CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 novembre 2017, n. 28799
Inail – Assegno ad personam – Passaggio di mansioni – Inclusione voci retributive – Decorrenza del termine di impugnazione – Ricorso per revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. – Erronea percezione dei fatti di causa – Inammissibilità – Errore non può riguardare l’attività interpretativa e valutativa
Fatti di causa
Con ordinanza depositata il 15.12.2015 la Corte di Cassazione ha pronunciato sul ricorso proposto da L.P. contro l’INAIL, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 5.11.2012 avente ad oggetto l’inclusione, nell’assegno ad personam, di alcune voci retributive a seguito del passaggio dalle mansioni di addetto al servizio di portierato alla qualifica di impiegato amministrativo, rilevando l’inammissibilità del ricorso per decorrenza del termine di impugnazione.
L.P. ne chiede la revocazione sull’assunto che i giudici di legittimità – laddove hanno ritenuto tardiva la notifica del ricorso per cassazione (del 19.3.2013) – sarebbero incorsi nell’errore di percezione previsto dall’art. 395, n. 4 cod.proc.civ. perché non avrebbero considerato che il primo tentativo di notifica della sentenza di appello effettuato dall’INAIL in data 14.1.2013 non si era perfezionato a causa del trasferimento dello studio del procuratore costituito, perfezionandosi solamente a seguito del secondo tentativo di notifica (in data 18.1.2013).
Il P. propone ricorso per revocazione affidato a un motivo, oltre alla riproposizione dei tre motivi proposti con l’originario ricorso per cassazione, illustrati da memoria ex art. 378 cod.proc.civ. L’INAIL resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di revocazione si deduce il travisamento degli atti di notifica della sentenza di appello, risultando documentalmente provato che il primo tentativo di notifica da parte dell’INAIL non si è perfezionato a causa del precedente trasferimento dello studio legale dell’avv. F.C. (dal numero civico 22 all’84 di P.F., Venezia-Mestre), come risulta dalla relata di notifica dell’ufficiale giudiziario redatta in data 14.1.2013, ed essendo andato a buon fine esclusivamente a seguito di una seconda notifica, in data 18.1.2013.
2. Il ricorso è inammissibile.
L’errore rilevante ex art. 395 n.4 cod. proc. civ. consiste nella erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, a condizione che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito. Muovendo da detta premessa questa Corte ha evidenziato che: l’errore non può riguardare la attività interpretativa e valutativa; deve avere i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo nel senso che tra la percezione erronea e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata sicuramente diversa (Cass. 5.7.2004 n. 12283; Cass. 20.2.2006 n. 3652; Cass. 9.5.2007 n. 10637; Cass. 26.2.2008 n. 5075; Cass. 29.10.2010 n. 22171; Cass. 15.12.2011 n. 27094).
Detti requisiti non ricorrono nella fattispecie perché la sentenza impugnata per revocazione, quanto alla tempestività del ricorso per cassazione, è evidentemente fondata su un presupposto di fatto corretto, avendo esaminato e valutato entrambe le notifiche concernenti la sentenza di appello (sia la notifica del 14 che quella del 18 gennaio 2013) ed avendo ritenuto valida la prima (sulla scorta della relata di notifica del 14.1.2013 presente nel fascicolo dell’Inail).
Non ricorre, pertanto, alcun errore di percezione e la decisione oggetto di revocazione si è limitata ad applicare il principio della decadenza dall’impugnazione a seguito del v decorso del termine con riguardo alla prima notifica della sentenza di appello, avendone verificato il suo perfezionamento.
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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