CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36655 depositata il 24 luglio 2017
VA – Violazioni e sanzioni- Omesso versamento – Motivi del mancato versamento del tributo – Rilevanza – Esclusione.
Massima:
In tema di reati tributari nel reato di cui all’art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, è richiesto il dolo generico, integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, a nulla rilevando i motivi della scelta dell’agente di non versare il tributo. Diversamente l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore il quale non abbia potuto porvi tempestivamente rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.
Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 24 novembre 2015, ha confermato, per quanto qui rileva, la sentenza del Tribunale di Milano del 23 marzo 2015, che aveva condannato B.G. alla pena di quattro mesi di reclusione per non aver versato, in qualità di presidente del C.d.A. della “G. 2000 s.r.l.”, entro il termine previsto dalla legge, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per l’ammontare di Euro 246.108,00, in relazione all’anno d’imposta 2009 ( D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis) oltre pene accessorie, con il beneficio e della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, tramite il difensore, con un unico motivo, con il quale denuncia la mancanza della motivazione della sentenza in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ed in particolare sull’esclusione della causa di forza maggiore. Specificamente lamenta l’imputato che la Corte di appello, conformemente all’orientamento di legittimità, avrebbe dovuto assolverlo per mancanza del dolo del reato in esame, giacchè l’imprenditore avrebbe fornito tutti gli elementi per dimostrare di essersi adoperato per superare la crisi economica che aveva determinato gli omessi pagamenti.
Motivi della decisione
3. – Il ricorso è infondato. Occorre preliminarmente osservare che la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, evidenziato l’infondatezza del ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute, anche implicitamente, infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici (cfr.Cass. Pen., sez. 4, Sent. 09.02.2012, n. 18826 del 09/02/2012; Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997; Sez. 4, n. 44139 del 27/10/2015).
Il ricorrente ripropone, nel caso di specie, doglianze già evidenziate nel ricorso in appello, (e che, peraltro, attengono prevalentemente al fatto) già compiutamente prese in esame dalla Corte territoriale.
L’impugnata sentenza – unitamente a quella originaria (la cui motivazione si integra con quella del Giudice dell’appello, versandosi in ipotesi di sostanziale “doppia conforme”)-, infatti, ha reso una esaustiva motivazione, come tale non meritevole di alcuna censura, in ordine alle critiche sollevate con l’atto di appello.
Nè possono essere oggetto di diversa valutazione le emergenze probatorie, giacchè la Corte di cassazione ha il compito di controllare il ragionamento probatorio e la giustificazione della decisione del giudice di merito, non il contenuto della medesima, essendo essa giudice non del risultato probatorio, ma del relativo procedimento e della logicità del discorso argomentativo e rimanendo preclusa al giudice di legittimità la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. (cfr. Cass. Pen., sez. 4, Sent. 27.10.2015, n. 44139).
3.1. – Nel caso di specie la sentenza impugnata, ha evidenziato la mancanza di elementi positivi di giudizio e la circostanza, già sottolineata dal primo giudice che la situazione di crisi per avere carattere esimente non solo non deve essere imputabile all’imprenditore ma nemmeno da esso affrontabile con tutte le misure in concreto disponibili. Nella specie era avvenuto che il ricorrente non avesse, malgrado la situazione assai critica, ridotto i costi nella misura adeguata, optando per saldare altri oneri quali le retribuzioni ai dipendenti, e il debito per l’imposta sul valore aggiunto (osserva la sentenza impugnata che le carenze finanziarie sorgono nel 2008 e permangono strutturalmente, atteso che le risorse disponibili, anche dopo la rateizzazione tributaria ottenuta dopo la comunicazione delle irregolarità nel 2012, sono state impiegate per i suddetti fini diversi, sia pure connessi all’esercizio dell’impresa).
Con logica motivazione, dunque, la Corte di Appello ha respinto le doglianze sollevate da parte ricorrente, ravvisando nei fatti gli elementi dei reati contestati, sorretti, come è noto, dal dolo generico, inteso come coscienza e volontà di non versare all’Erario le ritenute effettuate o i tributi dovuti per l’anno di imposta di riferimento anche solo accettando il rischio di non poter adempiere insito nell’utilizzo della disponibilità economica per altri fini (cfr. Cass. Pen., Sez. 3, Sent. 27.11.2013, n.3124).
La motivazione appare, in definitiva, conforme all’orientamento di questa corte che ritiene che l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, Schirosi, Rv. 263128) e che, in tema di omesso versamento delle ritenute fiscali operate sulle retribuzioni deì lavoratori dipendenti, la situazione di difficoltà finanziaria dell’impresa non esclude la responsabilità per il reato previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-bis (Sez. 3, n. 3124 del 27/11/2013, dep. 2014, Murari, Rv. 258842).
4. Alla stregua di quanto precede, pertanto, il ricorso non può essere accolto.
Il rigetto del ricorso comporta altresì la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017
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