CORTE CASSAZIONE N.n. 27509 del 30 dicembre 2014
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
O. & M.-Agenzia Ippica s.n.c., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, O. G. e G. I., questi ultimi anche in proprio, e la seconda anche in qualità di erede di M. C. e di rappresentante del figlio minore M. An., M. R., B. M. e B. E., tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Federico Gonfalonieri presso lo studio dell’Avv.Luigi Manzi che li rappresenta e difende, anche disgiuntamente, al prof.Avv.Cesare Glendi per procura in calce al ricorso.
– ricorrenti-
contro
AGENZIA delle ENTRATE rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata.
– controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria n.44/10/07, depositata il 30.7.2007; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8.10.2014 dal Consigliere Dott.Roberta Crucitti;
udito per i ricorrenti l’Avv.Emanuele Coglitore per delega;
udito per la controricorrente l’Avv.Gianna Maria De Socio;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Ennio Attilio Sepe che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Svolgimento del processo
La società in nome collettivo O. & M.-Agenzia Ippica, in persona dei legali rappresentati, nonché i soci, in proprio, G. O., R. M. e I. G. (questa ultima anche quale erede di M. C. e rappresentante del figlio minore M. An., anch’esso erede) nonché i coniugi dei primi soci, B. M. e B. E., ricorrono per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in accoglimento degli appelli riuniti proposti dell’Agenzia delle Entrate ed a integrale riforma delle decisioni di primo grado, ha confermato gli accertamenti ai danni della società, rettificativi dei redditi per le annualità dal 1993 al 1996 e gli accertamenti conseguenziali, ai fini iperf, in danno dei soci sopra indicati.
Il Giudice di appello -premesso che la verifica aveva interessato l’esame della documentazione societaria, la documentazione contabile rinvenuta presso terzi e l’acquisizione di informazioni rese da un ex dipendente della Società nonché l’indagine bancaria sui conti correnti bancari intrattenuti dai soci- ha ritenuto legittimo l’accertamento, pur se operato dall’Ufficio con diverse modalità per le varie annualità, in quanto l’accertata inattendibilità delle scritture contabili giustificava sia l’accertamento induttivo-extracontabile che quello analitico.
In particolare, la Commissione regionale, rilevava per gli anni 1994 e 1995, l’inattendibilità della contabilità essendo pacifico che la Società, priva di un proprio conto corrente bancario, utilizzava i conti personali dei soci.
Quanto agli accertamenti per gli anni 1993 e 1996 riteneva che l’indagine sui suddetti conti fosse utilizzabile anche ai fini dell’accertamento analitico e che l’Ufficio avesse fornito la prova del collegamento tra i conti correnti bancari e la Società, dato che per alcuni vi era stato un espresso riconoscimento e per altri non era stata fornita giustificazione apparendo inidonea allo scopo la relazione peritale di parte.
Inoltre, il Giudice di seconda istanza riteneva l’appello meritevole di accoglimento anche relativamente al recupero dei costi non documentati, perché “a prescindere dalla qualificazione giuridica dei ticket relativi alle vincite, rimaneva il fatto che vi era stata una deduzione senza che fosse stata prodotta idonea documentazione giustificativa”. Il ricorso, affidato a sei motivi, è resistito dall’Agenzia delle Entrate con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.Con il primo motivo i ricorrenti -premesso che contro gli avvisi di accertamento relativi alla società per le annualità 1993 e 1994 era stato promosso autonomo ricorso da P. S. (socia in quegli anni), la quale aveva impugnato, unitamente al coniuge codichiarante, anche i conseguenziali avvisi di accertamento personali (ai fini irpef per redditi da partecipazione) e che dette controversie erano state decise dalla C.T.R. della Puglia, con sentenze n.ri 74 e 75 del 2008, le quali avevano rilevato la nullità del procedimento per difetto di contraddittorio e rimesso le cause al primo giudice- deducono la violazione o falsa applicazione degli art.111, II comma, Cost. e 18, I comma, lett.d) del d.lgs. n.546/1992, 101 e 102 TUIR e 40 d.p.r. n.600/73. In particolare, i ricorrenti, alla luce dei principi sanciti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.14815/2008, rilevata la mancata partecipazione all’odierno giudizio della socia Socco chiedono dichiararsi la nullità della sentenza impugnata e la rimessione di tutte le cause davanti al giudice tributario di primo grado. Tale motivo è resistito, in controricorso, dall’Agenzia delle Entrate la quale ne rileva l’infondatezza con riguardo alle sentenze (oggetto di autonomi appelli riuniti dalla CTR e decisi congiuntamente con la sentenza impugnata) relative alle annualità 1995 e 1996 (nelle quali la Socco aveva cessato di essere socia) e ne deduce l’inammissibilità per le altre annualità, in quanto, secondo la prospettazione difensiva, pur essendo applicabile, in ipotesi, l’istituto della sospensione, nella specie l’emissione di tale provvedimento sarebbe inattuabile per la carenza di dati sulla prevenzione dei processi.
