Corte di Cassazione sentenza n. 32326 depositata il 2 novembre 2022 

studi di settore – requisito della “grave incongruenza”

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 320/01/12 del 19/12/2012, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da Franco Farnesi r.l. (di seguito FF) avverso la sentenza n. 127/05/10 della Commissione tributaria provinciale di Lucca (di seguito CTP), che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento concernente IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2005.

1.1 Come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento aveva comportato una rettifica del reddito del contribuente in applicazione dei cd. studi di settore.

1.2 La CTR motivava il rigetto dell’appello di FF osservando che: a) l’avviso di accertamento era sorretto da idonei supporti probatori, costituiti dalla applicazione degli studi di settore confortati dalla incongruenza dei ricavi; b) la società contribuente, invece, si era limitata a contestazioni generiche, indicando presunte ragioni di scostamento dagli studi di settore quali l’esecuzione di notevoli interventi non meglio specificati.

2. FF impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e depositava memoria ex 380 bis.1 cod. proc. civ.

3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

4. Con ordinanza resa all’esito dell’adunanza camerale del 28/01/2021, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l’eventuale trattazione in pubblica udienza.

5. FF depositava, quindi, memoria ex 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso FF deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento sia sostenuto da idonea motivazione.

1.1 Il motivo è inammissibile e, comunque,

1.2 Da un’attenta lettura del ricorso si evince che FF lamenta essenzialmente la circostanza che l’Ufficio non abbia tenuto conto delle deduzioni della società contribuente rese in sede di contraddittorio

1.3 In realtà, la CTR non si è affatto espressa sulla questione, limitandosi ad affermare che l’avviso di accertamento è sorretto da idonei supporti indiziari; sicché il motivo si rivela inammissibile, non cogliendo la ratio decidendi.

1.4 In ogni caso, il motivo è anche infondato, in quanto dalla motivazione trascritta si evince che l’Ufficio ha tenuto conto delle osservazioni della società contribuente, sia pure disattendendole, così manifestando la propria posizione al riguardo e dando la possibilità alla società contribuente di confutare le valutazioni così espresse nel giudizio di merito.

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 62 sexies, comma 3, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto la legittimità di un avviso di accertamento fondato unicamente sulla pedissequa applicazione degli studi di settore, senza alcuna dimostrazione della sussistenza delle gravi incongruenze richieste dalla legge, peraltro in presenza di uno scostamento non grave in quanto pari unicamente al 4,4 per cento.

2.1 Il motivo è fondato.

2.2 Gli accertamenti a mezzo studi di settore sono stati introdotti dall’art. 62 sexies, comma 3, del d.l. n. 331 del 1993, secondo il quale «gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), (…) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, (…) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62 bis, del presente decreto».

2.2.1 La menzionata disposizione autorizzava, pertanto, l’Ufficio finanziario, allorché ravvisasse siffatte «gravi incongruenze», a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste dalla legge e, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità, e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria (cfr. Cass. n. 5977 del 14/03/2007; Cass. n. 8643 del 06/04/2007; Cass. n. 3302 del 13/02/2014). Ed infatti, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore differisce dalla procedura di accertamento di cui all’art. 39 del P.R. n. 600 del 1973, rispetto alla quale costituisce uno strumento alternativo disponibile per l’Amministrazione finanziaria, proprio in quanto – al contrario di questa – è del tutto indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass. n. 23096 del 14/12/2012; Cass. n. 20060 del 24/09/2014).

2.2.2 La modalità di una simile tipologia di accertamento è stata precisata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 26635 del 18/12/2009), le quali hanno evidenziato che: a) l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; b) nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame; c) l’eventuale avviso di accertamento emesso all’esito del contraddittorio non può essere motivato unicamente sul rilievo dello scostamento, ma deve essere integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; d) in tal caso, è sempre necessario che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una «grave incongruenza»; e) ove, invece, il contribuente non abbia preso parte al contraddittorio al quale sia stato regolarmente convocato, assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards; f) in ogni caso (e, dunque, anche nel caso di mancata partecipazione al contraddittorio), il contribuente mantiene la più ampia facoltà di giustificare, in sede giudiziale, lo scostamento dagli standards (si veda, ex multis, anche Cass. n. 11633 del 15/05/2013; Cass. n. 17646 del 06/08/2014; Cass. n. 9484 del 12/04/2017; Cass. n. 21754 del 20/09/2017; Cass. n. 27617 del 30/10/2018; Cass. n. 16545 del 20/06/2019).

