CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 settembre 2020, n. 18415

Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Elementi presuntivi – Valore indiziario – Valutazione complessiva del giudice

Considerato che

La ricorrente deduce «insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c.» in quanto la Commissione tributaria regionale avrebbe preso in esame solo i parametri dell’O.M.I. e della F.A.I.P., trascurando gli altri elementi indiziari allegati dall’Ufficio e costituiti dalle rilevanti differenze di prezzo, alcuni superiori a quelli medi accertati, fra unità immobiliari dello stesso stabile e per lo stesso anno; dal fatto che in un caso il prezzo unitario di un appartamento era stato inferiore a quello di un posto macchina; che in un altro caso un appartamento di 50 mq era stato venduto ad un prezzo maggiore di un appartamento di 128 mq;

che complessivamente la gestione dell’impresa sarebbe stata antieconomica, denunciando, a fronte di ricavi di circa duemilioni di euro, un utile di appena novantamila euro; che analoga antieconomicità si era ripetuta in quasi tutti gli anni precedenti e successivi, dal 2002 al 2009, dove i conti economici si era chiusi con risultati quasi sempre negativi.

La doglianza è fondata.

La decisione impugnata ha confermato l’annullamento dell’accertamento occupandosi solo del valore degli studi OMI o FAIP, ma ha trascurato del tutto di considerare gli altri elementi indiziari addotti dall’Ufficio a sostegno dell’accertamento e dei motivi di appello e che sono stati sopra riportati.

Omettendo di considerare detti fatti, la Commissione tributaria regionale è evidentemente incorsa nel vizio motivazionale previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella formulazione pro tempore vigente, apparendo del tutto insufficiente a giustificare l’annullamento dell’atto impositivo la svalutazione di alcuni soltanto dei fatti del compendio indiziario posto alla sua base, con la pretermissione degli altri e l’omissione della loro complessiva valutazione. In tema di prova per presunzioni, il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass., 9059018; Cass., 5374/2017; Cass., 12002/2017).

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale per la Toscana, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.