1.1. Il motivo è parzialmente fondato.
I ricorrenti hanno sollevato l’eccezione del difetto di contraddittorio, chiedendo dichiararsi la nullità dell’intero giudizio (che, per come già esposto, ha ad oggetto i ricorsi, riuniti, proposti dalla società e dai soci indicati in intestazione avverso avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1993, 1994, 1995 e 1996) senza che alla stessa possa applicarsi il regime preclusivo come invocato dall’Agenzia controricorrente. Da un lato, infatti -esclusa l’applicabilità dell’istituto della sospensione ex art.295 c.p.c.- nella specie, unico strumento al fine di evitare giudicati configgenti non può che essere la declaratoria di nullità del procedimento con rimessione al primo Giudice ma nei limiti di cui si dirà infra.
E’, invero, rimasto incontestato in atti che P. S., la quale non ha preso parte all’odierno giudizio, rivestì la qualità di socia della O. & M. s.n.c. esclusivamente, per quello che qui interessa, negli anni 1993 e 1994, onde solo per il giudizio relativo ai ricorsi proposti avverso le rettifiche dei redditi operate in quegli anni di imposta, si configura un difetto di contraddittorio legittimante la declaratoria di nullità.
Detta controversia, infatti, in ragione dell’unitarietà dell’accertamento che è alla base delle determinazioni sui redditi della società di persone e dei soci, non ha infatti ad oggetto una singola posizione debitoria, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario (Cass. 16661/2011).
Ritiene così il Collegio che, stante la pacifica natura di società di persone (con più soci all’epoca dell’accertamento rettificativo in aumento dei suoi redditi) della O. & M.-Agenzia Ippica s.n.c., debba essere rilevato un limite di correttezza nell’instaurazione dell’intero processo tributario, con riferimento alle impugnazioni sopra specificate, essendo mancata al contraddittorio contestuale, sin dalla trattazione in primo grado, la socia S. P.. (Cass. S.U. n.14815/2008, seguita da Cass. nn. 11459/2009, 13073/2012, 17925/2012, 23096/2012, 1047/2013, 25465/2013).
Conclusivamente, rilevata la ragione di nullità del procedimento, con la limitazione sopra indicata, vanno cassate la pronuncia impugnata ed altresì quella di primo grado nei capi in cui hanno pronunciato sui ricorsi proposti dalla Società e dai soci avverso gli atti impositivi relativi agli anni di imposta 1993 e 1994; conseguenzialmente le parti vanno rimesse al giudice competente quanto al primo grado, come da dispositivo, per la celebrazione del relativo giudizio e per disporre la integrazione del contraddittorio, ai sensi del d.lgs. n.546 del 1992, art. 14.
2.Non essendo stato allegato il difetto di contraddittorio relativamente al giudizio relativo alle impugnazioni degli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1995 e 1996 può procedersi, quindi, per tali annualità all’esame nel merito del ricorso.
