell’intero giudizio alcuna prova documentale idonea a contrastare la legittimità ed il fondamento dei rilievi e delle contestazioni dell’Ufficio, limitandosi a generiche affermazioni prive di qualsiasi rilevanza ed influenza sia nel procedimento che nel processo tributario”.
Chiedeva, dunque, la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso proposto dal T., con vittoria di spese.
Si è costituita con atto del 30 aprile 2012 l’Agenzia delle Entrate di Messina, contestando la sussistenza dei presupposti dell’errore di fatto rilevante ai fini dell’art. 395 c.p.c. per concedere la chiesta revocazione.
La causa è stata assunta in decisione all’udienza del 04 aprile 2016.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va respinto.
L’art. 395 n.4 c.p.c. invocato dal T. ammette il mezzo di impugnazione straordinario della revocazione di una sentenza definitiva, in quanto non più soggetto ad ordinari mezzi di impugnazione, se la sentenza impugnata è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, aggiungendo esplicitamente che “Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
L’errore di fatto idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c. deve dunque consistere in una svista o in un errore materiale decisivo per la decisione, che non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 03/09/2015, n. 17513).
Orbene, nel caso che ci occupa, non si può non evidenziare come la Commissione tributaria regionale, pur erroneamente valutando come inesistente agli atti, il verbale indicato da parte ricorrente, abbia seguito un percorso motivazionale coerente e fondato che in nulla sarebbe stato influenzato dal rilevato errore.
La dedotta rilevanza del citato verbale stilato in contraddittorio con l’ufficio allora procedente appare del tutto discutibile, tanto che gli stessi operanti, dopo aver esaminato i prospetti contabili delle movimentazioni bancarie fornite dal difensore del T., predisponevano un prospetto in cui evidenziavano le differenze non giustificate anche a seguito del controllo e affermavano esplicitamente che “non potevano essere riconosciuti costi eo spese sulla base delle sole dichiarazioni di parte e che l’accertamento basato su presunzioni legali può essere modificato soltanto in presenza di elementi certi”, che è appunto quanto ha argomentato la Commissione nella sentenza impugnata, che non ha parlato di assenza di prove, bensì di assenza di prove idonee a fondare le richieste del contribuente, così dimostrando che l’errore di fatto non ha in concreto refluito nel processo motivazionale della sentenza.
Non appare pertanto che l’errore di fatto sia stato in alcun modo decisivo.
Il ricorso deve essere dunque respinto.
Il ricorrente va condannato alle spese come in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione, respinta ogni contraria istanza, domanda o difesa, rigetta il ricorso per revocazione proposto da T.G..
Condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali nella misura di euro 1.500,00.
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