CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2018, n. 28192
Tributi – Accertamento – Utilizzo di fatture per operazioni inesistenti – Ipotesi che prevede obbligo di denuncia penale – Raddoppio dei termini ex art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 – Anche in mancanza di effettiva presentazione della denuncia
Ritenuto che
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, n. 445/13/2017 dep. il 9 febbraio 2017, che in controversia su impugnazione da parte di P.V. srl di avviso di accertamento notificato il 17 dicembre 2013 per Irpef, Iva e Irap anno 2006, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. La CTR ha in particolare rilevato l’insussistenza dell’obbligo di denuncia penale e accertato il vizio dell’atto impugnato per mancata allegazione della denuncia penale, essenziale per il riconoscimento del raddoppio dei termini.
La società contribuente è rimasta intimata.
Considerato che
Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia deduce violazione dell’art. 43 d.p.r. 600/73 ex art. 360 n. 3 c.p.c., nella versione applicabile ratione temporis, trattandosi di fattispecie relativa a utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (ex art. 2 comma 1 d.lgs. 742000) integrante obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p.
Il motivo è fondato, applicandosi i principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui:
«In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011» (Sez. 6-5, Ordinanza n. 11171 del 30/05/2016); -«In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione applicabile “ratione temporis”, rileva unicamente la sussistenza dell’obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall’esito del relativo procedimento e nonostante l’eventuale prescrizione del reato, poiché ciò che interessa è solo l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, atteso il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento tributario» (Cass. n. 9322 del 11/04/2017); -«In tema di accertamento tributario, il cd. raddoppio dei termini previsto dagli arti. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, per l’IRPEF, e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, per l’IVA, non integra un’ipotesi di proroga dei termini ordinari, trattandosi di / fattispecie distinte disciplinate direttamente ed autonomamente dalla legge in relazione a presupposti diversi, costituiti dal riscontro di elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale (per i primi) e dalla sussistenza di violazioni tributarie per le quali, invece, tale obbligo di denuncia non sussiste (per i secondi)» (Sez. 6-5, Ordinanza n. 10345 del 26/04/2017); -«In tema di accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla 1. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio – non oggetto di abrogazione – di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128 del 2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015» (Sez. 5 – , Sentenza n. 26037 del 16/12/2016, Cass. 7501/2018).
La sentenza impugnata risulta in contrasto con i principi sopra enunciati, laddove ha ritenuto che occorra “individuare con certezza gli elementi di reato da denunciare”, e preclusa l’operatività del raddoppio dei termini in esame solo in ragione della “mancata allegazione della denuncia presentata essenziale per il riconoscimento del raddoppio dei termini”; adempimento formalmente non previsto e sostanzialmente non necessario, essendo demandato al giudice di merito il “mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’invio dell’azione penale” (cfr. Cass. n. 20368/17; nn. 11207/17, 11080/17, 9427/17, 9322/17, 11171/16; n. 16679/16);
pertanto, essendo pacifico che trattasi di un avviso di accertamento notificato prima del 2 settembre 2015, la sentenza contrasta con i principi di diritto suindicati (cfr. Cass. n. 20368/17, cit., Cass. 7501/2018 cit.).
La sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.
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