3. Con il secondo motivo —rubricato violazione o falsa applicazione dell’art.39, comma 1 e 2, e 42 del d.p.r. n.600/73, comma 1 e 2 e 42 del d.p.r.n.600/73. Insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso. Denunzia ai sensi dell’art.62, lI comma d.lgs. n.546/1992 e 360 n.ri 3 e 5 c.p.c.- i ricorrenti denunciano che, pur essendo tutti gli avvisi di accertamento basati su unico processo verbale di contestazione (nel quale sono rappresentate fattispecie evasive sostanzialmente analoghe per tutti i periodi di imposta considerati), l’Ufficio aveva adottato per le prime due annualità i criteri di accertamento di tipo analitico, mentre per le altre quelli dell’accertamento induttivo. Secondo la prospettazione difensiva la sentenza impugnata, nel negare che tale modo di procedere fosse illegittimo in quanto l’inattendibilità delle scritture contabili giustificava sia l’accertamento analitico che quello induttivo, avrebbe violato le norme indicate in rubrica in quanto l’attività accertativa non è manifestazione di un potere discrezionale ma esercizio di un potere vincolato che trova la sua giustificazione in parametri normativi predeterminati.
2.1 Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Non sussiste, invero, il dedotto vizio di omessa motivazione laddove la Commissione Tributaria Regionale ha illustrato le ragioni per cui ha ritenuto legittimo l’operato della Amministrazione Finanziaria, ritenendo sussistenti i presupposti di legge per l’adozione dei due diversi metodi di accertamento, peraltro, in annualità diverse. Non sussiste neppure la dedotta violazione di legge. Con il mezzo i ricorrenti non censurano l’inesistenza dei presupposti legittimanti l’adozione da parte dell’Amministrazione finanziaria dei due diversi metodi (analitico ed induttivo) ma esclusivamente la “particolarità’ dell’operato dell’Ufficio che aveva utilizzato due diversi tipi di accertamento malgrado gli stessi traessero fonte dal medesimo verbale di constatazione. Il mezzo così come formulato si rileva, allora, inconducente in quanto, in detti termini, da un lato non .si individua il dedotto scostamento dell’attività accertativa dai parametri fissati per legge; dall’altro si palesa un difetto di interesse all’impugnazione, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass, n.13430/2012; Cass. n.19258/05) la quale ritiene che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il contribuente non ha interesse a contestare l’emissione nei suoi confronti, da parte degli Uffici finanziari, di un accertamento analitico, invece che di un accertamento induttivo o sintetico, posto che l’eventuale adozione di questo implicherebbe per lui minori garanzie di quelle correlabili all’accertamento analitico.
4. Con il terzo motivo, articolato ai sensi del n.3., I comma, art.360 c.p.c., si deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione Regionale ligure, nell’applicazione dell’art.2697 c.c. e dell’art.32, I comma, n.2 d.p.r. n.600/73, per avere considerato quali ricavi tutte le operazioni attive e passive dei diciotto conti correnti bancari, intestati ai soci ed a terzi, senza tenere conto che solo due di questi riguardavano pacificamente le operazioni societarie e che per tutti gli altri conti, l’Ufficio non aveva fornito la benché minima prova della loro imputabilità alla società.
