CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 novembre 2017, n. 28524
Contratto di agenzia – Promotore finanziario – Recesso del lavoratore – Scambio di lettere risolutive tra le parti – Mutuo consenso – Violazione dell’obbligo di informazione – Fusione per incorporazione – Inammissibilità del ricorso – Non puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate
Fatti di causa
La Corte di appello di L’Aquila, pronunziando sull’appello principale di G.M. e sull’appello incidentale di A.B.F.A. s.p.a. – già R.B. s.p.a. -, ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato la società, in quel giudizio convenuta, a corrispondere al ricorrente la somma di € 933,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale della società e respinto nel resto le ulteriori pretese del M..
1.1. Il giudice di appello, premesso che il rapporto di promotore finanziario, instaurato dal M. sulla base di mandato conferito dalla B.N. Sim Investimenti s.p.a., si era estinto per effetto del recesso del primo (in conformità a quanto da questi sostenuto in prime cure in punto di inefficacia del recesso aziendale, posteriore al proprio) e non, come affermato dal giudice di primo grado, per mutuo consenso rinvenuto nello scambio di lettere risolutive tra le parti, ha ritenuto di condividere la sentenza impugnata in ordine alla insussistenza, comunque, della giusta causa di recesso, rappresentata, secondo la prospettazione del M., dalla violazione dell’obbligo di informazione in ordine alla fusione per incorporazione della Banca B.n.I, originaria contraente, nella R. B. s.p.a., e dal fatto che tale operazione aveva comportato la modifica dei prodotti finanziari divenuti meno competitivi e di minor interesse per la clientela. Quanto all’appello incidentale, escluso, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, in relazione alla domanda riconvenzionale, avente ad oggetto l’indennità di mancato preavviso, la necessità del previo espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione, ha ritenuto che alcun pregiudizio era scaturito alla società dal recesso di controparte, come evidenziato dalle difese di questa, appellante incidentale, la quale aveva dedotto che l’invio del telegramma (quasi simultaneo al recesso del M.) con il quale aveva comunicato la propria volontà di recedere, per giusta causa, dal rapporto era scaturito proprio per l’ipotesi che il M. non desse corso al preannunziato recesso; in tale situazione, il riconoscimento del diritto all’indennità di preavviso, destinata a tutelare la parte che si trovi di fronte ad un’improvvisa rottura del contratto consentendole la sostituzione del collaboratore, appariva ingiustificata del tutto ingiustificata.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G. M. sulla base di un unico articolato motivo.
3. La parte intimata ha depositato tempestivo controricorso con contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso principale G. M. ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1750 e 1751 cod. civ., dell’art. 2119 cod. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con rifermento alla priorità delle reciproche dichiarazioni ed al recepimento, in assenza di prova delle allegazioni di controparte, nonché omessa pronunzia sulle istanze istruttorie avanzate; ha censurato, in sintesi, la decisione di appello per avere affermato che la lettera di recesso del promotore aveva preceduto quella della società; ha evidenziato che, al contrario, la R. B. s.p.a. aveva spedito il telegramma con il quale dichiarava di voler recedere dal rapporto, in data 27 luglio 2004, prima ancora che le fosse pervenuta la comunicazione di recesso del M. spedita a mezzo posta in data 26 luglio 2004 e certamente non ricevuto dalla società mandante la quale, nella missiva del 29 luglio successivo, con la quale confermava il proprio recesso per giusta causa, aveva omesso ogni riferimento alla comunicazione inviata da controparte. Il giudice d’appello, pertanto, avrebbe dovuto accertare, in presenza di contrastanti pretese, il momento nel quale si era effettivamente perfezionato il recesso di ciascuna parte.
1.1. Premessa l’applicabilità dell’istituto della giusta causa di recesso anche al contratto di agenzia, si è, inoltre, doluto dell’affermazione del giudice d’appello secondo la quale le proprie allegazioni non erano tali da configurare una giusta causa di recesso non avendo egli prospettato problemi di affidabilità e solvibilità economica della R. B. s.p.a.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la A. B.F.A. s.p.a. ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1750, 2119-cod. civ. e dell’art. 10 Accordo economico collettivo 26.2.2002- agenti commercio settore terziario – nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurando il mancato riconoscimento del diritto alla indennità sostitutiva del preavviso.
3. Il motivo di ricorso principale è inammissibile.
3.1. La modalità di deduzione della violazione di norme di diritto non è, infatti, conforme all’insegnamento di questa Corte secondo il quale il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 n. 3 cod. prov. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. 03/08/2007 n. 5353; Cass. 17/05/2006 n. 11501). Parte ricorrente si è sottratta a tale onere in quanto non ha individuato le affermazioni di diritto della sentenza impugnata in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie, delle quali ha denunziato la violazione in rubrica ma, piuttosto, ha incentrato le proprie doglianze sulla ricostruzione operata dal giudice di appello in ordine alla priorità del proprio recesso rispetto a quello intimato dalla società ed alla esclusione della sussistenza della giusta causa .dello stesso.
