COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Roma sentenza n. 951 sez . 1 del 22 febbraio 2016
ACCERTAMENTO – RADDOPPIO DEI TERMINI – USO STRUMENTALE
FATTO
La società “C.C. srl”, esercente attività di compravendita di immobili, in data 30/10/03 presentava il Mod. Dichiarazione Unico per l’anno di imposta 2002. La medesima società, in data 4/2/03, aveva altresì presentato all’Agenzia delle Entrate di Roma, istanza di rimborso del credito iva per l’annualità 2002, pari ad €. 7.516.457,00, avente come presupposto l’acquisto di beni ammortizzabili di cui all’art. 30, co. 3, lett. c) Dpr 633/72.
Entro breve tempo, l’Ufficio rimborsava due tranches del richiesto rimborso, per complessivi €. 1.032.914,00; mentre il restante importo a credito di €. 6.483.543,00, nelle more in data 5/6/06, veniva ceduto dalla società creditrice alla società “I.C.R. srl”, a mezzo di scrittura privata autenticata nelle firme e notificata all’Ufficio tenuto al rimborso.
L’Ufficio, nel presupposto che tale rimborso iva scaturiva dall’acquisto di un complesso immobiliare in Grottaferrata, acquistato al prezzo di €. 57.246.148,00 dalla dante causa “A. srl” ed a quest’ultima pervenuto, nel 2001, per acquisto dalla società “I. srl”, al fine di verificare la correttezza dell’operazione, procedeva a visura immobiliare storica del compendio ceduto e ad ulteriori indagini in ordine a tutti i passaggi di proprietà, arrivando a concludere che la società “C.C.” aveva avanzato l’istanza di rimborso iva in oggetto, per l’immobile strumentale in Grottaferrata, in realtà ad essa non appartenente, poiché rimasto nella disponibilità della società “A.”. Tutti gli intrecci societari rinvenuti e fondati su una serie di circostanze precise sinergiche e convergenti, costituivano per l’Ufficio, indizi sufficienti a ritenere tutta l’operazione mossa da intenti fraudolenti evasivi e mirati ad illegittima formazione di credito iva da chiedere a rimborso.
Conseguentemente l’Ufficio, avvalendosi del raddoppio dei termini di cui al D.L. 223/06, nel 2012 notificava alla società l’Avviso di Accertamento in epigrafe con cui, in applicazione degli artt. 19, 30 e 38bis del Dpr 633/72 e art. 8 del Dpr 322/98, si rettificava la Dichiarazione presentata nel 2003 (anno di imposta 2002) e si recuperava l’iva illegittimamente detratta e chiesta a rimborso.
Avverso l’atto proponeva ricorso la società, lamentandone, in primo luogo, la tardività della notifica con intervenuta decadenza dal potere accertativo, per illegittima applicazione del raddoppio dei termini di cui all’art. 43, co. 2bis del Dpr 600/73, non essendo stata offerta la prova sulla comunicazione della notitia criminis. Nel merito difendeva la correttezza del proprio operato e la fondatezza della pretésa di rimborso avanzata.
L’Ufficio resisteva insistendo sulla legittimità del proprio operato e sulla fondatezza dell’Accertamento emesso.
La CTP, ritenendo pregiudiziale la questione della tempestività dell’Accertamento impugnato, esaminava approfonditamente la doglianza espressa, sul punto, dalla parte ricorrente e concludeva per l’accoglimento del ricorso, ravvisando l’illegittimità, nella specie, del raddoppio dei termini di cui all’art. 43, co. 2bis del Dpr 600/73.
Avverso la sentenza propone appello l’Ufficio lamentandone l’illegittimità in parte qua e riproponendo tutte le doglianze di merito, rimaste assorbite. Insiste per la riforma dell’impugnata sentenza, con declaratoria di legittimità del proprio operato.
La parte contribuente insiste per il rigetto del proposto appello, ritenendo l’impugnata sentenza immune dalle lamentate censure. Nel merito, ripropone le doglianze espresse nel ricorso introduttivo e rimaste assorbite.
Durante la discussione pubblica la parte contribuente insiste sulla illegittimità del raddoppio dei termini, in mancanza di comunicazione della notitia criminis e ciò è stato ormai inequivocabilmente recepito dal legislatore con la Legge di stabilità per il 2016. L’Ufficio non è presente.