4.1 Il motivo è infondato.
La tesi difensiva svolta a sostegno del motivo di ricorso deve essere disattesa nella parte in cui è volta a sostenere che la indagine bancaria e la utilizzazione dei dati rilevati dalle movimentazioni sui conti bancari intestati a soggetti diversi dal contribuente rimane necessariamente subordinata alla previa dimostrazione da parte della Amministrazione finanziaria che le somme giacenti sui conti dei soci sono di fatto nella esclusiva disponibilità della società medesima, ovvero alla previa dimostrazione della interposizione personale fittizia dei conti bancari. I più recenti arresti giurisprudenziali di questa Corte, ai quali il Collegio intende uniformarsi, escludono il preteso vincolo di subordinazione probatoria della legittimità delle indagini su conti intestati a soggetti diversi dal contribuente (che relegherebbe la utilità della indagine sui conti e depositi formalmente intestali a terzi alla mera quantificazione della evasione), affermando che “in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, n. 7, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali commi, sulla base di elementi indiziari” (cfr. Casseri 12624 e 12625/2012; Cass.n.27032/2007) o quando comunque “l’ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziar raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione fiscale” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 12.1.2009 n. 374). La questione della prova della interposizione fittizia o fiduciaria nella intestazione dei conti/depositi o comunque della prova della pertinenza delle movimentazioni bancarie ad operazioni commerciali o finanziarie riconducibili alla attività di impresa svolta dalla società, viene in rilievo pertanto soltanto nella fase valutativa dell’accertamento, successiva alle indagini (accessi, ispezione, verifiche), in quanto diretta a dimostrare – anche mediante mera argomentazione logica fondata su presunzione semplice ex art. 2729 c.c.: arg. D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, comma 3, – la “riferibilità” di detti movimenti alla produzione di ricavi societari non contabilizzati, e dunque a consentire l’applicazione delle ripetute presunzioni legali di accertamento del maggior reddito imponibile ove la società contribuente non sia stata in grado di dimostrare di aver tenuto conto degli importi rilevati nei conti/depositi nelle dichiarazioni presentate ovvero non ne giustifichi la omessa indicazione in quanto riferibili ad operazioni non imponibili (cfr. in tal senso le pronunce di questa Corte: 5^ sez. 24.9.2010 n. 20197 – in materia di imposte indirette – e 5^ sez. 24.9.2010 n. 20199 – in materia di imposte dirette – secondo cui “l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratoti generali, allorché risulti provata dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati”). L’utilizzo dei dati rilevati dalle movimentazione dei conti correnti bancari intestati ai singoli soci ed ai loro familiari ai fini dell’accertamento del maggior reddito imponibile e la conseguente applicazione della prova presuntiva D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, n. 2), da parte della C.T.R ligure, appare, dunque, del tutto conforme ai precedenti giurisprudenziali di questa Corte che, tanto in relazione agli accertamenti fiscali in materia di imposte sui redditi (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 7), quanto in materia IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7), hanno ritenuto la piena legittimità delle indagini bancarie estese ai conti bancari di terzi (come ad es. nel caso di congiunti della persona fisica amministratore e/o socio della società contribuente), reputando lo stretto rapporto familiare, o la ristretta composizione societaria, o ancora il particolare vincolo commerciale, elementi indiziari sufficienti a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (cfr. Corte Cass. 5^ sez. n. 1728/1999, id. 17.6.2002 n. 8683, id. 12.9.2003 n. 13391 – con riferimento a società di capitali -, id. n. 6743/2007, id. 7.9.2007 n. 18868, id. 21.12.2007 n. 27032, id. 12.1.2009 n. 374, id. 30.12.2009 n. 27947, id. 4.8.2010 n. 18083 – con riferimento a società di persone). Ed allora, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, non solo è pienamente legittimo l’accertamento compiuto sui conti dei soci e dei loro familiari ma il capo di sentenza impugnato appare ulteriormente immune da censura allorquando la CTR afferma che l’onere della prova della riferibilità dei conti correnti alla Società era stato assolto dall’Ufficio, mentre la Società non aveva fornito prova contraria.
5. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata, ai sensi dei n.ri 3 e 5, I comma, dell’art.360 c.p.c., per avere il Giudice di appello affermato che, nella specie, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei ticket (relativi alle vincite ed asseriti contraffatti), vi era stata deduzione di costi senza che fosse stata prodotta idonea documentazione giustificativa in quanto apparivano del tutto insufficienti, come prova, il rimando ai tabulati compilati e conservati dai gestori dell’agenzia e la circostanza che l’autorizzazione non fosse stata revocata dall’UNIRE. Secondo la prospettazione difensiva tale argomentazione era errata in diritto in quanto poneva a carico del contribuente l’onere probatorio che, al contrario ai sensi dell’art 75 TUIR, gravava sull’Ufficio ed, anche, perché negava qualsiasi valenza probatoria al dato presuntivo costituito dal fatto che, nell’esercizio di un’attività di scommesse, non è neppure immaginabile l’inesistenza di una qualsiasi vincita. Inoltre, sempre secondo la ricorrente, la sentenza era anche insufficientemente motivata, non avendo la Commissione Regionale argomentato l’affermata insufficienza, ai fini probatori, dei tabulati. Anche tale motivo è infondato. Costituisce ius receptum il principio per cui in tema di imposte sul reddito e con riferimento alla determinazione del reddito di impresa, l’onere della prova dell’esistenza e dell’inerenza dei costi incombe al contribuente (cfr tra le tante di recente n. 27458 del 09/12/2013; n.16461 del 01/07/2013), onde non sussiste la dedotta violazione dell’art.2697 c.c. Va, altresì, ritenuto insussistente l’errore attributo alla C.T.R. la quale, contrariamente all’assunto difensivo, non ha escluso che tale prova non possa essere fornita “documentalmente” ma, compiendo un giudizio di valore, ha ritenuto che le prove fornite dai ricorrenti non fossero sufficienti in quanto atti provenienti dalla stessa parte (tabulati) ovvero irrilevanti (mancata sospensione dell’attività da parte dell’UNIRE).
6. Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art.53 divok546/92 perché negli appelli proposti dall’Agenzia nei confronti dei soci vengono richiamati i motivi dell’atto di appello relativo alla società e con l’ultimo motivo si deduce la violazione dell’art.112 c.p.c., sotto il profilo dell’omessa pronuncia, per avere la Commissione Regionale pretermesso la valutazione del motivo dedotto in punto di irrogazioni sanzioni. Il quinto motivo è infondato. Il richiamo operato negli atti di appello, proposti dall’Agenzia avverso le pronunce che avevano deciso le controversie nei riguardi dei soci, ai motivi di appello formulati nelle controversie relative alla Società non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, per difetto di specificità, atteso l’inscindibile collegamento esistente tra accertamento rettificativo del reddito a carico della società di persona e quello, conseguenziale, a carico dei soci. Infine, va dichiarata l’inammissibile dell’ultimo motivo. I ricorrenti, infatti, non hanno dedotto di avere riproposto in sede di appello, i motivi del ricorso introduttivo con i quali impugnarono la motivazione dell’atto impositivo con riferimento alle sanzioni. In conclusione, il ricorso limitatamente al giudizio traente origine dai ricorsi proposti dai contribuenti avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1995 e 1996 va rigettato. La peculiarità della fattispecie e le alterne vicende dei precedenti gradi inducono a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, in parziale accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiara la nullità dell’intero giudizio avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento relativi alle annualità 1993 e 1994 e, per tale capo, cassa la sentenza impugnata disponendo il rinvio alla Commissione Tributaria Provinciale di Savona. Rigetta nel resto il ricorso con riguardo al giudizio traente origine dalle impugnazioni dei ricorrenti avverso gli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1995 e 1996.
Compensa integralmente tra le parti le spese processuali
Così deciso in Roma, il giorno 8.10.2014.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 ottobre 2019, n. 27509 - Il decorso del termine per l'esercizio della potestà sanzionatoria della Cassa Forense debba necessariamente essere ancorato al compimento del tempo concesso all'iscritto per assolvere…
- Commissione Tributaria Regionale per il Lazio sez. 6 sentenza n 474 depositata il 2 febbraio 2022 - In tema di accertamento a società di persone rileva il principio dell'unitarietà dell'accertamento. Tale principio è alla base della rettifica delle…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19394 del 16 giugno 2022 - In tema di tributi c.d. non armonizzati, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 novembre 2021, n. 37440 - In tema di tributi c.d. non armonizzati, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 17411 depositata il 30 maggio 2022 - In materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al d.P.R.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 33092 depositata il 9 novembre 2022 - In tema di contenzioso tributario, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…