CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 luglio 2019, n. 17938
Tributi – Imposta di registro – Accertamento – Istanza di rimborso – Finanziamento garantito da fideiussioni – Operazioni di credito alla cooperazione
Rilevato che
1. B.N.L. s.p.a, con ricorso proposto alla CTP di Udine, impugnava il silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione all’istanza di rimborso dell’imposta di registro versata dall’incorporata Coopercredito; esponeva che quest’ultima – richiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti della debitrice S., per la restituzione di un finanziamento garantito da fideiussioni, aveva versato due volte l’imposta di registro fissa, sia in relazione alla condanna contenuta nel provvedimento monitorio, sia per l’enunciazione nel decreto del contratto di apertura di credito e delle fideiussioni, oltre che l’imposta di registro proporzionale sulla fideiussione; che tali atti, essendo soggetti al regime sostitutivo ex artt. 15 e 16 D.P.R. 60/73 (ndr artt. 15 e 16 D.P.R. 601/73) e godendo delle agevolazioni di cui alle norme citate, se enunciati in atti giudiziari non andavano assoggettati all’imposta.
Il giudice adito respingeva il ricorso.
L’appello proposto contro la decisione da B.N.L. e da B.N.P. Paribas S.A.-quale conferitaria di ramo d’azienda della prima – era respinto dalla C.T.R. del Friuli V.Giulia, sezione staccata di Trieste, con sentenza del 20.12.2011. Il giudice d’appello rilevava che, se gli artt. 15, 16 e 17 del d.P.R. 601/73 assoggettano le descritte operazioni a regime sostitutivo, tuttavia, in deroga a dette disposizioni, l’art. 15, 2° comma prevede che gli atti giudiziari relativi a tali operazioni sono soggetti all’imposta di registro secondo il regime ordinario;
dichiarava inoltre inammissibile, per novità, la domanda delle appellanti di determinazione dell’esatto ammontare dell’imposta proporzionale.
B.N.P. Paribas S.A., incorporante B.N.L. s.p.a., propone ricorso per la cassazione della sentenza, sorretto da due motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che
2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.15, 16 e 17 d.P.R. n. 601/73, 22 d.P.R. n. 131/86, nonché dell’art. 6 della parte prima della Tariffa e dell’art. 7 L. 146/98, censurando la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto l’assoggettabilità all’imposta di registro di atti che invece sono assoggettati al regime sostitutivo e dunque sono esenti; sostiene che l’ art. 22 cit., nel sottoporre ad imposta gli atti non registrati enunciati in atti giudiziari, si riferisce, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, agli atti che non godono del regime di esenzione.
3. Col secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR deciso su una domanda di restituzione dell’imposta fissa relativa alla condanna recata dal decreto ingiuntivo mai avanzata.
4 II primo motivo è fondato.
Questa Corte (Cass. n. 4586 del 2002; 3428 del 2004; n. 22829 del 2013; n. 9502 del 2018) ha, già, affermato il principio secondo cui la mancata estensione, ad opera del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 15, comma 2, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito alla cooperazione (regime rappresentato dall’assoggettamento di esse ad un’unica imposta sostitutiva) anche agli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono perciò soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) “non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venir enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi dell’art. 22 d.P.R. n. 131/86.
In particolare, è stato condivisibilmente rilevato che:
a) il d.P.R. n. 601 del 1973, art. 16, n. 4, per il settore del credito alla cooperazione – pacificamente applicabile, nella specie, sia in relazione alla natura dell’operazione di finanziamento che ratione temporis (il numero 4 in esame è stato abrogato dalla L. n. 146 del 1998, art. 7, comma 1, con effetto dal 15 maggio 1998) – prevede non già un’esenzione fiscale ma un’agevolazione, realizzata con il metodo della imposizione sostitutiva, in quanto a norma del successivo art. 17 “gli enti che effettuano le operazioni indicate negli artt. 15 e 16, sono tenuti a corrispondere, in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipoteca ne e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, una imposta sostitutiva”;
b) l’ultima parte del secondo comma dell’art. 17, in esame, nel fare “salvo quanto stabilito dal secondo comma dell’art. 15, per gli atti giudiziari e le cambiali”, si limita a sottrarre al regime dell’imposizione sostitutiva gli atti giudiziari relativi alle operazioni di finanziamento dalle quali il contenzioso ha preso origine: i primi restando assoggettati alle normali imposte sugli atti giudiziari e le seconde ad imposizione sostitutiva;
c) il d.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, che disciplina l’imposizione degli atti “enunciati” e non registrati, non riguarda l’enunciazione degli atti esenti, né, tanto meno, riguarda gli atti soggetti ad imposizione sostitutiva, i quali, avendo già scontato l’imposta, non possono essere nuovamente assoggettati ad imposizione, in assenza di diverso ed autonomo presupposto impositivo;
d) diversamente opinando, “gli atti favoriti dall’erario, in caso di azioni giudiziarie, sarebbero incisi in misura maggiore degli atti non favoriti. In definitiva, il pagamento dell’imposta sostitutiva, in tanto ha un senso in quanto dà diritto alla registrazione senza ulteriori oneri. Altrimenti, il metodo sostitutivo avrebbe dovuto essere scorporato dal titolo delle agevolazioni fiscali e ricondotto a quello delle sanzioni” (Cass. n. 4586 del 2002).
Poiché la CTR ha riconosciuto, in punto di diritto, che l’imposta relativa alla registrazione del contratto e della garanzia fideiussoria enunciati nel decreto ingiuntivo non era dovuta, in quanto già assolta in via sostitutiva, il secondo motivo resta assorbito e la causa può decidersi nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
In considerazione del progressivo consolidarsi della giurisprudenza in materia, le spese del giudizio di merito vanno interamente compensate, mentre quelle di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso delle contribuente; dichiara compensate fra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1400,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
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