Commissione Tributaria Regionale per la Toscana sezione 5 sentenza n. 1608 depositata il 18 novembre 2019
L’ammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia della riscossione attraverso avvocati del libero foro è ammissibile nel rispetto di alcune particolari condizioni
1. Con sentenza n. 942, depositata il 29/09/2017, la CTP d i Firenze, sezione 5, accoglieva il ricorso, proposto dalla società “C. Srl”, avverso l’intimazione di pagamento n. 0412015XXX/000, con la quale l’AdR “Equitalia Centro SpA” richiedeva il pagamento dell’importo di complessivi euro 50.498,26, relativo a n. 13 cartelle di pagamento, notificate tra il 2005 ed il 2013, che la società contribuente non aveva mai regolarizzato (rectius: pagato).
2. Con la citata sentenza, i Giudici di prime cure, nel prendere atto che la società ricorrente aveva disconosciuto, in modo formale, la validità e la conformità delle fotocopie, non autenticate, delle relate di notifica e delle cartelle di pagamento, presupposto dell’intimazione per cui è causa (depositate dall’AdR), aveva invitato Equitalia Centro SpA a produrre l’originale delle relate di notifica e delle cartelle di pagamento.
Non avendo l’AdR soddisfatto tale obbligo, affermando, in particolare, che avrebbe provveduto successivamente, la CTP riteneva non provata l’intervenuta notifica delle cartelle, e, sulla base di questa unica inadempienza, accoglieva il ricorso.
Con ricorso in appello, notificato nei termini, all’appellata società, l’AE Riscossione, subentrata ex lege a Equitalia Servizi di Riscossione SpA (già Equitalia Centro SpA), “rappresentata e difesa dallo Studio Legale Associato B.”, nel criticare l’impugnata sentenza, ha indicato, a questo Giudice, quale motivo di doglianza, quanto segue:
a) L’erroneità della sentenza per aver dichiarato non provata la notifica delle cartelle di pagamento sottese all’intimazione di pagamento opposta sul presupposto della mancata produzione degli originali.
In tale ambito, l’AE Riscossione ha precisato che essendo stati prodotti gli estratti del ruolo, questi sono validi ai fini probatori della esistenza del credito erariale. Inoltre, ha sottolineato, l’AdR non può materialmente produrre in giudizio alcun originale delle cartelle notificate e le sole copie fotostatiche dei referti di notifica delle cartelle sono idonee a provare l’intervenuta notifica.
Infine, in ossequio a quanto disposto dall’art. 58, c. 2, del D.Lgs n. 546/1992, ha prodotto in giudizio gli originali dei referti di notifica relativi a 6 delle 13 cartelle di pagamento per cui è causa.
Ha concluso chiedendo a questa CTR 1a riforma della sentenza impugnata e di dichiarare la legittimità del proprio operato.
In subordine, di dichiarare la legittimità del proprio operato in relazione alle 6 cartelle e relative relate di notifica prodotte in sede di ricorso in appello.
3. Con atto di controdeduzioni, si è costituita in giudizio, la Società appellata “C. Srl”.
In via preliminare ha eccepito quanto segue:
La decadenza delle eccezioni di primo grado, poiché tutte le eccezioni e le domande non espressamente riproposte con l’atto di appello, devono ritenersi come rinunciate.
L’inammissibilità di nuove eccezioni e di nuove domande.
L’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 53 del D.lgs. n. 546/1992 mancando il ricorso in appello di specifici motivi di impugnazione.
Ha sottolineato la chiarezza della sentenza di primo grado.
Ha evidenziato che, anche in sede di appello, non sono stati prodotti gli originali delle relate di notifica per 7 cartelle di pagamento.
Ha precisato che, relativamente alle 6 cartelle per le quali è stata prodotta, in originale, la relativa notifica, sussiste la violazione delle norme di procedura civile.
Ha infine, ribadito l’intervenuta prescrizione dei crediti di cui alle cartelle … XX57000; … XX56000; … XX72000; … XX1000; … X9000000; … XX79000; … XX44000.
Ciò in quanto la notifica delle citate cartelle è avvenuta oltre il termine di 5 anni rispetto alla notifica dell’intimazione di pagamento.
Ha concluso chiedendo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 53 del D.lgs. n. 546/1992.
Nel merito, in via principale, ha chiesto il rigetto del ricorso in appello e la conferma della impugnata sentenza.
