COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE TORINO – Sentenza 09 dicembre 2016, n. 1480
Esportazione di merce – Prova con documentazione bancaria – Assenza di documento doganale – Non è sufficiente
Conclusioni delle parti
L’ufficio appellante così conclude:
“Voglia codesta Onorevole Commissione Tributaria Regionale di Torino, in riforma dell’impugnata sentenza n. 206/06/14 della CTP di Novara, confermare la legittimità dell’avviso di accertamento in punto recupero a tassazione Iva dell’imponibile annotato nella fattura n. 1685 del 15.10.2007, e condannare la parte resistente alla rifusione delle spese di giudizio.”
Fatto
Con distinti ricorsi, poi riuniti, la società B-P. S.p.a. impugnava avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Novara due avvisi di accertamento avente ad oggetto un recupero di IVA (e relative sanzioni) relativamente agli anni 2006 e 2007, con riferimento alla ritenuta irregolarità di alcune operazioni di cessione all’esportazione di merci.
Più precisamente, con riferimento all’anno 2006, l’Ufficio aveva ritenuto che per la fattura n. 732 del 10.5.2006, avente imponibile di € 39.899,00, cessione all’esportazione, non era stata provata l’uscita delle merci dal territorio italiano ed assolte le formalità doganali.
Allo stesso modo, con riferimento all’anno 2007, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione la fattura n. 886 del 6.6.2007 (avente imponibile di € 64.733,88) e la fattura n. 1685 del 15.10.2007 (avente imponibile di € 48.338,25), per un totale di € 22.614,43 di IVA ritenuta dovuta, poiché anche in questo caso, a suo dire, non risultava provata l’uscita delle merci dal territorio italiano ed assolte le prescritte formalità doganali.
La contribuente, nel ricorso riferito all’anno 2006, faceva presente di avere fatto pervenire all’Agenzie delle Dogane la richiesta di duplicato EXZ con i relativi allegati, ivi compresa la dichiarazione del destinatario di avvenuta consegna della merce in Sudafrica. Parimenti, con riguardo all’anno 2007, affermava di avere fatto pervenire all’Agenzia delle Dogane documentazione utile a comprovare gli avvenuti trasferimenti delle merci rispettivamente negli Stati Uniti ed in Russia.
In entrambi i ricorsi eccepiva poi il difetto di motivazione degli atti impugnati poiché essi si erano limitati a riportare acriticamente le motivazioni già contenute nel PVC dell’Agenzia delle Dogane di Novara.
La contribuente chiedeva quindi l’annullamento degli atti impugnati.
Si costituiva tempestivamente in giudizio, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Novara, chiedendo preliminarmente la riunione dei ricorsi.
Nel merito, l’Ufficio rilevava che la doglianza di controparte in merito all’asserita carenza di motivazione degli atti impugnati risultava del tutto infondata, non sussistendo alcun obbligo normativo di allegazione del PVC, laddove quest’ultimo, come nella specie, fosse già pacificamente conosciuto dalla contribuente. Inoltre, rilevava che del tutto legittimamente l’Agenzia, per economia di scrittura, aveva richiamato nell’avviso di accertamento le argomentazioni a sostegno del recupero di imposta già svolte nel verbale di accertamento.
Nel merito, l’Ufficio ribadiva il mancato rispetto da parte della contribuente del disposto dell’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR 633/1972, a norma del quale: “L’esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall’Ufficio doganale su un esemplare della fattura ovvero su un esemplare della bolla di accompagnamento emessa a norma dell’art. 2 del D.P.R. 6 ottobre 1978 n. 627, o, se questa non è prescritta, sul documento di cui all’articolo 21, quarto comma, secondo periodo” e, cioè, sul documento di trasporto. Sottolineava quindi la necessità dell’esistenza di una certificazione doganale a dimostrazione dell’avvenuta esportazione del bene, non potendosi fare ricorso a mezzi di prova alternativi. Poiché nel caso di specie, a suo dire, la prova di una siffatta attestazione pubblica non era stata mai fornita dalla contribuente, con riferimento a quelle specifiche fatture, l’Ufficio chiedeva il rigetto dei ricorsi della B-P. S.p.a..
Successivamente, in data 11.12.2013, l’Ufficio produceva in giudizio comunicazione di avvenuto annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2006.
Con sentenza datata 16.12.2013, la CTP di Novara prendeva atto della sopravvenuta revoca in autotutela dell’avviso di accertamento relativo al 2006 e dichiarava, pertanto, la sopravvenuta cessazione della materia del contendere con riguardo a tale annualità.
Con riferimento all’anno 2007, invece, il giudice di prime cure rilevava che la contribuente aveva prodotto in giudizio ampia documentazione da cui risultava che le cessioni di cui alle fatture n. 886/07 e 1685/07 erano state effettuate verso l’estero, come attestato dalle copie conformi agli originali che recano in calce i timbri della Dogana di Genova. Aggiungeva che la B-P. S.p.a. aveva prodotto in giudizio anche ulteriore documentazione a riprova dell’avvenuto pagamento di .quella merce da parte dei destinatari stranieri.
La CTP di Novara accoglieva quindi il ricorso relativo all’anno 2007, pur compensando integralmente le spese di lite tra le parti.
Avverso tale sentenza, proponeva appello l’Ufficio (Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Novara), censurando la decisione di prime cure laddove aveva ritenuto che la documentazione prodotta fosse sufficiente a dimostrare l’avvenuta esportazione, in regime di esenzione di IVA, delle merci indicate nella fattura n. 1865/07, poiché su quel documento non era presente alcuna attestazione doganale riferita all’effettiva avvenuta esportazione. L’ufficio ribadiva l’impossibilità di fare ricorso a mezzi di prova alternativi, essendo imprescindibilmente prevista dalla normativa la certificazione sul punto di un soggetto terzo e pubblico.
