CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 7524 depositata il 15 aprile 2016
TRIBUTI – IVA – OPERAZIONI NON IMPONIBILI – CESSIONI INTRACOMUNITARIE – PRESUPPOSTO OGGETTIVO – TRASFERIMENTO DEI BENI PRESSO UNO STATO MEMBRO – ONERE DI PROVA A CARICO DEL CEDENTE – TRUFFA DA PARTE DEL CESSIONARIO – MANCATO PAGAMENTO DELLA MERCE – NON SUFFICIENTE AD INTEGRARE LA BUONA DEL CEDENTE
Ritenuto in fatto
1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 20/03/09, depositata il 29.01.2009 e non notificata, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Ditta G.B.M. SRL in liquidazione avverso l’avviso di accertamento per IVA, relativa all’anno di imposta 1998, non corrisposta dalla contribuente ai sensi dell’art. 58 del DL n. 331/1993, conv. in L n. 427/1993 per vendita dei beni presso uno Stato comunitario.
La Ditta aveva fornito alla società G.E.B. a RL prodotti cartacei, previo rilascio da parte della stessa della dichiarazione di cui all’art. 1 lett. c) del DL n. 746/1983, conv. in L n. 17/1984, intendendo avvalersi della facoltà di acquisto senza applicazione dell’IVA per merce da consegnare presso uno Stato comunitario.
L’Agenzia aveva fondato il rilievo sulla mancanza di prova della consegna della merce presso uno Stato comunitario.
2. Il giudice di appello ha sostenuto che costituiva condizione all’esenzione la sola presentazione della dichiarazione da parte dell’acquirente intermediario, soggetto che assumeva su di sé la responsabilità del corretto svolgimento della procedura di trasferimento del bene e che la emissione della fattura senza IVA era legittima in quanto accompagnata dalla dichiarazione.
Affermava inoltre che la pretesa tributaria nei confronti della contribuente non era fondata, perché quest’ultima aveva subito una truffa consistita nel mancato pagamento del prezzo.
3. La Agenzia propone ricorso per cassazione articolato su due motivi e la contribuente replica con controricorso e memoria ex art. 378 cpc.
Considerato in diritto
1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di tardività della notifica del ricorso per cassazione, avvenuta tempestivamente entro l’ultimo giorno il 16.03.2010.
2.1. Con il primo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 41 e 58 del DL n. 331/1993, conv. in L n. 427/1993, 8 e 21, comma 2, del DPR n. 633/1972, 1 del DL n. 746/1983, conv. in L n. 17/1984, 5 e 28 quater della Dir. CEE n. 77/388/CE, 14 e 20 della Dir CEE n. 2006/112/CE (art. 360, comma 1, n.3, cpc) per aver erroneamente ritenuto la CTR assolte le condizioni per la non imponibilità IVA sulla scorta della annotazione in fattura, senza che fosse stato reperito alcun documento attestante la destinazione comunitaria della merce e nonostante l’intestatario delle fatture fosse un’impresa italiana, ritenendo invece sufficiente la mera presentazione da parte del cessionario italiano di una dichiarazione di intento.
2.2. Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione degli artt. 6 del DPR n. 633/1972 e 654 cpp (art.360, comma 1, n.3, cpc), per avere erroneamente ritenuto la CTR che la circostanza che la contribuente avesse subito una truffa fosse idonea a sottrarla all’obbligo tributario connesso alle operazioni commerciali concluse.
2.3. I motivi sono fondati e possono essere trattati congiuntamente.
2.4.1. L’articolo 41, comma 1 lett. a), de! DL n. 331 del 1993 prevede che costituiscono cessioni non imponibili ” a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti dì cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell’art. 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n.633, non soggetti passivi di imposta (…). Quindi l’art. 58 del citato DL prevede anche una fattispecie di triangolazione cd. nazionale, costituita dalla presenza di due operatori nazionali e uno comunitario: anche in questo caso l’operazione non è imponibile, ma a condizione che i beni siano trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Ove ciò avvenga, le imposte sono corrisposte dal cessionario presso gli uffici finanziari dello Stato membro di destinazione.
2.4.2. Orbene, nel caso Teleos (C-409/04), la Corte di giustizia ha espresso, in via generale, l’esigenza «che la qualificazione di una cessione o di un acquisto intracomunitario venga effettuata in base ad elementi oggettivi, quali l’esistenza di un movimento fisico dei beni di cui trattasi tra Stati membri». Ne consegue che l’effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro rappresenta una tra le condizioni necessarie per l’applicazione del regime di non imponibilità di cui al citato articolo 41.