3.2. In ordine al primo profilo, la valutazione nel merito delle doglianze articolate è preclusa dal fatto che, avendo il giudice di appello rilevato che dalle difese esplicitate nel ricorso introduttivo dal M., risultava che questi aveva chiesto accertarsi la priorità del proprio recesso e, quindi, la inefficacia, perché posteriore, del recesso intimatogli dalla società preponente, parte ricorrente, avrebbe dovuto investire con specifico motivo di ricorso tale interpretazione del contenuto della originaria domanda, interpretazione la quale, peraltro, appare avvalorata dalla esposizione della vicenda processuale ed in particolare del contenuto del ricorso di primo grado evocato nel ricorso per cassazione (v. pagg. 4 e 5). A tanto consegue la inammissibilità della doglianza intesa contrastare l’accertamento del giudice di appello relativo alla priorità del recesso del M., risultando l’esame della questione precluso, in quanto fondato su circostanze (priorità del recesso di controparte rispetto al proprio), costituenti modificazione della originaria domanda, allegate solo in seconde cure, in violazione del divieto di novum in appello ( art. 437 cod. proc. civ.),.
3.1. In ordine al secondo profilo, attinente alla verifica in concreto della sussistenza della giusta causa, se ne rileva la inammissibilità alla luce del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale la denuncia del vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive risultanze de processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357). In conseguenza, il vizio di motivazione deve emergere dall’esame del ragionamento svolto dal giudice di merito quale risulta dalla sentenza impugnata e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato diversi che, agli stessi elementi siano attribuiti dal ricorrente ed in genere dalle parti ( v., per tutte Cass. 25/10/2003, n. 16063); in altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità – non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata in quanto siffatta revisione si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto riservato al giudice del merito e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.
3.2. Parte ricorrente non ha articolato le proprie censure con modalità conformi ai principi richiamati posto che senza, evidenziare specifiche insufficienze,contraddittorietà od omissioni della motivazione alla base della esclusione della sussistenza della giusta causa di recesso, si è limitata, inammissibilmente, ad invocare un diverso e più favorevole apprezzamento delle risultanze probatorie.
4. Il motivo di ricorso incidentale è fondato.
4.1. Premesso che non è revocabile in dubbio l’applicabilità, anche al rapporto in oggetto, dell’istituto del recesso per giusta causa (Cass. 30/10/2015, n. 22285; Cass. 25/07/2008, n. 20497p, è da osservare, in linea di principio che, come chiarito da questa Corte, il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno. (Cass. 30/09/2016, n. 19579; Cass. 14/03/2012, n. 4042). In tale contesto è stato, altresì, precisato che l’indennità sostitutiva è correlata proprio all’essere lo scioglimento del rapporto conseguenza della volontà della parte e che essa ha la funzione di risarcire in modo preventivo e automatico il danno che può derivare dal recesso senza preavviso (Cass. 4042/2012 cit.).
4.2. La disciplina collettiva e quella individuale, nel regolare il diritto alla indennità di preavviso, non hanno introdotto alcuna previsione derogatoria alla naturale funzione dell’istituto, di predeterminazione in via automatica e preventiva del danno derivante dal recesso senza preavviso intimato da una delle parti. Infatti, per come pacifico e comunque risultante dall’esame diretto del relativo testo, l’Accordo collettivo stabilisce espressamente il diritto al preavviso da parte della casa mandante in ipotesi di recesso dell’agente (art. 10, comma 2 ) e, in caso di recesso con effetto immediato, il diritto della parte non recedente ad una somma a titolo di indennità sostitutiva del preavviso; (art. 10 comma 5); analogamente, il contratto individuale stabilisce in ipotesi di recesso con effetto immediato risultato non assistito da giusta causa il diritto della parte non recedente alla indennità sostitutiva del preavviso.
4.3. Alla luce della richiamata disciplina convenzionale, collettiva ed individuale, ed in coerenza con la funzione propria dell’istituto in esame, deve, pertanto, escludersi che il diritto alla indennità in oggetto possa venire meno sulla base di considerazioni attinenti alla effettiva sussistenza del pregiudizio che l’indennità in questione è destinata a ristorare, posto che – si ribadisce tale indennità è prevista in favore della parte non recedente quale conseguenza automatica e predeterminata del recesso con effetto immediato, intimato dalla controparte, non assistito da giusta causa.
5. In base alle considerazioni che precedono il ricorso incidentale deve essere accolto e la sentenza cassata in parte qua, con rinvio ad altro giudice di secondo grado che si designa nella Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione, alla quale è demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo di ricorso incidentale e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.
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