Chiedeva quindi la riforma della decisione di primo grado limitatamente al recupero dell’imposta portata dalla fattura da ultimo citata, prestando invece espressa acquiescenza sulle ulteriori statuizioni della decisione di primo grado.
Non si costituiva tempestivamente in giudizio la contribuente nel presente grado di appello.
All’esito dell’udienza pubblica in data 6.12.2016, veniva infine pronunciata la presente sentenza.
Motivi della decisione
Ai fini della decisione, occorre anzitutto premettere che l’impugnazione proposta dall’Ufficio ha per oggetto esclusivamente il recupero a tassazione dell’IVA relativa all’imponibile annotato sulla fattura n. 1685 del 2007.
In merito alle altre due fatture (la n. 886/07 e la n. 732/06) fatte inizialmente oggetto di recupero di imposta da. parte dell’Ufficio, si deve invece rilevare che le statuizioni operate nella sentenza di prime cure non sono state oggetto di doglianza da parte dell’appellante e dunque devono ritenersi ormai passate in giudicato.
L’Ufficio contesta invero in questa sede la sentenza di primo grado unicamente nella parte in cui ha ritenuto sufficientemente comprovata dalla contribuente l’effettiva esportazione della merce indicata nella fattura n. 1685/07.
Tale motivo di impugnazione risulta in effetti fondato.
Sotto il profilo giuridico, si deve infatti notare che la pretesa dell’Ufficio si basa del dettato dell’art. 8, comma 1, lett. a) del DPR 633/1972, a norma del quale: “L’esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall’Ufficio doganale su un esemplare della fattura ovvero su un esemplare della bolla di accompagnamento emessa a norma dell’art. 2 del D.P.R. 6 ottobre 1978 n. 621, o, se questa non è prescritta, sul documento dì cui all’articolo 21, quarto comma, secondo periodo ” e, cioè, sul documento di trasporto.
La Suprema Corte ha chiarito che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che: “Ai fini dell’esenzione dall’IVA di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 633 del 1972, la destinazione della merce all’esportazione deve essere provata esclusivamente dalla documentazione doganale, ovvero dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, in assenza della quale l’operatore che voglia fruire dell’agevolazione non può valersi di documenti alternativi, mentre l’Amministrazione finanziaria non può disconoscere l’imponibilità ed il diritto alla detrazione.” (Cass. 11.8.2016 n. 16971) e che:”In tema di recupero di IVA per esportazioni al di fuori dei confini comunitari, la prova della destinazione delle merce all’esportazione, nelle cessioni di cui all’art. 8. primo comma, lett. A) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633. il cui onere incombe sul primo cedente, in caso di operazioni triangolari, deve essere fornita tramite la documentazione doganale e, quindi, se la dichiarazione di esportazione è effettuata sulla base del Documento Unico Amministrativo (DAU), a mezzo dell’esemplare 3 DAU, munito di timbro e visto dell’ufficio doganale di uscita, ai sensi degli artt. 792, 793 e 795 del Regolamento CEE 2 luglio 1993 n. 2454, applicabile “ratione temporis”. In assenza dì tale documentazione, non potendosi addebitare all’esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non ha la disponibilità, la prova può essere fornita con ogni mezzo che abbia il requisito della certezza ed incontrovertibilità, quale l’attestazione dì pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana. mentre sono inidonei documenti di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento” (Cass. 18.2.2015 n. 3193).
Orbene, nel caso di specie, la B-P. S.p.a. non ha fornito, in merito all’effettività dell’esportazione delle merci in questione, una prova dotata dei necessari requisiti di incontrovertibilità richiesti dalla Suprema Corte.
Infatti, sul punto, la contribuente si è limitata a produrre documentazione bancaria attestante il pagamento di quella merce, così portando all’attenzione del giudicante documentazione proveniente da un soggetto privato che non dimostra a sufficienza l’avvenuta esportazione. Erroneamente, quindi, la decisione di primo grado ha ritenuto idonea allo scopo la documentazione da ultimo citata.
Per converso, nessun documento doganale prodotto in giudizio si riferisce alla fattura in questione, né alle merci in essa indicate. Infatti, anche il documento doganale estero datato 07.12.2007, versato in atti dalla contribuente, richiama – tra le altre – le fatture n. 1686 e 1687, ma non fa alcun cenno a quella n. 1685 di cui qui si discute. L’esistenza di una “svista del compilatore” – prospettata dalla contribuente in merito alla mancata indicazione, in quel documento doganale, della fattura già più volte citata – non è stata invero supportata da alcun elemento probatorio. Anzi al contrario, si deve notare, a smentita di tale illazione della contribuente, il fatto che il peso complessivo della merce indicata nel predetto documento doganale non corrisponde affatto (risultando assai inferiore) al peso della merce indicata nella fattura 1685/07.
La sentenza di primo grado deve conseguentemente essere parzialmente riformata, nella parte in cui ha accolto il ricorso della contribuente con riferimento al recupero di imposta riferito alla fattura n. 1685/07.
La decisione di primo grado deve invece essere confermata nel resto (anche in relazione alle spese). Inoltre, la parziale reciproca soccombenza tra le parti, impone l’integrale compensazione delle spese di lite, anche in ordine al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
In parziale riforma della decisione di primo grado;
respinge il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento n. T7U0300807 nella parte in cui è stata recuperata a tassazione dell’IVA riferita all’imponibile indicato nella fattura n. 1865/07, emessa dalla contribuente in data 15.10.2007;
conferma nel resto la decisione di primo grado;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
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