Di recente la Corte di giustizia (C-273/11, punti 31 e 32) ha ribadito che, secondo una costante giurisprudenza, l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (v. sentenze Teleos e a., cit., punto 42; del 27 settembre 2007, Twoh International, C-184/05, Racc, pag. 1-7897, punto 23; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag. 1-12605, punto 41, e del 16 dicembre 2010, Euro Tyre Holding, C-430/09, Racc. pag. 1-13335, punto 29).
La Corte, con tale decisione (C-273/11), ha peraltro sottolineato che il trasferimento all’acquirente del diritto di disporre di un bene materiale come proprietario, costituisce una condizione relativa a qualsiasi cessione di beni, definita all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e non consente, di per sé, di determinare il carattere intracomunitario. dell’operazione interessata, essendo a tal fine necessario che la merce abbia fisicamente lasciato il territorio dello Stato di cessione.
2.4.3. Fissato questo presupposto oggettivo, la Direttiva 2006/112/CE non fornisce indicazioni circa la prova della movimentazione del bene, che grava sul cedente, lasciando, invece, che siano gli Stati membri a definirla, nel momento in cui fissano le condizioni e i requisiti per l’applicazione del regime di non imponibilità.
Stante la mancanza nell’ordinamento interno di una norma che stabilisca quali documenti siano idonei a dimostrare l’avvenuto trasferimento del bene dall’Italia ad altro Stato membro, la prassi amministrativa ha fornito alcune indicazioni in merito (cfr. risoluzione n. 19/E del 2013 e 71/E del 2014).
In particolare nella ipotesi in cui il cedente non abbia provveduto direttamente al trasporto e non sia in grado pertanto di reperire il documento relativo (ad esempio in caso di cessioni franco fabbrica), l’Amministrazione ha stabilito il principio per cui la prova dei trasferimento del bene “può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro” (cfr. ris. n. 477/E del 2008).
2.4.5. In considerazione delle disposizioni normative, dei principi di diritto eurounitario, delle indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria e del normale svolgimento delle transazioni commerciali, questa Corte con molteplici pronunce ha affermato, sotto il profilo probatorio, che in tema di I.V.A., ed in fattispecie di cessione intracomunitaria ex art. 41 del DL n. 331/1993, convertito, con modificazioni, dalla L n. 427/1993, grava sul cedente, ai sensi dell’art. 2697 cc, l’onere di dimostrare, con mezzi adeguati, tali da non lasciare dubbi, i presupposti della deroga al normale regime impositivo e, cioè, non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l’effettività dell’esportazione in altro Stato membro e la propria buona fede, potendo, quindi, essere negata, secondo la sentenza della Corte di Giustizia CE del 6 settembre 2012 (C-273/11), l’esenzione al contribuente ove risulti, in base ad elementi oggettivi, che egli, conoscendo o avendo dovuto conoscere che, l’operazione effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente, non aveva adottato misure ragionevoli per evitare di parteciparvi (Cass. sent. nn. 12751/2011, 7389/2012, 13457/2012, 4636/2014, 176/2015, 8643/2015, 15639/2015).
Si è in tal modo dato continuità all’indirizzo in forza del quale la non imponibilità delle cessioni di beni asseritamente destinati all’esportazione, subordinata alla dichiarazione scritta di responsabilità del cessionario sulla destinazione del bene fuori del territorio comunitario e al possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma, viene meno qualora si accerti che i beni non siano stati effettivamente esportati e che tale dichiarazione sia ideologicamente falsa. In questo caso l’obbligo del cedente di assolvere successivamente l’IVA su tali beni può essere escluso solo nella misura in cui risulti provato che egli abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non lo conducesse a partecipare alla frode.
2.4.6. In questo contesto, la CTR non ha fatto corretta applicazione della normativa in esame e dei principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in quanto ha ritenuto sufficiente per riconoscere la esenzione di imposta quanto riportato nelle fattura dalla parte privata (Es. art. 41) sulla scorta della sola dichiarazione dell’intermediario, senza che alcun documento attestasse la destinazione comunitaria della merce, senza la prova del trasferimento all’estero della merce e dell’adozione da parte della ditta contribuente di tutte le misure ragionevoli in suo potere, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non la conducesse a partecipare alla frode fiscale.