4. In data 27/09/2019, l’ AE-Riscossione ha depositato delle memorie.
Ha ribadito la legittimità del proprio operato e l’accoglimento del ricorso in appello.
5. In data 8/10/2019 anche la società appellata ha prodotto delle memorie. Ha richiamato quanto già contenuto nell’atto di controdeduzione e prodotto ulteriore giurisprudenza di legittimità.
Ha chiesto il rigetto del ricorso in appello.
L’art. l, c. 8, del D.L. n. 193/2016 dispone che l’Ente Agenzia delle Entrate Riscossione (testualmente): “è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ave vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l’articolo 11, comma 2, del, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.”
L’art. 11, c. 2, del D.lgs. n. 546/1992 dispone che anche l’ AE Riscossione deve stare in giudizio direttamente o mediante la sua struttura territoriale sovraordinata mentre, solo le parti diverse dagli enti impositori e dagli agenti della riscossione e, quindi solo le parti private, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato.
In tale ambito la Suprema Corte di Cassazione ha enunciato i seguenti principi di diritto che questo giudice condivide in toto:
“Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. Cass. nn. 28741/2018, 28684/2018) l’Agenzia delle Entrate Riscossione, quale successore ape legis di Equitalia, D.L. n. 193 del 2016, ex art. 1, conv. in L. n. 225 del 2016, ave si costituisca formalmente in giudizio in un nuovo processo, come in uno già pendente alla data della propria istituzione, deve avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato a pena di nullità del mandato difensivo, salvo che alleghi le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza dell’avvocato del libero foro prescelto, fonti che devono essere congiuntamente individuate sia in un atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro, sia in un’apposita delibera, da sottoporre agli organi di vigilanza, la quale indichi le ragioni che, nel caso concreto, giustificano tale ricorso alternativo ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 43″ (Cass. Civ. n. 18095/2019) ovvero “qualora il nuovo ente Agenzia delle entrate Riscossione si limiti a subentrare ex lege nel rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, esso può validamente avvalersi dell’attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente; qualora invece il nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione si costituisca, in nuovo giudizio ovvero anche in giudizio pendente, con il patrocinio di avvocato de/libero foro, sussiste per esso l’onere, pena la nullità del mandato difensivo, di indicare ed allegare le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza di quest’ultimo in alternativa al patrocinio per regola generale esercitato, salvo conflitto di interessi, dall’avvocatura dello Stato; tali fonti vanno congiuntamente individuate sia in atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro (D.L. n. 193 del 2016, conv. in L. n. 225 del 2016, art. 1, commi 5 ed 8), sia in apposita e motivata deliberazione che indichi le ragioni che, nella concretezza del caso, giustificano tale ricorso alternativo (R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, come modificato dalla L. n. 103 del 1979, art. 11)” (Cass. Civ. n. 1992/2019).
Riassumendo gli enunciati principi di diritto si può ulteriormente precisare che la costituzione in giudizio con difensori del libero foro da parte dell’ AE Riscossione è in linea di principio ammissibile ma “per essere valida”, come è efficacemente sintetizzato nelle richiamate sentenze della Suprema Corte, il Giudice dovrà verificare che:
a) rispetto alla costituzione in via diretta (regola generale), o al più dell’Avvocatura (in via di eccezione) si sia in presenza di un “caso speciale” (in via residuale);
b) sia intervenuta una preventiva, apposita e motivata delibera dell’organo deliberante;
c) tale delibera sia stata sottoposta agli organi di vigilanza;
d) l’incarico sia stato affidato sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 9 dell’art. 1 d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 e secondo i parametri selettivi di affidamento di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici);
e) sia stata prodotta in giudizio idonea documentazione in merito alla sussistenza dei suddetti elementi.
In mancanza, e quindi ove l’ AE Riscossione non dovesse essere regolarmente costituita in giudizio, il Giudice tributario sarebbe tenuto a rilevare, anche d’ufficio, la mancanza dello ius postulandi in nome e per conto dell’Ente dei difensori costituiti in atti.
Dall’esame della documentazione contenuta nel fascicolo del processo, non è dato riscontrare alcunché che possa giustificare la costituzione con un difensore del libero foro. In particolare, non è indicata alcuna fonte del potere di rappresentanza ed assistenza dell’avvocato del libero foro prescelto così come evidenziato dai Giudici di legittimità.
Dichiara l’inammissibilità dell’appello.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di questo grado liquidate in euro 2.500,00 oltre IVA ed accessori.
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