DIRITTO
La Commissione, preso atto di quanto dedotto dalle parti, nella premessa che per l’anno in accertamento 2002, effettivamente si dovrebbe ritenere tardivo l’atto accertativo in epigrafe, notificato alla parte contribuente nel 2012, preliminarmente esamina la doglianza relativa al raddoppio dei termini per l’accertamento, come previsto dall’art. 37, co. 24 del D.L. 223/06 convertito dalla L. 248/07, ritenendola pregiudiziale all’esame del merito.
Orbene, sul punto che costituisce il cardine della presente controversia, si osserva che l’art. 37, co. 24 del D.L. 223/06 recita “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 cpp, per uno dei reati previsti dall’art. 74/00, i termini per la formulazione dell’Accertamento sono raddoppiati, relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”, conseguentemente, nel caso di specie, ove il soggetto accertato è stato ritenuto coinvolto in una frode mirata a creare artificiosamente credito iva, il presupposto della sussistenza del reato per il raddoppio dei termini, sembrerebbe ricorrere.
Tuttavia la normativa richiamata ha aperto molteplici fronti di riflessione, soprattutto volti ad impedire l’uso strumentale, ovvero pretestuoso, della sussistenza del reato, da parte dell’Ufficio accertatore.
In relazione a queste perplessità, per prima la CTP di Napoli, con l’Ordinanza n. 266/10, ebbe a rimettere alla Corte Costituzionale l’esame della norma, in sospetto di costituzionalità sotto il profilo della retroattività della stessa e sotto il profilo dell’efficacia della denuncia penale, quando siano già scaduti i termini ordinari per l’accertamento. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 247/11, ha stabilito, in primo luogo (e per quello che interessa nel caso di specie) la retroattività di applicazione della norma, perché misura non afflittiva e perché lo stesso art. 37 contiene indicazioni di retroattività; quindi ha stabilito che la denuncia penale può essere presentata, ai fini del raddoppio, anche quando siano già spirati i termini ordinari per l’accertamento (aspetto che comunque non rileva nel caso di specie ove non è stata fornita la prova sulla avvenuta comunicazione della notitia crimiminis). Da questa pronuncia si trae una ratio di interpretazione estensiva della norma, tuttavia la stessa Corte, ha pure stabilito, al fine di bilanciare l’uso pretestuoso e strumentale della denuncia penale da parte dell’Ufficio, che il giudice tributario ha l’onere di verificare e riscontrare i presupposti dell’obbligo di denuncia.
Inoltre, al riguardo la giurisprudenza di merito e di legittimità, si divide nel ritenere, da un lato, che il Giudice tributario sia anche chiamato a verificare l’allegazione in giudizio della copia della denuncia penale da cui scaturisce il raddoppio dei termini, in quanto prova concreta del diritto allo stesso raddoppio dei termini (ex multis CTR Milano n. 118/19/13; CTR Bari n. 68/13; CTP Milano n. 23/40/11 e n. 372/11; CTP Reggio Emilia n. 135/12) e, dall’altro, nel ritenere invece che il raddoppio dei termini scaturisca dall’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale in astratto, indipendentemente dall’effettiva proposizione della stessa (ex multis CTP Roma n. 362/22/11; CTR Milano n. 89/12).
Ciò posto, tra le due posizioni interpretative, questo Collegio ritiene più condivisibile, perché di maggior garanzia, quella che àncora il raddoppio dei termini per l’accertamento, al dato oggettivo ed agevolmente verificabile, dell’esistenza della comunicazione, da parte dell’Ufficio, della notizia di reato all’A.G. in sede penale riconducibile al soggetto accertato, considerando pertanto necessaria, ai fini del raddoppio dei termini, la prova dell’adempimento.
Orbene, l’interpretazione delle norme richiamate, come avanti esposta, già affermata da questo Collegio, è stata da ultimo confortata dall’orientamento espresso dal Legislatore con la Legge di stabilità 2016 la quale, all’art. 132, precisa che “il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’A.F., sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini” – come previsti per la notifica dell’accertamento -.
Conseguentemente, nel caso di specie ove non è stata offerta la prova sull’avvenuta comunicazione all’Autorità giudiziaria penale, della notitia criminis, si ritiene illegittimo il raddoppio dei termini invocato dall’Ufficio sensi dell’art. 37, co. 24 del D.L. 223/06 e si ritiene tardivo dell’Accertamento notificato.
L’appello proposto dall’Ufficio deve essere pertanto respinto sul punto dirimente, rimanendo assorbite le altre doglianze di merito.
In considerazione della specialità della materia trattata, si ritiene di compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Respinge l’appello dell’Ufficio; spese compensate.
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