CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9263 del 6 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PREVIDENZA – PENSIONE – DIPENDENTI DEGLI ENTI LOCALI – COMPUTO DELL’INDENNITA’ PREMIO DI SERVIZIO
FATTO/DIRITTO
1 – Considerato che e stata depositata relazione del seguente contenuto:
“La Corte di appello di Campobasso, decidendo sull’impugnazione proposta da E.V. nei confronti dell’I.N.P.S. (subentrato ex lege all’INPDAP per effetto dell’art. 21 del D.L. 6/12/2011, n. 201 conv. in legge 22/12/2011, n. 214), in riforma della decisione di primo grado (che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riguardo alla domanda avente ad oggetto il calcolo della pensione e, per il resto, il difetto di legittimazione passiva dell’INPDAP), respingeva il ricorso della V., già dipendente dell’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo per il Molise (ERSAM oggi ARSIAM), ritenendo, per quanto di interesse nel presente giudizio, che nella base contributiva utile per il computo dell’indennità premio di servizio prevista dalla legge n. 152 del 1968 non fossero da includere i versamenti effettuati dall’ERSAM sul Fondo individuale integrativo di previdenza.
Avverso tale decisione E.V. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
L’I.N.P.S. (quale successore dell’lNPDAP) è rimasto solo intimato.
Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della L.R. n. 40/1977, dell’art. 3 del Regolamento del Fondo di previdenza del 16 aprile 1980, approvato con deliberazione 11/12/1981, n. 219, dell’art. 9 bis, co. 1, del D.L. n. 103/1991 (conv. con legge n. 166/1991) come modificato dall’art. 1, co. 132, della legge n. 662/1996; dell’art. 2909 cod. civ., dell’art. 1, comma 132, della legge n. 311/2004, come modificato dall’art. 14 septiedecies, del D.L. n. 115/2005, convertito con legge n. 168/2005, nonché dell’art. 11, co. 5, della legge n. 152/1968; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione. Censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto natura retributiva agli accantonamenti destinati ad alimentare il Fondo di previdenza di cui al regolamento del 16 aprile 1980 e per aver di conseguenza escluso gli stessi dalla base di calcolo per il computo dell’indennità premio di servizio.
Il motivo (nell’ambito del quale vi è un mero cenno ad una questione di giurisdizione che tuttavia non viene sviluppata come vera e propria eccezione e che in ogni caso appare relativa alle differenze di trattamento pensionistico che, come si rileva dalla sentenza impugnata, avevano formato oggetto di separata impugnazione e quindi restano estranee al presente giudizio relativo solo alla riliquidazione dell’indennità premio di servizio) è manifestamente infondato.
Questa Corte ha da tempo affermato che la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma dell’art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152, l’indennità premio di servizio, e costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall’art. 11, quinto comma, legge cit., la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione ‘stipendio o salario’ richiede un’interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura. Si veda, in tal senso Cass., Sez. Un., n. 3673 del 29 aprile 1997 che, sulla base di tale principio, ha affermato che non può assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, un assegno ‘ad personam’, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto lo stesso non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non può considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione.
Tale orientamento è stato confermato da numerose successive decisioni tra cui Cass. 17 gennaio 2003, n. 681 secondo cui, per le medesime ragioni, non può assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, l’indennità per le funzioni dirigenziali; Cass. 14 agosto 2004, n. 15906 secondo cui neppure possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, le indennità di posizione variabile e l’indennità di rischio radiologico corrisposte a un dirigente medico, in quanto le stesse non fanno parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non possono considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione, restando irrilevante la circostanza che per errore l’amministrazione di appartenenza abbia versato i contributi sulla retribuzione non utile ai fini dell’indennità; Cass. 2 settembre 2010, n. 18999 secondo cui non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, le maggiori competenze spettanti in seguito allo svolgimento di fatto di mansioni superiori, in quanto tali competenze non fanno parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non possono essere considerate come componenti fisse dello stipendio, avendo l’amministrazione la facoltà di porre fine all’assegnazione delle mansioni superiori; Cass. 7 gennaio 2013, n. 176 secondo cui non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, gli incrementi dell’indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità (art. 45 c.c.n.l. Comparto Sanità 1994 – 1997); Cass. 17 settembre 2015, n. 18231 secondo cui non rientra nel computo rilevante l’indennità di struttura in quanto essa, ancorché voce del trattamento retributivo globale, non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma.
Né invero è condivisibile la prospettazione della natura retributiva degli accantonamenti in questione essendo sufficiente, al riguardo, richiamare quanto di recente chiamo da questa Corte, a Sezioni unite, nella decisione n. 4684 del 9 marzo 2015: “Con riferimento al periodo precedente la riforma introdotta dal d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno – a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione e, pertanto, sia nel caso in cui il fondo abbia una personalità giuridica autonoma, sia in quello in cui esso consista in una gestione separata nell’ambito dello stesso soggetto datore di lavoro – natura previdenziale e non retributiva e non sussistono pertanto i presupposti per l’inserimento dei suddetti versamenti nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro”.
In conclusione, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5″.
2 – Va precisato che l’I.N.P.S. (quale successore dell’INPDAP) ha depositato procura in calce al ricorso notificato ed ha partecipato alla discussione orale.
3 – Per il resto, questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore (avverso le quali non sono state depositate memorie ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.) siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo.
4 – Conseguentemente il ricorso va rigettato.
5 – Il recente intervento chiarificatore delle sezioni unite di questa Corte induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
6 – La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater; d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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