CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 ottobre 2018, n. 24614
Sussistenza di un rapporto di lavoro con qualifica dirigenziale – Prova – Accertamento – Svolgimento di mansioni di responsabile tecnico con qualifica di quadro
Rilevato che
Con sentenza n. 4372 del 2010 il Tribunale di Milano rigettava la domanda proposta da C.C. nei confronti della s.p.a. S., diretta ad ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro con qualifica dirigenziale, anche in epoca successiva alla scadenza del precedente contratto a termine stipulato fra le parti ed avente ad oggetto l’esercizio di mansioni di responsabile tecnico con qualifica di quadro, in relazione al periodo 2004-2005, con la condanna al pagamento della somma di euro 571.243,10.
Il giudice adito rigettava altresì la domanda subordinata proposta dal C., intesa a conseguire differenze retributive rivendicate in relazione ai periodi 1/4/2004-17/7/2008 ed in via di ulteriore subordine, quelle relative al solo anno 2008, quanto alle mensilità comprese fra gennaio e luglio.
Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte distrettuale che, con sentenza resa pubblica il 18/2/2014, nel condividere l’iter argomentativo percorso dal giudice di prima istanza, ribadiva l’infondatezza del diritto azionato dal ricorrente per la mancata dimostrazione della natura subordinata del rapporto; specificava poi, quanto alle istanze economiche formulate in relazione alla attività svolta dal C. in Dubai dal gennaio al luglio 2008, che la statuizione di rigetto emessa dal giudice di prima istanza, non era stata oggetto di impugnazione, sicchè sul punto la decisione era da ritenersi passata in giudicato.
La cassazione di tale pronuncia è domandata dal lavoratore sulla base di unico articolato motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Considerato che
1. Con unico motivo, sul rilievo che sia la sentenza di primo grado che quella di appello siano erronee, e facendo richiamo alle censure formulate in sede di gravame, il ricorrente denuncia “omesso riconoscimento della natura subordinata del rapporto: contraddizioni ed illogicità della sentenza di 1 grado; omessa e/o errata valutazione dei fatti a fondamento”.
Viene prospettata l’erronea valutazione da parte del primo giudice della ricorrenza dei requisiti propri del rapporto di lavoro subordinato nel periodo 2004-2005; la continuità del rapporto senza soluzione di continuità sino al luglio 2008 e la sua trasformazione ex lege 276/2003 in rapporto di lavoro a tempo indeterminato quanto meno con riconoscimento della qualifica di quadro.
2. Il motivo è inammissibile per plurime concorrenti ragioni.
Non risultano in primo luogo osservati i canoni di specificità e di chiarezza che governano il ricorso per cassazione.
Secondo i principi affermati da questa sorte, che vanno qui ribaditi, il ricorso per cassazione deve infatti contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (vedi ex plurimis Cass. 25/9/2009 n. 20652).
Detti requisiti non appaiono riscontrabili nel ricorso in esame, con il quale il ricorrente trasfonde in un unico motivo di ricorso, la riproduzione del tenore delle decisioni di primo e secondo grado, promiscuamente censurandole entrambe, senza specificamente indicare i capi della pronuncia di appello oggetto di critica e senza enunciare puntualmente le relative violazioni di legge o difetti di motivazione riscontrati.
3. L’impostazione del ricorso nei termini sopra descritti impone l’evidenza di un ulteriore motivo di inammissibilità dell’atto, stilato in violazione dei dicta enunciati da questa Corte secondo cui con il ricorso per cassazione non possono essere proposte, e vanno, quindi, dichiarate inammissibili, le censure rivolte direttamente contro la sentenza di primo grado (vedi Cass. 21/3/2014 n. 6733, Cass. 15/3/2006 n. 5637, n. 27391, Cass. 19/5/2006 n. 11844, Cass. 12/12/2005).
Peraltro non può sottacersi che il ricorso non attinge la statuizione della pronuncia impugnata laddove sancisce il passaggio in giudicato della domanda attinente alle rivendicazioni economiche formulate in relazione all’anno 2008 non essendo stato formulato alcun motivo assistito dai requisiti di specificità innanzi enunciati e ritenuti coessenziali alla ammissibilità delle ragioni di censura.
Posto che il ricorso proposto innanzi a questa Corte risulta limitato proprio a siffatto segmento del rapporto – avendo il ricorrente dichiarato a pag. 48 del ricorso – che la controversia è limitata all’accoglimento della domanda subordinata di cui al punto 3 delle conclusioni di primo e secondo grado – discende che, anche per tale motivo, ne va dichiarata l’inammissibilità.
In definitiva, sotto tutti gli enunciati profili, il ricorso si palesa inammissibile.
Il governo delle spese del presente giudizio di legittimità, segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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