2.5.1. Tale ultima considerazione conduce anche all’esame del secondo motivo.
2.5.2. In proposito, sulla scorta de! quadro normativo e giurisprudenziale premesso, va escluso, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, che la circostanza che la parte abbia subito una truffa sia rilevante e pertinente ai fini dell’applicazione dell’esenzione di imposta vantata.
2.5.3. Va infatti ribadito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente, l’operazione in esame, per i motivi espressi da sub 2.4.1. a sub 2.4.6., non può essere qualificata come cessione all’esportazione, ma deve essere qualificata come cessione interna, in quanto priva del presupposto oggettivo del trasferimento dei beni presso uno Stato membro, richiesto per l’applicazione del principio di non imponibilità e non essendo stata provata dalla contribuente nemmeno l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta del cessionario verso il sistema dei tributi armonizzati.
2.5.4. La circostanza che la contribuente deduca di essere stato, a sua volta, vittima di una truffa da parte del cessionario, infatti, non è sufficiente ad integrare la buona fede in capo alla cedente circa la sussistenza dei presupposti oggetti e soggettivi richiesti ai fini dell’applicazione del regime di esenzione dell’IVA.
Secondo i principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria, è richiesto che l’operatore economico provi di non essere stato a conoscenza del fatto che in realtà non erano state soddisfatte le condizioni legali per l’applicazione del regime della non imponibilità, o di non essersene potuto rendere conto, pur facendo prova di tutta la diligenza di un commerciante avveduto (Corte giust. 21 febbraio 2008, causa C-271/06, Netto Supermarket Gmbh).
Orbene nulla di tutto ciò si evince da quanto accertato in fatto, atteso che l’unico profilo della pretesa truffa valorizzato dalla CTR è stato il mancato pagamento del prezzo, circostanza che non attiene ai presupposti per l’applicazione del regime di esenzione intracomunitaria, ma configura solo l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento da parte del cessionario ed è priva di rilevanza sul piano fiscale, se non confluisce in una variazione ai sensi dell’art. 26 del DPR n. 633/1972.
2.5.5. Ne consegue che l’operazione, che non può avvalersi del regime speciale, ricade sotto la disciplina ordinaria: ciò incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio di cartolarità, secondo il quale l’imposta è dovuta ogniqualvolta la fattura sia emessa ai sensi dell’art. 6, commi 4 e 5 del DPR n. 633/1972, anche se per un’operazione non avvenuta o non avvenuta nei termini in essa descritti (cfr. Cass. n. 12111/2015, 27141/2011).
3.1. Conclusivamente il ricorso va accolto sui due motivi; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessarie ulteriori valutazioni, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso.
3.2. Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidate in dispositivo. Le spese di giudizio delle fasi di merito si compensano.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso su tutti i motivi;
– cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con il rigetto dell’originario ricorso;
– condanna la controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di €. 3,600,00, oltre spese prenotate a debito; compensa le spese di giudizio per le fasi di merito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sentenza n. 23587 depositata il 2 agosto 2023 - In tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all'art. 110, comma 7, t.u.i.r., finalizzata alla repressione del fenomeno economico del "transfer pricing",…
- Corte di Cassazione sentenza n. 32328 depositata il 2 novembre 2022 - In tema di cessioni intracomunitarie, il cedente ha l'onere di dimostrare l'effettività dell'esportazione della merce nel territorio dello Stato nel quale risiede il cessionario o,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22689 depositata il 20 luglio 2022 - In tema di accertamento tributario mediante studi di settore, ai fini del riparto degli oneri probatori, grava sul contribuente l'onere di allegare, ed anche di provare - ancorché…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 14853 depositata il 26 maggio 2023 - In caso di operazioni triangolari interne al territorio dell'Unione, ove vi siano due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio…
- Corte di Cassazione sentenza n. 32326 depositata il 2 novembre 2022 - Per gli accertamenti a mezzo studi di settore il requisito della "grave incongruenza" di cui all'art. 62-sexies, comma 3, l. n. 331 del 1993, conv. con mod. dalla l. n. 427 del…
- Corte di Cassazione sentenza n. 32332 depositata il 2 novembre 2022 - Il requisito della "grave incongruenza" di cui all'art. 62-sexies, comma 3, l. n. 331 del 1993, conv. con mod. dalla l. n. 427 del 1993, costituisce presupposto impositivo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…