2.2.3 All’esito del contraddittorio instaurato con il contribuente, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una «grave incongruenza», deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, della l. n. 146 del 1998. Invero, tale più recente disposizione, pur richiamando direttamente l’art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993, aggiunto in sede di conversione, non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, proprio in quanto già previsto dalla norma precedente, limitandosi a statuire che «gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui al L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d’imposta pari a dodici mesi e con le modalità di cui al presente articolo».

2.2.4 In definitiva, dunque, l’art. 10 della n. 146 del 1998 opera un rinvio all’art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993 secondo la tecnica normativa del rinvio recettizio ad una disposizione di carattere generale precedente, da parte di una norma, speciale successiva, che non prevede una disciplina specifica della fattispecie da regolare. In forza di tale tipologia di rinvio, infatti, la norma, oggetto del rinvio, risulta inserita ed assorbita nella norma che lo effettua (Cass. n. 914 del 22/03/1968). Sul piano strutturale, pertanto, la successiva disposizione ha recepito in toto la previsione generale di cui alla norma precedente, quanto ai presupposti in presenza dei quali è possibile il ricorso al criterio dello scostamento della dichiarazione dagli studi di settore, fornendo, per tale via, in assenza di una disciplina derogatoria specifica sul punto, una conferma della perdurante necessità che il divario tra i ricavi dichiarati dal contribuente e le risultanze degli studi dia luogo a «gravi incongruenze» (Cass. n. 20414 del 26/09/2014; Cass. S.U. n. 26635 del 2009, cit.).

2.3 A far data dal 01/01/2007, peraltro, l’art. 10, comma 1, della n. 146 del 1998, è stato novellato dall’art. 1, comma 23, della n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, della l. 27 dicembre 2006, n. 296, che così recita «gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies convertito, con modificazioni, dalla l. 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi».

2.3.1 Inizialmente, in ragione del carattere innovativo della novella, si è interpretata tale disposizione nel senso della soppressione del requisito delle gravi incongruenze (Cass. 26481 del 17/12/2014; Cass. n. 22421 del 04/11/2016; Cass. n. 27847 del 31/10/2018), con riferimento agli avvisi di accertamento notificati dopo il 01/01/2007, indipendentemente dal periodo di imposta al quale l’avviso di accertamento si riferisca.

2.3.2 Successivamente, peraltro, questa Corte (Cass. 18249 del 24/06/2021; Cass. n. 12304 del 23/06/2020; Cass. n. 8854 del 29/03/2019), ha ritenuto che il presupposto delle gravi incongruenze non debba ritenersi abrogato.

2.3.3 In particolare, è stato affermato che «il requisito della “grave incongruenza” di cui all’art. 62-sexies, comma 3, l. n. 331 del 1993, conv. con mod. dalla l. n. 427 del 1993, costituisce presupposto impositivo necessario per gli avvisi di accertamento su di essi fondati, senza che assuma rilievo, per gli avvisi notificati successivamente al 1° gennaio 2007, la modifica dell’art. 10, comma 1, l. n. 146 del 1998 operata con l’art. 1, comma 23, l. n. 296 del 2006, in quanto priva di portata innovativa e diretta ad assicurare, secondo una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, una funzione di mera semplificazione e coordinamento normativo attesa l’abrogazione dei commi 2 e 3 del medesimo art. 10, ad opera dell’art. 37, comma 2, lett. b, d.l. n. 226 del 2006, e l’estensione della tipologia di accertamento a prescindere dalla contabilità adottata» (Cass. n. 20608 del 27/06/2022).

2.3.4 A questo orientamento – applicabile anche al caso di specie, che riguarda appunto un accertamento notificato successivamente al 01/01/2007 – va data in questa sede continuità, potendo richiamarsi integralmente l’approfondita motivazione della menzionata sentenza, opportunamente orientata sull’esegesi del diritto interno.

2.4 La sentenza impugnata non è rispettosa del principio di diritto sopra menzionato, essendosi limitata a segnalare la sussistenza di una semplice incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli presunti in applicazione dello studio di settore, senza chiarire se detta incongruenza possa definirsi grave, in ragione delle circostanze del caso concreto; giudizio di gravità che spetta al giudice di merito e, «ancorché ancorato ad un divario necessariamente di carattere quantitativo tra dichiarato e accertato, non si traduce, in via automatica, nella determinazione di una percentuale di scostamento fissa e predeterminata, neppure all’interno di un qualche range, non previsto dalla disciplina» (così Cass. n. 20608 del 2022, cit.).

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avendo la CTR erroneamente liquidato come generici gli elementi fattuali specificamente indicati da FF.

3.1 Con il quarto motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR del tutto ignorato la documentazione versata in atti dalla società contribuente.

4. I due motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del secondo motivo.

5. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbiti i restanti motivi; la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.